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FEDERICA FARDA

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Federica Farda è nata a L'Aquila, dove vive e lavora, il 23 settembre 1967.

Giornalista pubblicista (è iscritta dal settembre 2001 all'albo d'Abruzzo dell'Ordine nazionale dei giornalisti) collabora con la redazione aquilana de "Il Messaggero" per la quale segue gli eventi religiosi cittadini. Scrive anche sul mensile diocesano "Presenza". E' addetta stampa dei Cavalieri del Venerdì Santo (l'associazione, di cui è anche socia, che dal 1999 organizza la Processione aquilana del Cristo Morto) e del Rotary Club L'Aquila Gran Sasso d'Italia (è stata socia del Rotaract club L'Aquila in cui ha avuto modo di apprendere lo spirito rotariano: "Servire al di sopra di ogni interesse").

E' socia della sezione aquilana del Cai e suoi articoli sono pubblicati anche sugli organi di informazione del prestigioso sodalizio alpino (”L'Ometto di Pietra”, Bollettino sezionale e Sito). Ha promosso e organizzato il XIII Congresso nazionale Ueci che dal 2 al 9 settembre 1999 ha portato nel capoluogo abruzzese oltre settanta esperantisti cattolici provenienti da tutta Italia. Ha curato i rapporti con la stampa e i principali organi di informazione italiani e stranieri per il congresso internazionale interdisciplinare "Orationis Millennium" che si è svolto a L'Aquila dal 24 al 30 giugno 2000.

Già socia e collaboratrice del Centro studi celestiniani, nonché guida celestiniana, è stata socia anche della Delegazione aquilana dell'Accademia italiana della Cucina ed è in contatto con la "Casa di Dante" in Abruzzo con sede nel castello Gizzi di Torre dei Passeri.

Nell'aprile del 2005 ha piantato il seme che ha poi dato vita alla "Cordata per l'Africa", un progetto di solidarietà per portare l'acqua nella Missione di Bangui, capitale del Centroafrica, retta dalle suore di clausura del monastero aquilano di San Basilio, ultimo avamposto dell'ordine celestiniano in città.

Sposata e mamma di Dario, 5 anni, ha compiuto studi universitari economici ed ha frequentato corsi sulla comunicazione globale e sulla valorizzazione, promozione e imprenditorialità turistica.

Ora, col tuo aiuto, tenta di entrare per la prima volta in Consiglio comunale perché da amante della propria città e verificando, con il lavoro quotidiano, che finora è stato impossibile uscire e da un immobilismo atavico e da rigidi schemi, crede che una nuova generazione politica, sia di facce ma soprattutto di età, possa dare quel giusto e necessario slancio a che il motto civico IMMOTA MANET identifichi, come era in origine, solo l'ubicazione del territorio e non, invece, incidere negativamente sul carattere e sull'indole dei suoi cittadini.

In tal senso si prefigge di trasformare il significato dell'emblema in IMput MOTA MANET. Un impulso al continuo movimento, al passo con i tempi, per una città che deve competere al meglio con le proprie simili in Italia e in Europa che forti di antiche tradizioni culturali e di un glorioso passato premono, a tutto gas, l'acceleratore sul turismo affinché questo diventi volano di nuove opportunità di lavoro e di nuove risorse ed economie. Solo così si eviterà che di un grande passato non rimanga solo l'eco.

IL MIO PROGRAMMA

TURISMO SULLE TRACCE DEI NOVATANOVE... SANTI AQUILANI

Novantanove fontane, novantanove piazze, novantanove palazzi, novantanove chiese ma anche novantanove santi. Nella città in cui il numero magico "99" è il padrone non può sfuggire a questa regola il numero dei Santi, Beati, Servi di Dio o morti in concetto di santità. Un numero elevato, se non arriva a 99 come per le fontane, i palazzi o le chiese poco ci manca (l'approssimazione cittadina a 99 è, infatti, frutto di una leggenda a metà tra sacro e mito), comprovato dalla presenza materiale, tramite le spoglie, di almeno un testimone di pace in ogni chiesa cittadina.

Non ci sono, quindi, soltanto le più note chiese cittadine di S. Bernardino (oltre al Santo senese conserva il corpo di Giuseppe da Barisciano, morto in concetto di santità) e di Santa Maria di Collemaggio (con S. Pietro Celestino e i meno noti Beato Bonanno da Roio e Beato Giovanni Bassando) ma anche luoghi di culto minori, spesso tagliati fuori dai circuiti turistici anche "religiosi" o peggio ancora ignorati dagli stessi aquilani. Ad esempio la Cattedrale (all'interno si conservano le reliquie di San Massimo, di San Vittorino, di Sant'Emidio, del cardinale Agnifili), alla chiesa di Santa Giusta dell'Aquila (con il teschio della Santa omonima che ha le altre sue spoglie, insieme a quelle del fratello San Giustino nella chiesa di Paganica a questi dedicata), a Santa Margherita dei Gesuiti (qui sono conservate le spoglie di Sant'Equizio abate e padre Sartorio Caputo), all'edificio sacro aquilano di San Marco (con San Tussio di Bagno vissuto eremita a Bominaco e poi rivoluto da morto dagli abitanti del suo paese natio che in seguito lo trasportarono in città nella loro chiesa), a San Basilio (ci sono tutte le ossa di San Germano), alla parrocchiale di Civita di Bagno (con le spoglie di San Raniero) o a quella di Assergi (qui c'è il corpo senza testa di San Franco e le ossa del Beato Pacifico, ambedue natii di Roio). E la Beata Antonia da Firenze? Ha "nobilitato" prima il monastero aquilano di Sant'Elisabetta (che non esiste più), poi ha fondato quello dell'Eucarestia di via Sassa (che annovera anche le presenze di Ludovica da L'Aquila e di Giacoma da L'Aquila) ed ora è a Paganica in quello di Santa Chiara povera. Anche il monastero delle suore agostiniane di clausura di Sant'Amico ha nella sua chiesa la presenza di Beati: il Beato Antonio Turriani, la Beata Cristina da Lucoli, Elena Vivii, e Maria Teresa Ciampella. Future Sante si trovano nella chiesa aquilana delle Suore Zelatrici del Sacro Cuore (qui è sepolta Maria Ferrrari) e nella chiesa di San Marco di Preturo che conserva il corpo di Anfrosina Berardi. Neanche il convento di San Giuliano sfugge all'elenco "Santo" (al suo interno oltre al ricordo di San Giovanni da Capestrano si conservano le reliquie del Beato Vincenzo da L'Aquila, di Tommaso da Cascina, di Apollonio da L'Aquila, Domenico da Roio). Nella chiesa sconsacrata di San Filippo si conservano invece le spoglie del sacerdote Baldassarre Nardis, mentre nel convento francescano di Arischia ci sono quelle di Mariano da Fagnano e a Filetto quelle di Francesco Saverio Facchinei.

L'Aquila città Santa, dunque? Si, al pari dell'Umbria Santa, ma se vogliamo con più incidenza localizzata: nel caso della regione verde d'Italia i Santi sono distribuiti in uno spaccato più ampio di territorio (delimitato, appunto, dai confini regionali), nel capoluogo abruzzese sono, invece, concentrati nell'ambito del suo stesso comune. E non certo sono figure minori: due di questi Santi, San Pietro del Morrone e San Bernardino da Siena, sono noti a livello internazionale. Una "varietà" di figure di Santi che abbraccia tutte le gerarchie e tutte le età: dal Papa all'eremita e alla moglie, dal novantenne alla bambina. Ci sono, perfino, le condizioni per sviluppare anche un itinerario religioso al femminile. Definire, però, la città con il termine "Santa" è riduttivo perché potrebbe scontrarsi con le differenti ideologie religiose presenti oggi nella nostra società multirazziale. Ne'è giusto per questi stessi testimoni di pace essere portati ad esempio solo ai cristiani cattolici: la loro vita è stata improntata a divulgare e sostenere l'amore a 360°. Priorità morale per la nostra società è ricordarli a 360°, proprio con lo stesso metodo da loro professato. Come ricordarli? Favorendo il turismo "religioso" da non chiamare, possibilmente, con questo aggettivo per i motivi di cui sopra uniti anche ad un altro fatto, se vogliamo, discriminante: il turismo "religioso" è nell'immaginario collettivo assimilabile a viaggi fatti da persone non più giovanissime. E, invece, il turismo di riconciliazione (da qui può nascere anche la denominazione di "luoghi o sentieri di riconciliazione") che si deve incentivare nell'aquilano è adatto a tutte le fasce d'età: dei "99" testimoni di pace molti sono stati i giovani, come la tredicenne Anfrosina Berardi di San Marco di Preturo o il quattordicenne Francesco Saverio Facchinei di Filetto.

San Marco di Preturo, Filetto, ma potrei citare, tra gli altri, Cascina, San Vittorino, Bazzano, Assergi, San Gregorio, Monticchio, Bagno, Roio... Non è quindi solo L'Aquila, o meglio il suo centro storico, deputata ad essere città di pace, oasi di riconciliazione, ma lo è anche tutto il suo territorio. Ad esempio l'ospedale celestiniano di Sant'Antonio, nel territorio di Santi di Cascina, dove si curava il cosiddetto "fuoco di Sant'Antonio" può essere sì ricollegato all'abbazia di Collemaggio, ma anche all'ultimo monastero celestiniano femminile presente in città, le suore di clausura di San Basilio, ai romitori celestiniani di Roio, e di San Giacomo, e agli eremi del territorio di Filetto o di Assergi e quindi "accomunato" a San Franco, l'eremita del Gran Sasso invocato per la guarigione delle malattie infettive cutanee.

Si rinnova, così, l'antico legame tra il tessuto urbano e il suo contado, nonché la medioevale mission dell'allora città in via sviluppo: posta al centro di una conca e facilmente raggiungibile da tutti i paesi circostanti era volano per questi ultimi. E può esserlo ancora mettendo in "rete", materialmente e non, le varie emergenze storiche rendendole, per di più, fruibili a tutti: non solo quindi agli "apparentemente" sani ma anche ai minorati fisici, attrezzando per loro anche i percorsi anche di montagna. Anche questa è Perdonanza. Una Perdonanza che il calendario e il suo stesso dettame ci sprona a farla 365 giorni l'anno: così L'Aquila sarà la capitale ideale del perdono. Come auspicato da Papa Celestino V, già sei anni prima del Giubileo bonifaciano del 1300.


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