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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 29

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



29. PERRUZZA FA FELICE IL PM
12. 3. 1991



Il Pubblico ministero Mario Pinelli risponde soddisfatto alla domanda del cronista di stilare un bilancio della quarta udienza del “Processo Perruzza”. Dice: «Quattro a zero... ».
La battuta riflette la grinta e la tensione di un giovane magistrato che mostra di “vivere” con intensità non comune un processo importante e sintetizza la giornata di ieri nell'aula della Corte d'Assise dell'Aquila in cui si è più volte riusciti a sorridere (mentre si cerca la verità sulla triste vicenda di Cristina, una bimba di 7 anni strozzata e trovata nuda dentro un fosso).
Si è sorriso quando il Pm ha ammonito, col classico «qui le domande le faccio io», l'imputato che gli poneva interrogativi: «Scusa» gli ha risposto il muratore riuscendo a ridere pure lui.
Si è sorriso quando una teste (che non aveva saputo leggere il foglietto del giuramento) ha chiesto di chiamare il marito affinchè l'aiutasse a ricordare l'anno di nascita.
Si è sorriso quando un teste ha ammesso: «Non ricordo nulla di quella sera perché tutte le sere sono ubriaco».
Riecco il cane “Pippo”. Mercoledì il testimone Antonio Vozza, dirimpettaio di Perruzza, raccontò che il 25 agosto (il giorno dopo il ritrovamento di Cristina) Perruzza gli disse che avrebbe dovuto legare quel suo cagnolino bastardo perché «l'altra mattina» l'aveva visto sulla pozza di sangue, tra le siepi di rovi, nel luogo del delitto.
Secondo l'accusa, Perruzza si sarebbe tradito: il lapsus dimostrerebbe come l'imputato avesse visto il cane in quel posto prima del rinvenimento di Cristina. Non potrebbe essere altrimenti, a giudizio del Pm perché secondo varie testimonianze Perruzza visionò il luogo del delitto da lontano e quando ormai l'intera zona era stata interdetta dalle forze dell'ordine almeno fino a l'ora di pranzo: quindi non avrebbe potuto vedere il cane lì quella mattina.
Ieri, nel corso dell'esame incrociato (l'interrogatorio) di Perruzza il Pm è tornato ad insistere su “Pippo”: «Sì, dissi quelle parole ad Antonio Vozza. Ma il cane non l'ho visto io - ha risposto l'imputato - ma qualcuno mi raccontò l'episodio. E poi era sui fiori» E il Pm: « Le contesto che i fiori furono messi solo nel pomeriggio non di mattina e che in una precedente dichiarazione lei negò di aver parlato con Vozza di quel cane».
Le contraddizioni. Praticamente ad ogni risposta di Perruzza, il Pm (ma anche gli avvocati di parte civile Giancarlo Paris e Antonio Milo) gli ha “contestato” le precedenti dichiarazioni.
Pinelli ha insistito sull'ora in cui il muratore è tornato a casa (« verso le 20, 15» ha risposto l'imputato mentre la moglie disse alle 21): sul perché lui e la moglie si recarono (alle 23, 40) alla stazione dei carabinieri di Balsorano pur sapendo che il padre di Cristina aveva già avvertito per telefono (alle 23) le forze dell'ordine («ci andammo perché i carabinieri tardavano a venire»), sul perché non partecipò alle ricerche della bambina («non è vero, partecipai»).
A molte domande Perruzza ha opposto un «non ricordo» : «Sono passati sei mesi e la mia testa non è più libera» ha detto più volte il muratore che per l'intera durata (venticinque minuti) dell'interrogatorio ha nervosamente battuto il piede sinistro per terra. «Perruzza ha confermato tutte le tesi dell'accusa» ha commentato Pinelli. «Numerose e sostanziali le contraddizioni specie sugli orari, rispetto alla deposizione della moglie» ha detto l'avvocato Milo.
«Resta in piedi - ha replicato l'avvocato difensore Leonardo Casciere - un ventaglio di ipotesi. Abbiamo ancora una volta dimostrato che i testimoni sono tutti inattendibili. I capelli sulla canottiera e il sangue sulle mutande? Avete sentito Perruzza dire di aver messo la sua biancheria in lavatrice: se era in colpa che ci voleva a premere un bottone? Comunque, non deve essere la difesa a discolpare l'imputato, ma l'accusa deve fornire le prove»,
Terza e quarta “via”. L'avvocato Casciere ha tentato di riproporre alternative a Perruzza, strada trovata sempre sbarrata nelle precedenti udienze.
E' stato ritirato in ballo Dino Capoccitti, il giovane cugino della vittima tra i primi sospettati e a cui furono sequestrati alcuni indumenti con macchie rossastre: uno degli inquirenti (il sovrintendente di polizia Antonio Piras) ha detto che quegli indumenti furono fatti analizzare in un laboratorio all'Aquila e le macchie risultarono non essere sangue.
Dopo questa risposta Casciere ha rinunciato ad ascoltare gli altri inquirenti da lui stesso citati. Poi è stato “ripescato” Fernando Capoccitti, il padre di una delle bambine insidiate da Perruzza. L'uomo, durante le ricerche della piccola, disse: «Che brutta fine ha fatto Cristina: era una bambina bella ed intelligente», frase sospetta secondo Casciere.
Ma l'accusa taglia corto sulle alternative: «La difesa “sbanda” da un'ipotesi all'altra».
Oggi udienza-chiave? Esauriti ieri i testimoni della difesa, al momento le “prove” contro Perruzza restano soprattutto le perizie su sangue e capelli.
Fondamentale appare quindi l'attesa deposizione di stamani del perito della difesa, professor Angelo Fiori. Come ha già preannunciato, l'esperto medico-legale contesterà il metodo di accertamento del Dna usato dai periti d'ufficio e dell'accusa. Fiori parlerà dopo che saranno stati ascoltati i nove “testimoni di riferimento” chiamati in causa ieri da Perruzza per rafforzare la sua versione sui suoi movimenti la notte tra il 23 e 24 agosto.


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