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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 28

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



28. DIFESA, UTILE PAUSA
9. 3. 1991



Finita la settimana dell'accusa, al “Processo Perruzza”, ora tocca alla difesa. Da lunedì, alla ripresa dell'udienza davanti alla Corte d'Assise dell'Aquila, i difensori (avvocati Leonardo Casciere e Domenico Buccini) di Michele Perruzza, dovranno calare i propri assi dopo le prime tre mani decisamente sfavorevoli. I primi giorni sono stati a favore dell'accusa.
Lo hanno ammesso, pur senza enfatizzare visto che si discute di una vicenda assai triste, sia il Pubblico ministero Mario Pinelli («Sta andando tutto come avevamo previsto», ha detto), sia la parte civile, avvocati Giancarlo Paris e Antonio Milo. Martedì scorso, primo giorno di udienza, la Corte ha subito bocciato la “terza via” che la difesa aveva cercato di proporre.
L'avvocato Casciere, nel tentativo di ribaltare la «verità processuale» secondo la quale l'assassino è, in ogni caso, in casa Perruzza, ha ritirato in ballo la primissima “pista” seguita dagli inquirenti: quel giovane Dino Capoccitti a cui vennero perfino sequestrati alcuni indumenti con macchie rossastre. «Le abbiamo fatte analizzare: quelle macchie sono di pomodoro - ha tagliato corto il Pm -, e poi l'alibi del giovane è stato minuziosamente verificato».
La moglie di Perruzza, Maria Giuseppa Capoccitti ha ritrattato le sue accuse ma lo stato di choc per il quale avrebbe accusato il marito, non ha molto convinto. Mercoledì, le deposizioni dei genitori di Cristina si sono rivelati “macigni” contro Perruzza: il muratore non abbracciava i suoi figli, figuriamoci la nipotina che non era di casa dai Perruzza: cioè, i capelli della piccola sulla canottiera sequestrata non potevano essere casuali; l'imputato e la moglie andarono di nuovo dai carabinieri di Balsorano nonostante Maria Giuseppa avesse assistito alla telefonata del fratello, il padre di Cristina, che aveva avvertito i militari della stazione della scomparsa della piccola. Un “buco” di un'ora e 40 circa nel mezzo delle ricerche della bimba che Perruzza dovrà spiegare.
Anche il figlio tredicenne ha ritrattato le accuse a se stesso ed al padre in linea con la madre. Unico “neo” per l'accusa: non ha retto la superteste Rosa Perruzza che dopo cinque mesi avrebbe trovato il coraggio di testimoniare di aver sentito Perruzza, la sera del delitto, rientrare a casa dicendo: «Cristina è morta, Cristina è morta».
Ma la signora Rosa è la madre di Dino Capoccitti: una strada già sbarrata. L'altro ieri, infine, i risultati dell'autopsia delle perizie sul sangue e sui capelli trovati rispettivamente su un paio di mutande e una canottiera sequestrati al muratore due giorni dopo il suo arresto, sembrano “inchiodare” l'imputato.
Tanto che Perruzza si è rifiutato subito dopo di sottoporsi all’ “esame incrociato” : «Chi è innocente non aspetta altro che poter “urlare” la propria innocenza» hanno commentato il Pm e la parte civile.
Il processo non è finito come qualcuno dice, ma solo a metà strada. Ma cosa hanno in mente i difensori? Come sfrutteranno questa pausa di tre giorni? Si affideranno solo al perito di parte (il professor Fiori, “maltrattato” giovedì dai periti d'ufficio del Pm e della parte civile) per dare battaglia sulle perizie? Si punterà sui contrasti degli orari?
Che sia una prima mossa della strategia difensiva, che sta solo attendendo il proprio momento, l'intervista a Maria Giuseppa Capoccitti (concessa nello studio dell'avvocato Casciere ad Avezzano), al TG2 ed andata in onda ieri sera nel telegiornale di prima serata? La donna ha detto: «Ho anche pensato di ammazzarmi. Sarebbe l'unica soluzione per uscire da questa situazione. Ma non posso farlo: ho tre figli, e il più piccolo ha 8 anni e mi cerca sempre perché sono sua madre. Ma ho pensato davvero di farlo: se mio marito Michele si trova in questa situazione è anche per colpa mia. Anzi, soprattutto per colpa mia».
Maria Giuseppa mostrava gli occhi gonfi di lacrime: forse cerca anche di recuperare credito, lei che in questi tre giorni di processo è stata sempre isolata, dentro e fuori l'aula, dagli altri paesani di Case Castella.
Ignorata o fatta oggetto di commenti, non sempre tra i denti, di paesani che certo non mostravano di volerle bene. Ieri, intanto, per la festa della donna un gruppo di ragazzi e ragazze di Case Castella che frequentano la scuola media, accompagnati dall'autista dello scuolabus, sono andate a portare un mazzetto di mimose sul luogo dov'è stata uccisa la piccola Cristina.
Un altro rametto è stato collocato anche sulla piccola tomba.


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