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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 10

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



10. ISTANZA PER LIBERARE PERRUZZA
21. 9. 1990



Ieri, primo giorno di scuola, a Ridotti di Balsorano le alunne della seconda elementare hanno voluto portare, tutte, un fiore al cimitero sulla tomba della loro amichetta Cristina. Ieri, ventottesima giornata di indagini ad Avezzano si è registrato l'ennesimo colpo di scena.
«Non abbiamo intenzione, almeno per ora, di proporre un'istanza di scarcerazione visti gli indizi finora raccolti a carico di Michele Perruzza. E poi, se il muratore venisse scarcerato, col clima che si è creato ci sarebbero enormi problemi». Così, fino a qualche giorno fa, gli avvocati difensori del muratore, in carcere da venticinque giorni con l'accusa di omicidio volontario, atti di libidine e occultamento di cadavere, andavano rispondendo all'insistente domanda del cronista.
Ieri mattina, invece, Carlo e Mario Maccallini si sono presentati al tribunale di Avezzano per depositare presso la cancelleria del Gip un'istanza di revoca della custodia cautelare. Il giudice per le indagini preliminari ha cinque giorni di tempo dal deposito per decidere se accogliere o rigettare la richiesta di scarcerazione motivata con l'insussistenza degli indizi. In caso di rigetto, la difesa ha la possibilità di ricorrere all'approfondito esame del Tribunale della Libertà dell'Aquila; in caso di accoglimento la stessa possibilità ce l'ha la pubblica accusa.
Una mossa per certi versi a sorpresa, per altri prevista. Rispetto ai giorni passati, a quello che si sa, non è emerso alcun fatto nuovo contro Perruzza. Finito in carcere perché sua moglie e suo figlio lo hanno accusato in maniera precisa (anche se poi hanno pubblicamente espresso l'intenzione di ritrattare); perché c'è il fortissimo sospetto che il sangue e i capelli, trovati su alcuni suoi indumenti, siano della povera Cristina (anche se è appena iniziata la perizia d'ufficio di cui il consulente della difesa contesta il metodo) e perché alcuni riscontri “incrociati” tra le varie testimonianze sono tutti, univocamente, contro di lui.
Cosa può aver spinto i Maccallini ad azzardare un passo così importante? Probabilmente il silenzio della pubblica accusa, atteggiamento che gli inquirenti hanno assunto su tutto e tutti per evitare gli errori fatti a principio, per non concedere spazi alle contromosse della difesa e, non ultimo, per l'inopportunità, visto il proprio ruolo istituzionale, di una “guerra” pubblica con la controparte attraverso la stampa. Ai Maccallini il silenzio deve invece essere apparso come un sintomo di insicurezza. Dice Carlo Maccallini: «Anche ai più colpevolisti sono venuti dubbi. Di qui la nostra istanza si scarcerazione, sicuramente in un momento più opportuno rispetto ai primi giorni. Inquirenti nei guai? Giudicate voi. Certo è che la notizia, a noi sfavorevole, di rigetto della perizia psichiatrica sul figlio di Perruzza, il tredicenne Mauro, l'ho dovuta leggere sui giornali prima ancora che mi venisse notificata. Non è strano?... ».
L'avvocato non va oltre, ma anche a lui deve esser suonato sospetto il fatto che i risultati delle analisi svolte e concluse dalla Criminalpol, non siano ancora saltati fuori, come indiscrezione da chi ha tutto l'interesse a far trapelare l'esito positivo di una delle “prove” oggettive principali contro l'accusato. D'altra parte, però, va considerato che alla difesa conviene, in ogni caso, provocare un gioco a carte scoperte subito, prima cioè di arrivare al processo, e perciò tentare la strada del Tribunale della Libertà.
La difesa, insomma, sembra riprendere spirito. Tanto che ieri i Maccallini hanno annunciato che stanno prendendo in considerazione la possibilità di sporgere querela per ciò che è stato detto, mercoledì sera, nella nota trasmissione “Maurizio Costanzo Show” in cui uno degli ospiti, la psico terapeuta Maria Rita Parsi avrebbe espresso, secondo la moglie di Perruzza, considerazioni offensive e certezze sul fatto che Perruzza sia l'assassino. Certezza che nessuno ha ancora.


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