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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 49

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



49. SONO INNOCENTE, QUELLA SERA CRISTINA ERA CON MIO FIGLIO
1. 12. 1991



Michele Perruzza non ha mai detto tutto quello che certamente sa di quella sera del 23 agosto 1990. Non ha voluto parlare né con gli inquirenti durante le indagini, né davanti ai giudici di primo grado; né dopo la condanna all'ergastolo per un'accusa infamante; né davanti alla Corte d'Appello: né con i sei avvocati che finora lo hanno difeso.
Quest'uomo che non ha voluto parlare con nessuno ha fatto un'eccezione, guarda caso, col segretario dell'associazione vittime dell'ingiustizia (Giacomo Fassino) al quale ha scritto una lettera-memoriale di ben 26 pagine (ceduta con la consueta esclusiva ricorrente in questa vicenda) nella quale, però, il muratore di Balsorano, proclamandosi innocente, continua a non voler parlare. Sul momento topico, infatti, Perruzza dice che quella sera più o meno all'ora del delitto perse di vista il figlio tredicenne che si allontanava con Cristina.
A leggere la lettera, scritta qualche tempo fa (come informava la nota del 25 novembre dell'Associazione vittime dell'Ingiustizia), Perruzza sembra avesse già previsto che il figlio Mauro lo avrebbe di nuovo accusato (come ha fatto l'altro ieri, 29 novembre, davanti ai giudici della Corte d'Assise d'Appello).
Il muratore non fornisce dettagli, limitandosi a cercare di far apparire inattendibile il racconto del figlio. Perruzza racconta di essere stato quel giorno con Mauro a lavorare presso la casa in costruzione, di aver poi lasciato lo stesso ragazzo a controllare la carne sul barbecue mentre egli si recava con la moglie a casa di sua madre per ricevere una telefonata del figlio maggiore Daniele, da soli tre giorni in servizio di leva al Nord.
«Quando siamo tornati, alle 20,15- 20,20- scrive- c'erano mio figlio Mauro e Cristina. Come siamo entrati dal cancello che costeggia la scalinata, loro sono partiti fuori e dove sono andati io non lo so. Anche mia suocera li ha visti».
Il muratore, infine, sostiene che è per lui un gran sollievo sapere che la moglie conosce la verità «poiché essa potrà far capire ai miei figli che non sono un assassino» e che Mauro che lo accusa gli ha scritto una lettera «dove mi dice che lui di tutto questo non ha detto niente. E questa lettera ce l'ha l'avvocato».
Perruzza continua quindi a dire di non sapere nulla della tragedia, continuando a confidare nella bravura dei suoi avvocati che ha il vezzo di cambiare spesso. E' forse questo mutismo il “nodo” dell'intera vicenda. Ed alla luce delle accuse formulate dal figlio, superare tale barriera appare la battaglia più difficile per la nuova difesa del muratore in vista della ripresa del processo, il 14 gennaio prossimo. Gli avvocati Attilio Cecchini e Antonio De Vita hanno fatto miracoli riuscendo a far riaprire il processo.
Ma finora non sono riusciti a convincere Perruzza a parlare. A dire la verità.


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