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La Missione di Celestino - Capitolo 4

Un romanzo di Angelo De Nicola

La missione di Celestino


Era in città ormai da più di un mese. Mai una pausa. Mai tradito da un’emozione (una moglie, un figlio, una donna, una madre) anche se, a sera, aveva avuto il tempo di familiarizzare con gli “antipasti De Contreras” (lo colpì subito quel nome che, come scoprì domandandolo all’oste della trattoria preferita, era stato inventato in onore di un altro capitano di ventura, uno spagnolo), le puntarelle e alici, la zampanella, gli gnocchi allo zafferano, la minestra di farro, gli strozzapreti alla contadina e, soprattutto, con una genziana tanto amara per la lingua quanto dal piacevole effetto digestivo una volta precipitata nello stomaco. Al mattino, almeno un “orzo cream”, a intervallare i due caffè canonici. Cui s’aggiungevano, nel primo e nel tardo pomeriggio, almeno due moca autoprodotte dalle segretarie dell’Ufficio di Gabinetto del sindaco.

«Mancano ancora poco meno di due mesi ma la città già sembra scoppiare» esordì il signor Giacomo aprendo la riunione, in Prefettura, del Comitato di sicurezza. Oltre al sovrintendente ed al prefetto, c’erano il sindaco, il questore, i comandanti dei carabinieri, della Guardia di Finanza, della Forestale e dei vigili urbani, gli alpini in congedo, ovviamente l’arcivescovo nonché il capo della scorta del Papa.
«Nei conventi e nelle strutture religiose non ci sarà spazio nemmeno per uno spillo dal Ferragosto in poi» confermò l’arcivescovo.
«Alberghi stracolmi in tutto il circondario, e già da ora – aggiunse il sindaco –. Il Papa ha funzionato, col permesso di Sua Eccellenza l’arcivescovo, da spot. E questa ondata di gran caldo in tutto il Paese ha fatto il resto per attrarre turisti. Da noi, si sa, vi sono undici mesi di freddo ed uno di fresco».
«Ecco, se sono finiti i consigli per gli acquisti – cambiò tono il signor Giacomo – proprio questo è l’aspetto che più mi preoccupa. Ho studiato, grazie al sovrintendente, tutto quello che avrei potuto studiare sulla Perdonanza e su questa città che è stata davvero una piacevolissima scoperta. Ho le idee abbastanza chiare su come “blindare” questa maledetta, mi perdoni Sua Eccellenza, giornata del 28 agosto. Ciò che, invece, avrei dovuto prevedere era effettuare da subito uno screening di coloro i quali andavano man mano arrivando in città dal giorno in cui s’è saputo, urbi et orbi, che sarebbe venuto il Papa».
«Lei ipotizza che chi potrebbe voler colpire il Papa sia già in città, magari già da giorni?» domandò il prefetto con tono e fare stizziti.
«Certamente!».
«Ma è solo una sua ipotesi. Non lanciamo allarmismi inutili e dannosi» insisté il prefetto.
«Certamente!».
«Lei non ha un atteggiamento consono».
«Certamente!».
«Signori, per favore! – intervenne il sindaco – Non mi pare il caso di farci prendere dal nervosismo. Piuttosto facciamo il punto della situazione».
«A questo proposito – si inserì l’arcivescovo – mi preme dirvi che il Papa, le cui superiori volontà io immodestamente qui rappresento, ha già fatto sapere che vuol sfilare nel corteo storico subito dietro la Bolla del Perdono...».
«Certamente! Magari a dorso di un asinello come fece Celestino V. Ma siamo impazziti tutti? – sbottò il signor Giacomo – Evidentemente non vi rendete conto del pericolo al quale esporremmo il Papa. Foss’anche per venti metri di sfilata nel corteo. No, arcivescovo, proposta bocciata».
«Figliolo, tralasciando la sua maleducazione che almeno io le perdono, questo che le ho espresso è il volere del Santo Padre. E non mi pare si possa mettere in discussione. Eppoi vanno stampati i programmi e le brochure. Siamo già in forte ritardo. I fedeli vogliono vedere il Papa. Lo vogliono “toccare”».
«Certamente! Magari ci si vogliono anche prendere il caffè assieme per chiedergli di risolvere la crisi dell’occupazione. Insisto che qui non ci si vuole render conto del pericolo che si sta correndo. Va bene, è solo una mia ipotesi. Ma riflettete un attimo. Escluso, e mi sta bene, che l’elicottero del Papa possa atterrare sul prato di Collemaggio perché saremmo costretti a interdire alla gente il “palcoscenico” dell’Evento, la piazzola più vicina, al fine di evitare i pericoli di un lungo percorso in auto, resta lo Stadio comunale. Bene, l’elicottero atterra. Il corteo di auto blindate, a questo punto, ha due possibilità: dirigersi verso la zona di Collemaggio o attraversare il centro storico per raggiungere, magari, la piazza del Duomo; lì aggregarsi al corteo storico come una volta facevano gli arcivescovi – dico bene sovrintendente? – i quali attendevano il passaggio della Bolla davanti al palazzo della Curia».
«Sempre un percorso in auto si deve fare, o no?» provò ad insistere l’arcivescovo.
«È vero. Ma mentre il tratto di strada fino al piazzale del parcheggio ricavato nel vallone ai piedi di Collemaggio è abbastanza scoperto e, pertanto, più facilmente controllabile, il tratto del Corso mi sembra fatto apposta per ospitarvi un attentato. Lo sapete quante finestre ho contato, una sera in cui non avevo certo esagerato con la genziana, su entrambi i lati di questo tratto del Corso? Duecento-novanta-quattro. Cento-quaranta-cinque sul lato sinistro e cento-quaranta-nove su quello destro. Sì, quasi trecento possibili postazioni per un cecchino. Cosa vogliamo fare, controllarle una per una? Piazzare un agente per ciascuna finestra? No, è impossibile. Scartata anche la possibilità, perché troppo piccolo per far planare contemporaneamente il necessario secondo elicottero di scorta, del piazzale del parcheggio interrato...».
«Peccato, Lorenzo Natali, uno dei padri dell’Unione europea, a cui quel piazzale è intitolato, avrebbe meritato un simile onore» lo interruppe l’arcivescovo.
«Scartata, dicevo, questa che sarebbe stata la migliore soluzione, e nemmeno presa in considerazione quella di passare per il Corso, ne resta una sola: quella da me indicata. Chiuso il discorso».
«Le condotte fognarie sono state verificate? È stata attivata tutta la procedura?» chiese il capo della scorta papale.
«Sì, una verifica è già stata fatta: per fortuna, almeno lungo il tragitto interessato, non v’è presenza di cunicoli capaci di fungere da nascondiglio. Quanto al pericolo di esplosivi, ogni tombino della rete idrico-fognante è stato già ispezionato, e lo sarà periodicamente, dalla speciale squadra di unità cinofile anti-bombe: diciannove cani diversi, uno per ogni tipo di esplosivo conosciuto. Così come abbiamo cominciato a controllare, uno a uno, tutti coloro che abitano lungo il percorso dallo stadio a Collemaggio. In 985 metri di strada ci sono circa duemila persone, tra cui molti studenti universitari che hanno un alloggio in affitto. Il questore mi ha promesso che ce la faremo ad effettuare uno screening completo».
«E un eventuale attacco aereo?» azzardò il comandante dei carabinieri.
«Abbiamo già chiesto all’Esercito- spiegò il signor Giacomo- di piazzare almeno due batterie della contraerea così come avvenne a Genova per il G8. Una, a ovest, sulla montagna di Roio dove si domina tutta la vallata, e l’altra a est, sulla collina di Bazzano (questo nome proprio non mi piace!). A tale difesa, si aggiunge una sostanziale chiusura dello spazio aereo circostante. Riteniamo impensabile un attacco aereo ma, purtroppo, non possiamo escluderlo. Mi hanno spiegato gli esperti che un Boeing 747 alzatosi in volo da Fiumicino, ci metterebbe dodici minuti a schiantarsi sulla facciata di Collemaggio. Quattro minuti impiegherebbe un bimotore che decollasse dal vicino aeroporto di Preturo, che ovviamente abbiamo già provveduto a interdire per tutta la giornata del 28 agosto. Non oso pensare a cosa faremmo in tale eventualità: abbattere l’aereo kamikaze sulla folla accalcata a Collemaggio o sulle case dei quartieri circostanti?».
«Un maledetto guaio» esclamò il sindaco.
«Certamente. E mi raccomando, acqua in bocca su tutto. Soprattutto sulla presenza delle batterie di contraerea di cui vi ho fatto cenno. Come dice il signor prefetto, non serve lanciare allarmismi inutili e dannosi».


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