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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 12

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



12. NUOVI DUBBI DALLE ANALISI
11. 10. 1990



E' una decisione sofferta quella che, forse oggi, prenderà il Tribunale della Libertà dell'Aquila chiamato a pronunciarsi se ci sono sufficienti indizi per trattenere in carcere Michele Perruzza. E' molto probabile che già stamani i giudici aquilani (Villani presidente, Como e Pace) depositeranno l'ordinanza che ieri mattina si sono riservati, con la quale verrà o meno accolta l'istanza (già rigettata dal Gip di Avezzano) presentata dalla difesa (avvocati Carlo e Mario Maccallini) per chiedere la scarcerazione del muratore (in isolamento da 45 giorni) o quantomeno la concessione degli arresti domiciliari.
Una decisione sofferta considerato quanto è emerso ieri mattina al termine del “duello” tra accusa e difesa in camera di consiglio cominciata verso le 11 dopo che è stato sanato un vizio di procedura. A dare una nuova improvvisa accelerata ai dubbi che stanno ingarbugliando la vicenda, sono soprattutto le indiscrezioni trapelate sulle analisi eseguite dalla Criminalpol sugli indumenti sequestrati in casa Perruzza il giorno dopo il suo arresto, i cui risultati sono stati allegati dal Pm alla “memoria” presentata al Tribunale della Libertà in cui si sostiene che Perruzza va tenuto in carcere perché fortemente sospettato.
In sintesi, è emerso che l'esame del Dna ha accertato che dei 10 capelli trovati sulla canottiera del muratore, 7 apparentemente strappati sono al 97% della piccola Cristina, gli altri (apparentemente caduti e tinti) della moglie del muratore. Quanto invece al sangue, sulla canottiera e sui pantaloni sequestrati ci sono macchie così piccole da non consentire nemmeno l'esame; quello sul fazzoletto sporco è del muratore; dalla comparazione degli enzimi (prova ben diversa dal Dna) risulta che è sangue di Cristina quello trovato sulle mutande rinvenute dagli inquirenti fuori dalla finestra del bagno, al primo piano di casa Perruzza.
Tali risultati rappresentano, secondo i difensori, un netto ridimensionamento rispetto alle “certezze” che erano trapelate in passato ad analisi in corso. Nonostante debbano arrivare i risultati della perizia d'ufficio (il 16 ottobre) che potrebbero giungere alle stesse conclusioni della Criminalpol e nonostante le tracce di sangue della vittima sulla parte sinistra di quel paio di mutande nascoste sul tetto appaiono indizio sufficiente a tenere in carcere il muratore, la difesa è ottimista.
Questi risultati, contrattaccano i difensori, sarebbero un'ulteriore dimostrazione che il castello delle accuse contro il muratore vacilla poiché Perruzza nei vari interrogatori ha detto la verità quando ha giurato di non aver lasciato in casa indumenti macchiati di sangue se non un fazzoletto col quale aveva tamponato una ferita: non è stato smentito.
E le mutande macchiate? Ha sempre detto che non sono le sue e infatti sarebbero di misura più grande e per giunta si tratta di un uguaglianza di enzimi in un tipo di sangue diffusissimo in un piccolo paese di poche famiglie e di parentele incrociate. E i capelli? L'esame del Dna è stato eseguito con un metodo che, come sostengono gli esperti a livello internazionale, non dà certezze e perciò sarebbe assolutamente inattendibile.
A tutte queste considerazioni la difesa aggiunge una ricostruzione del delitto che non regge anche sulla base dei risultati dell'autopsia che hanno escluso la violenza carnale facendo così cadere il movente dell'assassinio a sfondo sessuale.
Tra tutti questi dubbi, contraddizioni e contestazioni è chiamato a dare una prima, importante, anche se non determinante risposta il Tribunale della Libertà. L'unica certezza resta forse il fatto che da casa Perruzza non si esce. Ma nonostante la certezza che ad uccidere sia stato o il muratore (accusato da un unico testimone: il figlio tredicenne) o proprio suo figlio (che in un primo momento si è autoaccusato dando particolari così precisi da essere creduto), la matassa si sta ingarbugliando sempre più.


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