AZZERATE POLEMICHE LUNGHE SETTE SECOLI
E ADESSO LA CITTÀ HA UN BRAND MONDIALE

La mia analisi sul Messaggero Abruzzo di oggi, 29 agosto 2022
Quando l’elicottero papale è sbucato nello scenario di Collemaggio, la nebbia mattutina dovuta a una rigida temperatura fuori stagione, s’è all’improvviso diradata lasciando il posto a uno splendido sole in un cielo azzurro intenso, il cielo che solo L’Aquila sa regalare. Papa Bergoglio ieri ha compiuto il “miracolo” di far uscire il sole su Celestino V. Sulla basilica di Santa Maria di Collemaggio. Sull’Aquila. Sull’Abruzzo.
Francesco ha tirato, finalmente, fuori dalla secche della Storia il “povero cristiano” marchiato di vigliaccheria per le sue clamorose dimissioni. Ha detto, in mondovisione, che è errata l’interpretazione del verso dantesco del “gran rifiuto”: «Celestino è uomo del sì e non uomo del no. Infatti, non esiste altro modo di realizzare la volontà di Dio che assumendo la forza degli umili». In questo azzerando polemiche settecentenarie su quel maledetto (perchè “marchia” di viltade Celestino) ma pure benedetto (perchè gli ha dato una notorietà che non tramonta) verso del Terzo canto dell’Inferno, è andato oltre Papa Paolo VI che nel 1966 disse: «…Come per dovere l’Eremita del Morrone aveva accettato il Pontificato supremo, così, per dovere, vi rinuncia; non per viltà, come Dante scrisse- se le sue parole si riferiscono veramente a Celestino- ma per eroismo di virtù, per sentimento di dovere».
E sul coraggio del fraticello nato in Molise, Bergoglio è andato oltre Papa Ratzinger che nel 2010 a Sulmona chiudendo, prima di dimettersi di lì a poco, il percorso di “riabilitazione” dell’Eremita che aveva avviato il 28 aprile 2009 proprio all’Aquila passando sotto la Porta Santa e donando il suo “pallio”, aveva detto: «Celestino V seppe agire in obbedienza a Dio e con grande coraggio».
Papa Francesco indica Celestino come «testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui- sottolinea- noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è la misericordia». E la «misericordia è il cuore stesso del Vangelo, è sentirci amati nella nostra miseria» ed «essere credenti non significa accostarsi a un Dio oscuro e che fa paura».
Celestino è, definitamente, un “crociato della Pace”, un “Ghandi del Duecento”, un “Martin Luther King dei suoi tempi” altro che “il vile del gran rifiuto” col quale lo si è voluto far passare per secoli generando un grande imbarazzo nella Chiesa. Uno per il quale “il potere è un servizio”. Francesco riscrive la Storia.
Il sole è uscito anche sulla basilica di Collemaggio, simbolo della ricostruzione positivo (grazie soprattutto ai dodici milioni tirati fuori da un privato, l’Eni) rispetto al simbolo negativo della Cattedrale aquilana di San Massimo (che dopo oltre tredici anni ancora non rinasce) tra i cui puntellamenti Bergoglio è entrato indossando significativamente un casco dei vigili del fuoco come fece Benedetto XVI a Onna nel suo pellegrinaggio all’Aquila del 2009. Quel suo sostare, in piedi, senza la carrozzella, visibilmente sofferente nel fisico, sull’uscio della Porta Santa e, poi, in raccoglimento davanti al Mausoleo dell’Eremita, fanno ora della basilica aquilana un punto di riferimento nella Cristianità. E non solo: sul pavimento della basilica c’è una antichissima pietra in cui è incisa una mezzaluna, simbolo musulmano ma anche simbolo di Pace. Non a caso.
La Pace, appunto. Il sole è arrivato a illuminare L’Aquila definita da Bergoglio «capitale di perdono, di pace e di riconciliazione». Un “brand” che il Papa lascia in dono alla città resiliente e a tutto l’Abruzzo. Sì, perchè ora può cambiare il Pil della regione dopo questa giornata epocale.
Ieri è stato una sorta di “anno zero” che va sfruttato facendo progetti, migliorando strutture, sostenendo un marketing territoriale grazie al “marchio” impresso da Papa Francesco, l’uomo più visibile della Terra, in cui c’è da “guadagnare” per tutti. Trasformando anche lo stesso sisma, con tutto il rispetto per le vittime, in un’opportunità.
Appena s’è sollevato l’elicottero papale, le nuvole sono tornate ad assediare il cielo aquilano e alcuni tuoni hanno rombato. Sta ora alla classe dirigente abruzzese generare il “miracolo” di far tornare a splendere davvero il sole su questa meravigliosa regione.
Angelo De Nicola
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L’intervento video di don Luigi Maria Epicoco alla presentazione del libro “I Papi e Celestino V” (One Group Edizioni) tenutasi presso il monastero di San Basilio il 22 agosto scorso
IL PAPA APRIRÀ LA PORTA SANTA, ORA PUÒ CAMBIARE IL PIL DELL’ABRUZZO

La mia analisi sul Messaggero Abruzzo di oggi:
Il sogno che un Papa, dopo 728 anni, venisse ad aprire la Porta Santa di Collemaggio, s’è cominciato a coltivarlo per davvero fin dalla prima edizione della Perdonanza Moderna, nel 1983. Un sogno sì, ma come in una sorta di rassegnazione, alla luce dell’evidente imbarazzo che la figura di Celestino V suscitava nella Chiesa per quelle sue clamorose dimissioni. Nessuno ci ha mai creduto fino in fondo. Nè la Curia, nè il Comune, nè il popolo aquilano.
Poi, le dimissioni di Benedetto XVI hanno rilanciato quel sogno alla luce soprattutto della “riabilitazione” di Pietro del Morrone fatta da Papa Ratzinger che seguiva quella avviata negli anni Sessanta da Paolo VI entusiasta del “povero cristiano” di Ignazio Silone. Dunque, sarà Francesco a chiudere definitivamente il cerchio della riconsacrazione di questo “povero cristiano” e, soprattutto, del suo messaggio di straordinaria attualità in questi drammatici giorni di guerra.
D’altra parte il rapporto tra Francesco e Celestino V non è stato di poco conto nè superficiale. Peraltro ci sono due singolari coincidenze tra i due. La data del 13 dicembre (giorno di Santa Lucia) quando Celestino V dà le dimissioni da pontefice e Jorge Mario Bergoglio, nel 1969, riceve l’ordinazione sacerdotale. Inoltre, Francesco ha aperto la prima Porta Santa del Giubileo straordinario della Misericordia, prima ancora di farlo a Roma, nel novembre 2015 in Africa: ebbene, tra migliaia di posti, ha scelto proprio Bangui, ovvero la capitale della Repubblica del Centroafrica dove, da trent’anni, c’è la missione delle Suore Celestine dell’Aquila intitolata a Celestino V.
Bergoglio ha avuto parole importanti per il suo predecessore, mettendolo in correlazione con San Francesco. Ha detto durante la visita in Molise nel 2014, eleggendo l’Eremita addirittura a modello: «C’è un’idea forte che mi ha colpito, pensando all’eredità di San Celestino V. Lui, come San Francesco di Assisi, ha avuto un senso fortissimo della misericordia di Dio, e del fatto che la misericordia di Dio rinnova il mondo».
Con il gesto di Francesco, oggi, la città distrutta 13 anni fa dal sisma, può far nuovamente cambiare a suo favore il corso della Storia. Anzi, può contribuire a cambiare il Pil dell’intero Abruzzo.
Angelo De Nicola
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Francesco fa volare la Perdonanza
EVENTO EPOCALE

+++ PAPA FRANCESCO APRIRA’ LA PORTA SANTA DI COLLEMAGGIO. Noi siamo pronti con un libro ah hoc… State collegati
FINALMENTE S’È CONVINTO ANCHE MONS. PETROCCHI

La mia analisi sul Messaggero di oggi
Dunque, anche il cardinale Petrocchi s’è convinto a invitare Papa Francesco a venire all’Aquila per aprire la Porta Santa di Collemaggio. Come si ricorderà, nel gennaio 2020 l’arcivescovo aquilano aveva ribadito pubblicamente che «quando partiranno i lavori della cattedrale di San Massimo inviterò il Papa a venire all’Aquila». Una dichiarazione che Petrocchi aveva già fatto il 28 agosto 2017, sul sagrato di Collemaggio, subito dopo l’apertura della Porta Santa e più volte l’aveva ripresa.
Un anno e mezzo fa, ci permettemmo di dichiarare il nostro disaccordo. Con tutto il rispetto per il cardinale e senza sottovalutare quanto sia importante la ricostruzione della Cattedrale dopo ben 12 anni, l’invito al Papa va fatto per aprire la Porta Santa. Questo chiedono, invocano, supplicano gli aquilani.
Il punto è nodale, soprattutto dopo il riconoscimento Unesco della Perdonanza. Ebbene, la Perdonanza (e, quindi, il messaggio di Celestino V) è stata certificata quale Patrimonio immateriale dell’umanità. Sarebbe assurdo e contraddittorio che il mondo la riconosce come tale e la Chiesa no, come peraltro è avvenuto fino a oggi visto che, in 727 anni dal quel 1294, nessun Papa, nessun Papa, è mai venuto ad aprire la Porta Santa. E’ arrivato il momento che si superi quell’imbarazzo. Soprattutto alla luce delle dimissioni di Papa Ratzinger, guarda caso l’unico Pontefice a passarci sotto: il “miracolo” purtroppo lo fece il sisma e il 28 aprile 2009, in pellegrinaggio nella città ferita, Benedetto XVI entrò a Collemaggio attraversando la Porta Santa eccezionalmente aperta fuori tempo per lui. Donò il suo pallio sulle spoglie di quel povero cristiano; l’anno dopo, a Sulmona, disse pure che «Celestino seppe agire secondo coraggio e in obbedienza a Dio», altro che “gran rifiuto per viltade”… Sappiamo, poi, come è andata.
Il nostro arcivescovo s’è convinto. Il tempo per la definitiva “riabilitazione” di quel “povero cristiano” di Celestino V è forse davvero arrivato.
Angelo De Nicola
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