Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 6

Studiarono e ristudiarono quella frase tutto il giorno, invano. D’altra parte il signor Giacomo non volle, forse anche per orgoglio oltre che per restare fedele alla strategia di riservatezza da lui stesso pianificata, chiedere aiuto a quei colleghi dell’Intelligence spesso costretti ad occuparsi di rompicapi di tal fatta. A sera, esausti, il signor Giacomo ed il sovrintendente, s’arresero.
«Antipasto “De Contreras” e un assaggio di puntarelle?».
«No, basta. Vorrei andare a casa, almeno stasera».
«A casa? Qui, se non sciogliamo questo rebus, a casa ci andremo noi. Io e lei, sovrintendente. Se lo ficchi bene in testa».
«Abbiamo girato e rigirato questo foglio un milione di volte. Non ho proprio idea».
«Rigirato…E se lo mettessimo davanti a uno specchio?». …

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 5

Foto area di Collemaggio di Francesco D’Eramo

Anche l’antivigilia del giorno d’avvio dei festeggiamenti, previsto per il 24 agosto, era filata via tranquilla. Tranquilla si fa per dire. La solita giornata al lavoro, a contare e ricontare i tombini, studiare lo snodarsi della fognatura, valutare le finestre insistenti sul percorso che avrebbero fatto le auto del corteo papale. Poi stessa analisi, ai “raggi x”, del breve, ma ritenuto insidiosissimo, tragitto che, a bordo della “Papamobile” blindata, Sua Santità avrebbe fatto lungo il prato di Collemaggio per giungere prima sul sagrato e, quindi, alla Porta Santa…

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 4

Alonso de Contreras

Era in città ormai da più di un mese. Mai una pausa. Mai tradito da un’emozione (una moglie, un figlio, una donna, una madre) anche se, a sera, aveva avuto il tempo di familiarizzare con gli “antipasti De Contreras” (lo colpì subito quel nome che, come scoprì domandandolo all’oste della trattoria preferita, era stato inventato in onore di un altro capitano di ventura, uno spagnolo), le puntarelle e alici, la zampanella, gli gnocchi allo zafferano, la minestra di farro, gli strozzapreti alla contadina e, soprattutto, con una genziana tanto amara per la lingua quanto dal piacevole effetto digestivo una volta precipitata nello stomaco. Al mattino, almeno un “orzo cream”, a intervallare i due caffè canonici. Cui s’aggiungevano, nel primo e nel tardo pomeriggio, almeno due moca autoprodotte dalle segretarie dell’Ufficio di Gabinetto del sindaco…

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 3

Il sovrintendente era rimasto recluso nel suo ufficio-rifugio. Da tre giorni non si campava più. Le maggiori testate nazionali di carta stampata, tv, radio e web, comprese le principali straniere, avevano scoperto Celestino V, il Perdono e la Perdonanza. E per il sovrintendente, dopo anni di quinte ammuffite, era venuto il momento della ribalta. Quell’interesse globale gli era sembrato eccessivo. Si domandava perché fino ad allora, nonostante la consolidata tradizione e gli sforzi ciclopici sostenuti per la promozione dell’evento nelle passate edizioni, nessuno s’era mai accorto che esisteva un’altra Porta Santa al di fuori di Roma in una basilica dov’era possibile lucrare l’indulgenza plenaria da tutti i peccati; dov’era stato celebrato il primo Giubileo “inventato” da un eremita diventato prima pontefice e poi santo, e dov’erano custodite le spoglie del Papa della Pace…

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 2

Braccio Fortebraccio da Montone


«Il mio nome è Bond, James Bond… Che differenza fa se mi chiamo Giovanni o Giuseppe? Il prefetto e il questore, nel preannunciarmi, le hanno fatto il mio nome? No. E allora chiuso il discorso. Mi chiami come vuole. Mi chiami Sir James, signor Giacomo per gli amici».
Il sindaco aveva fiutato giusto. Un guaio, un guaio grosso così, s’era abbattuto sul Municipio. Il “signor Giacomo” era seduto di fronte a lui. Insignificante, a guardarlo bene. Lo “007” del quale gli era stata annunciata la visita, se l’era immaginato somigliante, almeno vagamente, a Sean Connery…

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 1

«Sindaco, sindaco!… Tredici, abbiamo fatto tredici! Quattordici, quindici, sedici!…». Il sovrintendente aveva fatto le scale a quattro a quattro. E, piegato su se stesso per riprender fiato, sembrava aver assunto un atteggiamento come di riverenza verso le segretarie dell’Ufficio di Gabinetto del sindaco. Le quali, abituate alle sue esplosioni di gioia o di ira, non lo degnavano nemmeno di uno sguardo…

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