
Amici miei, care amiche, travolto letteralmente oggi, 26 maggio, da non so quanti messaggi di auguri (su tutte le piattaforme pubbliche e private), per i miei primi 60 anni che casualmente coincidono con la raggiunta pensione, voglio ringraziarvi tutti. Col cuore.
Oggi non c’è cronaca, non ci sono appunti sul taccuino, né articoli da chiudere entro la mezzanotte. Oggi ci siete voi. Ci siamo noi.
Sessant’anni… E molti a dire: “Angelo, ma davvero 60? Ma come, già in pensione?”. Eh sì, anche se non li dimostro- e questo lo dico per pura vanità-oggi ho spento 60 candeline. E chi mi conosce sa che, con le candeline, ho sempre avuto un rapporto complicato: perché ho passato più tempo a scrivere di storie e di vite degli altri che a fermarmi un attimo a pensare alla mia.
E allora questa giornata è speciale. È un momento per dirvi grazie.
Grazie a Raffaella, compagna di vita, di battaglie, di silenzi e di parole, che mi ha sopportato e supportato, soprattutto quando tornavo a casa e dicevo: “C’ho da finire ‘sta pagina…”. Grazie a Camilla, la mia ragazza, che è cresciuta con un padre spesso troppo preso dal suo lavoro ma sempre pronto a tornare bambino insieme a lei.
E poi grazie ad Ari, il nostro Aristotele, il filosofo di casa, che con quello sguardo un po’ scettico ci ha ricordato ogni giorno che, dopotutto, la vita è fatta anche di passeggiate, di coccole e di buon cibo.
Grazie ai miei genitori, parlando anche a nome di mio fratello, che non mollano mai.
E grazie alla mia città, L’Aquila, che mi ha visto crescere, cadere, rialzarmi, vivere. È la città che mi ha regalato un sogno a 15 anni, quando per la prima volta ho messo piede nella mitica redazione aquilana del Messaggero. Era il 1980: io un ragazzino con le idee confuse, loro- i “grandi”- che mi guardavano come a dire: «E questo soggetto buffo che vuole?» nonostante cercassi i farmi le ossa nella radio. Eppure, un passo alla volta, quella redazione (che oggi non c’è più) alla Fontana Luminosa è diventata casa mia.
In 45 anni di giornalismo ho visto di tutto: la cronaca nera più cupa, le inchieste che ti tolgono il sonno, le battaglie di giustizia, le storie di sport che ti fanno sognare, le ferite profonde del terremoto e, soprattutto, la speranza che rinasce. Ho conosciuto grandi persone: giudici, avvocati, politici, preti, suore, uomini e donne comuni. Ho raccontato Papa Celestino V e la Perdonanza perché, in fondo, quella storia parla a ciascuno di noi: un povero cristiano, un uomo come tanti, chiamato a compiere un gesto straordinario.
E poi, lo sport… Quanta parte di me c’è nelle corsie della vecchia piscina comunale, nei placcaggi sui campi di rugby, nelle battaglie in acqua della pallanuoto, nelle sfide amatoriali a basket e a padel o sulle piste da sci. Ho sempre detto che lo sport insegna la vita: e per me è stato proprio così.
Oggi, a 60 anni, con la pensione ormai timbrata- anche se non mi abituerò mai a questa parola- so già che non smetterò di scrivere. Anzi, continuerò a raccontare, a studiare, a dare fastidio quando serve, a dire la mia, a lottare per la cultura, per la memoria, per la mia città.
Perché sì, L’Aquila è la mia casa. Ma gli amici, i colleghi, i compagni di strada, sono la mia famiglia allargata. Con voi ho condiviso progetti, sogni, discussioni, notti insonni, gioie, delusioni, brindisi e qualche abbondante libagione.
A chi c’è oggi e a chi è passato, a chi oggi ci guarda da lassù, dedico questo piccolo grande traguardo.
E come diceva il mio grande maestro, il compianto Guido Polidoro, che spesso mi diceva «Non la piglià troppo sul serio! E soprattutto non pensare perchè qui l’unico pagato per pensare sono io…», ecco, oggi non mi prendo troppo sul serio. Oggi voglio solo brindare alla vita, ai 60 anni, ai 45 anni di giornalismo, alla mia famiglia, alle persone che amo ai miei amici, alla mia città.
Brindiamo insieme, con un sorriso, con un abbraccio.
E andiamo avanti, Jemo ‘nnanzi, perché come diceva il nostro Celestino: “Il perdono nutre il mondo e la speranza non muore mai.”
Grazie, di cuore. Vi voglio bene.
L’Aquila, 26 maggio 2025

I VIDEO:
LE FOTO di Renato Vitturini (e altri contributi)



































































































































LA POESIA DI CARLO:

IL GRAZIE DI SUOR ASSUNTA