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La Missione di Celestino - Parte II, Cap. 11

Un romanzo di Angelo De Nicola

La missione di Celestino


«Una lettera? Per me? E da chi?».
Il signor Giacomo non riusciva a capacitarsi del fatto che una busta era stata lasciata non si sa da chi, come gli aveva più e più volte spiegato il portiere, sul bancone della reception dell’albergo. Una busta color avorio, chiusa, con una piccola striscia bianca di carta incollata sulla quale era scritto il suo nome e cognome.
«Nessuno sa che sono qui» andava ripetendosi il signor Giacomo. E come presagendo guai, quella busta non l’aveva aperta, girandola e rigirandola tra la mani mentre, sprofondato in una comoda poltrona della hall, aspettava il sovrintendente con il quale aveva appuntamento.
«Buongiorno sovrintendente... Alla buon’ora!».
«Che c’è, la vedo in agitazione, signor Giacomo. Porto sette minuti di ritardo: non credo sia per questo... lei non è mai puntuale!».
«Guardi qui!».
«Vedo, vedo: è una lettera».
«E’ intestata a me».
«Lo vedo: sono tra i pochi privilegiati a conoscere i suoi vari pseudonimi. Ma preferisco chiamarla signor Giacomo: le sta proprio bene».
«Chi può avermela lasciata?».
«Non mi pare una bomba: la apra e scopriremo il mistero».
«Ma non capisce! E’ un fatto grave. Nessuno, tranne lei, sa che io sono qui».
«La apra e capiremo».
«Aspettavo lei. Non si sa mai».
«Una bomba, lo ripeto, non mi pare proprio».
«Maledizione... C’è la solita frase...».
«Allora è l’amica mia!».
«Le ha detto che ero in questo albergo?».
«Certo che no».
«Allora ci ha seguiti!».
«Non è poi così difficile in una piccola città. Ma la frase che dice?».
«Eccola, la legga lei. Comincio ad averne le scatole piene di questo nuova puntata del gioco dell’oca!».
«E’ scritta su un computer, mi pare proprio un carattere “Verdana”: si è proprio quello che usa la mia amica...».
«La frase, Cristo...»
«Strano, mi sarei aspettato una scritta a pennarello su un foglio fotocopiato...».
«Ora basta! Mi dia il foglio: “Qui non ha loco il Santo Volto!”. E’ lui?».
«Non conosco l’intera Divina Commedia a memoria ma immagino di sì».
«Verifichiamolo. Ci sarà di certo un computer in questo albergo».
L’addetto alla reception indicò al signor Giacomo la saletta dove era possibile collegarsi ad internet.
«Inferno... Canto XXI... E’ nel mezzo di due terzine. Il testo completo è:
“Quel s’attuffò, e tornò sù convolto;
ma i demon che del ponte avean coperchio,
gridar: “Qui non ha loco il Santo Volto!
qui si nuota altrimenti che nel Serchio!
Però, se tu non vuo’ di nostri graffi,
non far sopra la pegola soverchio”».
«Che significa, sovrintendente?».
«Santo Volto...».
«Cioè, la Sindone?».
«Ma sì la Sindone! Andiamo».
«Andiamo dove?».
«Mi segua, capirà».
In pochi minuti, dal centro cittadino, arrivarono al cospetto della basilica di Collemaggio la cui facciata era abbacinata da uno splendido sole. All’inizio della spianata, il signor Giacomo non infilò il vialetto ma salì sul prato. Si fermò sul costone in marmo che delimita l’erba e guardò davanti a sè.
«Sempre duecentotrentasette passi sono. La distanza è rimasta la stessa. Vuole contarli di nuovo?».
«Quante volte li ho contati!»
«Acqua passata».
«Acqua passata un corno! Io voglio sapere. Perché siamo tornati qui?».
«Andiamo davanti alla facciata. Capirà».
«E basta con questo suo atteggiamento! Capirà, capirà! Capisco un corno!».
«Non s’innervosisca. La Sindone ha a che fare, secondo alcuni, con la facciata della basilica».
«Cioè? Ho capito, ho capito: ora tira fuori la sua solita stampata da internet».
«Non è un stampata. E’ un opuscolo scritto da uno studioso. Me ne ha fatto dono dopo il grande casino. Meno male che ho portato la mia borsa con dentro i fascicoletti».
«Forza legga. Che aspetta!».
«Leggo, leggo... “...Appare plausibile il confronto fra la facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio e il disegno del ‘Codice Pray’ del 1195 che riproduce la scena dell’unzione del corpo di Gesù all’interno del sepolcro. Nel disegno viene messo in evidenza, in modo stilizzato, il tessuto della Sacra Sindone formato da un insieme di croci che a livello grafico-spaziale somigliano a quelle riprodotte nella facciata della basilica. Molto interessante risulta anche il confronto fra una sola formella ornamentale della facciata della basilica con una trama della parte centrale della tessitura a spina di pesce del tessuto sindonico. I due disegni appaiono straordinariamente somiglianti sia per quanto riguarda la forma della trama sia per il numero dei nodi, che sono quindici per ognuna delle parti confrontate”...».
«Cioè la trama della tela della Sacra Sindone è la stessa della facciata di Collemaggio?».
«Esatto: ha capito bene».
«Incredibile! Questa basilica oltre che molto bella è un pozzo di sorprese».
«E non è finita. Entriamo. Nel frattempo continuo: “...II disegno ornamentale della facciata lo ritroviamo all’interno, nel pavimento della basilica, circoscritto fra le quattro colonne della navata centrale di fronte alla Porta Santa. In base alla lavorazione della pietra, più rifinita quella della facciata e artigianalmente lavorata in modo alquanto grezzo quella del pavimento della basilica, si può supporre che il motivo cruciforme dell’interno sia più antico di quello della facciata della basilica. La maggior parte del fascino architettonico della basilica di Collemaggio è dovuto alla suggestiva superficie con forme cruciformi e bicolore della facciata. Di sicuro si affievolirebbe l’interesse verso l’inusitata facciata se i suoi portali e rosoni fossero circondati soltanto da pietra di colore bianco, come la maggior parte delle chiese aquilane. Acquista perciò grande importanza il simbolo ornamentale di tipo cruciforme e bicolore che si ripete sull’intera facciata. L’architetto ebbe sicuramente una geniale intuizione quando nel 1400 trasportò anche all’esterno della basilica la forza espressiva di quel simbolo cruciforme che fino a quel momento si trovava soltanto all’interno, nel pavimento della basilica, facendo sì che grazie alla luce esterna venisse valorizzata al massimo la sua particolare bellezza visiva”».
«La Porta Santa... Che brutti ricordi! Ero proprio qui quando si spalancarono le porte ed un fascio di luce mi investì...».
«Ecco, proprio due passi dietro di lei c’è la pietra che indica il ”centro energetico”, come molti lo definiscono, della basilica. Senta che dice l’opuscolo: “...Al centro del pavimento della parte centrale della basilica, vi è una croce-fiore di colore bianco con le finiture a semicerchio. Osservando la Porta Santa da questo punto del pavimento si nota una passerella di pietre rosse che inizia dove finisce il pavimento con motivi cruciformi ed arriva ai gradini della Porta Santa ma non al centro della Porta, bensì al centro dell’anta di destra. Al di sotto dello scalino di questa parte della Porta Santa vi è una pietra dalla forma quadrata più grande delle altre con inciso la forma di un semicerchio e grande come la singola anta della porta. Questa pietra appare più antica di quelle che le stanno intorno e sembra che sia stata lasciata lì come traccia di una Porta Santa più antica di quella che vediamo attualmente costruita nel 1397. La Porta Santa più antica doveva essere larga come una sola anta della porta attuale e nata forse con il progetto originario della costruzione della basilica. Nel passo evangelico di Giovanni 10,9 troviamo le parole di Gesù: ‘Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo’. Prendendo in considerazione queste parole evangeliche ed accostandole alla simbologia sacra del pavimento che riproduce il tessuto sindonico si può dedurre che l’invito di Celestino ad entrare nella Porta Santa ed a proseguire attraverso la singolare passerella di pietre rosse per arrivare al centro del pavimento della basilica dove sono rappresentati i simboli della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù, sia un invito, a livello spirituale, ad entrare attraverso Gesù stesso in modo che entrando ed uscendo attraverso di Lui, potessimo, per sua grazia, trovare pascolo, cioè essere rinnovati nello spirito”...».
«Rieccoci alla visioni mistiche! Ma ci sono o no addentellati storici per questa suggestiva tesi?».
«Senta qui: “...Se a livello simbolico si può accostare qualcosa dell’architettura della basilica di Santa Maria di Collemaggio alla Sacra Sindone, un accostamento alla Sindone può essere fatto anche a riguardo della storia stessa di Papa Celestino V e del suo ordine monastico poiché in una chiesa della sua congregazione a Parigi nel 1370 venne sepolto Goffredo di Charny, colui che nel 1354 risulta possessore della Sacra Sindone dopo che per circa centocinquanta anni se ne erano perse le tracce in seguito al sacco di Costantinopoli avvenuto da parte dei crociati nell’anno 1204. Goffredo di Charny fu signore di Lirey (Francia), fu un grande guerriero ben noto all’epoca di Filippo VI di Valois e di Giovanni il Buono; si era distinto nella guerra dei Cent’anni e per aver valorosamente difeso in Oriente gli stati di Giovanni Paleologo contro i Turchi. Alcuni anni prima della sua morte, avvenuta durante la battaglia di Poitiers, il 19 settembre 1356, Goffredo di Charny affidò ai canonici di Lirey il lenzuolo che aveva avvolto il corpo di Gesù deposto dalla croce. Vale a dire la Sacra Sindone».
«Non sapevo che ci fossero chiese celestine anche a Parigi...».
«... “La chiesa dei Celestini di Parigi fu fatta consacrare da Carlo V il 15 settembre del 1370 e straordinariamente risulta che nello stretto lasso di tempo di tre mesi e mezzo che intercorre dal giorno della consacrazione della chiesa alla fine dell’anno, vi fu sepolto Goffredo di Charny; la sepoltura avvenne nel 1370 con un secondo funerale perché morì in battaglia nel 1356; si dice di una cerimonia funebre svoltasi con grandi onori. Goffredo di Charny forse fu il primo dignitario sepolto nella chiesa dei Celestini di Parigi».
«Ma potrebbero essere soltanto coincidenze...».
«L’opuscolo sembra rispondere a queste sue perplessità. Leggo: “Molti sono i se che fanno riflettere: se come appare a livello architettonico nella basilica di Santa Maria di Collemaggio è stata riprodotta la simbologia della Sacra Sindone, se si riscontra una straordinaria somiglianza fra la facciata della basilica e il disegno del ‘Codice Pray’ che riproduce in modo stilizzato il tessuto sindonico, e se Goffredo di Charny, possessore della Sacra Sindone, in modo privilegiato nel 1370 venne sepolto nella chiesa dei Celestini di Parigi non appena questa venne consacrata, non è inverosimile ipotizzare che ci possa essere stato un legame fra i costruttori della basilica di Santa Maria di Collemaggio e i precedenti possessori del sacro lenzuolo (i Templari?)...”».
«Ancora con questi Templari. Ma è un’ossessione!».
«Ecco la conclusione: “...Fino ad oggi non vi sono documenti storici che possano avvalorare l’interessante accostamento della basilica di Santa Maria di Collemaggio con il Sacro Telo di Torino, ma suggestive e concrete sembrano le tracce lasciate dai simboli e da alcuni eventi storici, avvalorate anche dalla felice intuizione dell’architetto Mario Moretti che a riguardo del disegno cruciforme e bicolore della facciata della basilica parla esplicitamente di ‘tessuto’ e di ‘trama’. La basilica di Santa Maria di Collemaggio potrebbe essere uno dei monumenti, se non l’unico, ad avere in alcune parti della sua architettura una simbologia sacra riconducibile alla Sacra Sindone».
«Certo una tesi suggestiva».
«Guardi qui: la somiglianza, come mostrano le foto su questo opuscolo, è impressionante».
«Sì, ma perché l’amica sua ci ha portato qui?».
«Siamo punto e a capo».
«Punto e a capo? Casomai, punto di partenza...».
Alla parola “punto di partenza”, al signor Giacomo s’era accesa la lampadina. Il passo spedito, dentro la navata centrale, diventò subito una corsa versa la porta principale. Il sovrintendente lo vide sparire nella luce che penetrava dalla porta. Anche lui accelerò il passo, anche se non aveva capito. Una volta fuori, vide il signor Giacomo sotto la targa stradale, quella targa stradale intitolata al fondatore dell’Opus Dei a due passi dal lato sinistro della basilica. Capì anche lui.
«Era nell’intercapedine tra il marmo e la struttura portante della targa stradale. Sì, sì dietro. sovrintendente, siamo punto e a capo. Maledizione!».
«Perché, nel biglietto cosa c’è scritto?».
«...“Che tosto piangerà quel monastero”».
«Dante!».
«Ovvio. Non vale la pena nemmeno verificare».


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