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CAPITOLO II: L'Architettura

La Centesima Rocca In quel di Coppito, racchiusa naturalmente tra le pendici del colle Santo Padre e il Fiume Aterno, si staglia maestosa e imponente la "Centesima Rocca" aquilana. Una cittadella nella città mirabilmente integrata, grazie a sottili e arguti giochi architettonici, alla speciale armonia del verde di divina creazione. La Scuola Sottufficiali della Guardia di Finanza domina, sovrana incontrastata, sulla valle amiternina, quasi erede dell'imponenza di quel centro urbano che, secoli or sono, regnava nel sito occidentale di "Amiternum". Nel 1992, quei due millenni, distanza incommensurabile dalla romanità, ostaggi della memoria, hanno bussato insistentemente alle porte dell'antica valle. Rivivono, nella munifica costruzione, i fasti di un'epoca andata, eppure vivida e colorata nella piazza d'armi, nella chiesa, nell'auditorium, persino negli uffici della Scuola.

Quella che si proclama, prendendo spunto dall'inviolata tradizione cittadina, "Centesima Rocca" dell'Aquila, spegne sei candeline. Ma sembra esserci sempre stata, perenne capitolo della storia aquilana. Merito di quei saggi disegni che con grazia e leggerezza, hanno consacrato la Scuola Sottufficiali della Guardia di Finanza ad angolo aquilano con gli interminabili richiami, non solo al passato, ma alla stessa cittadina abruzzese. Eppure volge lo sguardo al Terzo millennio, la giovane cittadella, esempio di stilismi e architetture futuribili, prima tra le infrastrutture, appartenenti alla tipologia militare, in Italia e non solo.

Così, con uno sguardo al passato e la testa proiettata all'avvenire, la costruzione fonde in se armonia di schemi strutturali e funzionalità. Le atmosfere vibranti, intrise di arte e storia, di epoche lontane si intrecciano magicamente nelle linee che ricalcano, secondo l'ingegnosa interpretazione dell'architetto-artista, gli stili più disparati senza appesantire, per questo, l'immagine. Danza tra le aspre mura di recinzione, 2.700 metri perimetrali per l'esattezza, un nonsocché di romano allacciato al medioevale affiancati, ancora, da fattezze di rara bellezza in stile neoclassico e rinascimentale. "Castra", sembrano evocare l'impostazione e quindi la mole della struttura. E ancora quel tipico, e d'antica memoria bastione militare assume le sembianze dello schieramento dei fanti in battaglia disposti a "falange". Osservando, poi, la costruzione nei suoi aspetti vitali, il palazzetto, l'auditorium, il poligono interno, il riferimento alle torri difensive del territorio aquilano è immediato. E gli "aggetti" superiori che ricoprono gli edifici succitati, completano l'aria da fortificazione militare, legandosi all'immagine dei piombatoi degli antichi castelli.

Beandosi della veduta aerea del mastodontico impianto, nulla è più elementare che riconoscere, nei vani riservati alle Compagnie, leggendari muri merlati, e nell'ampio corridoio tra la recinzione e il fulcro centrale del complesso architettonico, è palese il legame ai fossati difensivi, estremi baluardi di annose fortificazioni. D'obbligo, poi, l'occhio a quei tunnel sopraelevati, simbolo di avanguardia, transiti tra i piani superiori, che nell'ottica vagamente retrò di cui si forgiano, giocano il molo basilare di ponte levatoio. La concezione urbana della Scuola si riflette in ogni dettaglio, fino a scendere negli antri bui di sotterranei che nelle epoche andate erano collegamento tra i nevralgici punti della "civitas".

L'Aquila, anfitrione della Scuola, rinasce nelle simmetrie della cittadella. I portici, vanto della lunga camminata del centro storico del capoluogo abruzzese, sostegno delle arcate e delle volte del Duomo di San Massimo e della chiesa di San Bernardino, costeggiano, questa volta nel complesso militare, le palazzine adibite al Comando e alle Compagnie. E la sorpresa riesce quando si constata che, proprio celate da quei massicci pilastri, si snodano le attività che rendono auspicabile la comparazione della Scuola a una città. Barberia, sartoria, negozio di fotografia, edicola, persino una banca, forniscono gli indispensabili servizi alle migliaia di allievi che la Scuola è in grado di ospitare. Non basta. Il passo cadenzato degli aspiranti marescialli calpesta una fitta pavimentazione in "sampietrini", in piena sintonia con quella aquilana. In un sublime contesto, poi, di specchiati e suggestivi rivestimenti dell'esterno dell'auditorium e di spazi geometrici contagiati da ardite sfumature policromiche nelle pareti e nella pavimentazione, si inseriscono simboli di Aquila e Fiamme che si rincorrono con l'intento di sottolineare ulteriormente lo scambio reciproco tra la Scuola e la città ospitante.

Nonostante la miriade di particolari che ben si prestano a oniriche fantasie quasi rasentando interpretazioni baroccheggianti, la Scuola gode, nello sguardo globale, dello stile essenziale, privo di concessioni formalistiche, che lo stesso Corpo intende privilegiare. Bandito il superfluo in una logica architettonica che predilige la funzionalità, prima dell'esteriorità, il rigore, prima del fasto stilistico, a indicare tramite la disposizione e la gerarchia degli edifici la corrispondente organizzazione della vita di Scuola. Ogni singola costruzione, tessera fondamentale di un puzzle nel cuore delle mura, spicca per doti di linearità e semplicità, men che mai segno di povertà visto l'eclettico ruolo che la caserma riveste. Così, con il sincero intento di non scippare il verde della naturale e fresca bellezza, l'impianto sposa armoniosamente il terreno scosceso, giovandosi di materiali che, accuratamente scelti, entrano in rapporto simbiotico con le condizioni ambientali senza per questo arrecare svantaggio alle esigenze tipiche di un forte militare. Affinché fossero garantite uniformità di temperatura, assorbimento sonoro e facilità di manutenzione, l'architetto progettista non ha disdegnato soluzioni strutturali tecnicamente all'avanguardia.

Un'acuta osservazione dell'imponente costruzione crea i presupposti per assimilarne la forma a un rettangolo con asse maggiore orientato a nord-est e minore perpendicolare ad esso, seppure il perimetro presenti forti irregolarità. E quella lieve pendenza del terreno che avrebbe potuto rappresentare un ostacolo alla piena riuscita del progetto iniziale, è stato un ulteriore incentivo ad adeguare la struttura all'ecosistema del sito amiternino. Un'impervia distesa di quarantacinque ettari conserva questo gioiello dell'architettura contemporanea che, di primo acchitto, per facilità d'analisi, potrebbe essere suddiviso in due zone confacendosi alle condizioni geomorfologiche. La fascia pianeggiante si presta alla dislocazione degli impianti sportivi, della piazza d'armi, degli uffici di comando e delle caserme. Alle spalle si ergono le aule didattiche e le sale mense collegate da un percorso pedonale. Al contrario, la fascia scoscesa, è occupata: dagli alloggi del personale permanente (sei edifici di cui tre a 5 piani e tre a 4 piani per un totale di 636 posti letto); dall'infermeria, presidio medico con 35 posti letto più diversi ambiti specialistici; dall'autoparco, in grado di contenere 150 automezzi, dotato di officina per riparazioni, stazione di servizio e impianto di rifornimento carburante; e dalle centrali tecnologiche.

E alla collina, regina dell'intero complesso, spetta il primato dell'elisuperficie, attrezzata per l'atterraggio, diurno e notturno, anche del più grande elicottero in dotazione. E un'opera par questa non poteva non fregiarsi di un avanzatissimo sistema di controllo. Il percorso carrabile, che rincorre le mura perimetrali, soddisfa non solo esigenze di viabilità ma anche quelle di controllo e di ispezionalità del corpo di guardia supportato, per il maggior grado di efficienza, da un sistema anti-intrusione costituito da un impianto di controllo televisivo a circuito chiuso. Tre gli ingressi che consentono l'accesso alla struttura: il principale davanti la palazzina Comando e altri due laterali.

Lo spettacolo di razionalità ed efficienza che si para dinanzi allo sguardo quando ci si immerge nel cuore della cittadella si concretizza nella disposizione delle strutture. La piazza d'armi è delimitata su due lati dalle palazzine che ospitano gli uffici dei Battaglioni. Gli alloggi degli allievi sono suddivisi in due identici nuclei. Ciascuno ospita nove Compagnie ed è dotato di scale antincendio oltre che di camere per quattro allievi l'una, dotate di servizi indipendenti. Il piano terra è riservato agli spazi ricreativi: bar, sale Tv, sale hobbies e lavanderie. Due tunnel sopraelevati collegano le aule didattiche agli alloggi degli allievi. E così come il settore "notte", anche le aule si dividono in due sezioni, a loro volta ripartite in nove nuclei, ciascuno autonomo, per l'addestramento indipendente di ogni Compagnia. Ogni nucleo, poi, consta di un'aula di Compagnia da 150 posti, da tre aule di Plotone da 50 posti e da tutti gli uffici di Compagnia. Per esigenze didattiche ogni aula è dotata di video-proiettori.

Il primo piano dell'edificio adibito alle sale mensa, è direttamente collegato alle aule. Realizzato su uno scheletro in acciaio, è perimetrato da facciate continue, che rendono uniforme la struttura, mentre le tramezzature interne, al fine di garantire sicurezza, durabilità e leggerezza, sono composte di calcestruzzo cellulare e carton-gesso. Centomila metri cubi di ingegneria avanzata, rivoluzionata fin dal progetto per consentire la conservazione di quei reperti archeologici, rinvenuti durante la costruzione del complesso, gelosamente custoditi, e attualmente oggetto di studio, al suo interno. La zona "museale" è affiancata dalla fontana, dalla chiesa, da una piazzetta e dagli ingressi ai piani superiori che, invece, sono occupati da biblioteca, barberia, tipografia, ufficio postale e bancario, sartoria e quant'altro. Di particolare rilievo, soprattutto per il suo significato simbolico, è la fontana monumentale: nella "Centesima Rocca" della città delle 99 Cannelle e della Fontana Luminosa, non poteva mancare la centesima "cannella", illuminata da uno splendido gioco di luci.

Tre i refettori in grado di ospitare 3.000 persone con una potenzialità di 3.000 pasti all'ora che regalano alla mensa il primato di una delle più complesse e avanzate strutture nel campo della ristorazione, oggi in Italia. Dislocate su due piani sono le cucine e le dispense. A valle della zona mensa, il complesso delle Fiamme Gialle vanta la presenza del palazzetto dello sport e dell'auditorium, collegati da un passaggio scoperto, interamente rivestiti, in piacevole contrasto col resto degli edifici, di vetrate specchiate sovrastate da un aggetto superiore innestato su di esse tramite un bassofondo e che così incastrati ricordano i frontoni dei mistici templi greci. Il palazzetto ospita due campi da pallacanestro o pallavolo più servizi necessari a una completa attività sportiva in piena comodità e in nome dei ben noti anfiteatri, i campi sono contornati da gradinate per 800 posti a sedere. L'auditorium, dotato anche di sistema di traduzione simultanea per convegni, ospita, al contrario 1.000 persone per attività quali conferenze, proiezioni e spettacoli.

Ma il primato tra le strutture sportive spetta al campo di calcio, attorno a cui gravita la pista di atletica, fondamentale per l'attività ginnico-addestrativa degli allievi. A ridosso del campo, anche il poligono di tiro dotato di due gallerie di tiro, due palestre e spogliatoi. Esternamente al complesso, verso sud-est è collocato, a servizio della Scuola, un parcheggio per 1.000 posti auto. L'intera struttura è provvista di un depuratore e altri impianti di prima necessità: quello termico, idrico e d'illuminazione, indispensabili per conferire, senza ombra di dubbio, alla mastodontica opera, grazie all'autonomia di cui gode per ogni tipo di servizio, il titolo di "Rocca". La "Centesima Rocca" aquilana.

LA CHIESA
A due anni di distanza dalla nascita della Scuola, è stato consacrato anche il luogo di culto religioso, dedicato al protettore dei cappellani militari e della Guardia di Finanza, rispettivamente SS. Giovanni da Capestrano e Matteo Apostolo. Dal 15 giugno del 1994, giorno dell'inaugurazione, gli allievi possono adempiere anche al loro impegno di fede. Ideata e costruita per accogliere 500 persone, situata nell'estrema ala sinistra della zona riservata ai reperti archeologici, la composizione architettonica del luogo sacro è degna di rilevanza artistica, sganciandosi dai canoni eccelesiastici, in quanto a struttura. Guardarla da fuori è come guardarla dentro per quella ricchezza stilistica che uniformemente dall'esterno, con i medesimi espedienti, viene mantenuta all'interno. Non sfugge all'occhio attento che il susseguirsi dei sampietrini ha inizio sotto il sole per poi tuffarsi nella cristiana oscurità della chiesa. Le pareti, composte di mattoncini cangianti nelle più diverse sfumature del rosso cenere, richiamano con puntualità le caratteristiche cromatiche dei reperti della Villa Romana.

Ogni opera di valore artistico, di cui nella chiesa si fa mostra, è il dono che i Corsi avvicendatisi negli anni hanno lasciato alla Scuola. Le tappe della via crucis, i cui disegni sono stati lasciati all'immaginazione degli allievi, sono dipinte dal Tosetti sulle vetrate cattedraliche che si susseguono sulle pareti. Spazio anche ai dipinti. Due in particolare: il primo di autore ignoto e la cui fattura riporta al XVII secolo e il secondo, raffigurante il patrono San Giovanni da Capestrano (dono dell'ambasciatore di Ungheria, Jozsef Bratinka, presso la Santa Sede) e risalente al 1995, del noto artista ungherese Péter Prokop. Le tecniche pittoriche si sovrappongono fino a contagiare i due pilastri cilindrici, che intervallano l'impianto della chiesa, rivestiti di mosaici di suggestivo effetto ad opera del Toniutti-Collate nel marzo 1994. Nella zona absidale, al centro, innalzato da due gradini rispetto al livello della chiesa, si erge l'altare valorizzato ulteriormente dal crocifisso ligneo, in pero, in stile gotico-moderno, realizzato da Ezio Piperissa, nel 1996 allievo della Scuola. Ai piedi del sacro altare, sono custodite in una teca le reliquie dei Santi cui la chiesa è dedicata.

LA VILLA ROMANA
Sepolta, ha giaciuto per due millenni indisturbata nella valle Amiternina, alle pendici del colle Santo Padre, senza che occhio potesse godere delle sue linee essenziali e pulite di notevole valore storico-artistico. Proprio i lavori di costruzione della Scuola Sottufficiali hanno riportato alla luce quel crogiolo di stili che curiosamente si incrociano nei resti della Villa Romana, oggi gelosamente custodita in un apposito settore ad essa dedicato. Il patrimonio archeologico, conservato all'interno del complesso delle Fiamme Gialle, fu luogo domestico, probabilmente abitato, date le cospicue dimensioni e il numero dei vani, da qualche famiglia patrizia nel periodo che intercorre tra il I secolo a.C. e il VI secolo d.C., e di cui si ha certezza grazie anche alla provenienza dei materiali da contesti stratigrafici ad alta affidabilità inquadrabili nelle classi del materiale d'uso comune. Posizionata su un terrazzo artificiale ricavato nel versante nordorientale della collina, dominava l'intera vallata amiternina, punto nevralgico della vita che attorno ad essa si svolgeva. Purtroppo della villa si conservano, e parzialmente, solo gli elevati della fascia occidentale, più a monte rispetto al complesso.

Il tempo, il lento franare della collina e i lavori agricoli, non hanno restituito ai nostri giorni il tesoro della fascia orientale che gli esperti suppongono di gran lunga più interessante dal punto di vista architettonico. Il "collante", utilizzato per l'unione dei componenti le murature, è la tipica malta, eccezion fatta per alcuni tramezzi e dell'opera poligonale, al contrario in argilla. La pianta è impostata secondo uno schema rigidamente ortogonale, anche se il susseguirsi degli anni ha reso la costruzione un raro esempio di eclettici stili. Si alternano molteplici tecniche edilizie che vanno dall'"opus incertum" nelle pareti, (le pietre, in questo caso, sono disposte in maniera disordinata), fino all'utilizzo di materiale di risulta e di spoglio. All'insegna del metodo e della linearità anche i muri di contenimento del terreno che, su tre lati, in opera poligonale, rasentano quasi la perfezione del quadrato. Quindi, a ridosso delle mura perimetrali, si stagliano le barriere, che in alcuni tratti conservano ancora tracce d'intonaco, atte all'organizzazione dello spazio interno.

Il fulcro della villa è scandito in otto ambienti, preceduti da un cortile pavimentato in basali poligonali, accerchiato, a sua volta da un porticato. Degne di rilievo anche le soglie, amorosamente conservate, e quei sedici ambienti gravitanti attorno ai resti di un peristilio. La pavimentazione è rigorosamente in "opera spicata" (le pietre, lavorate, sono incastrate a spina di pesce), e il massetto si compone di calce e ghiaia. Poi, quasi a fomentare l'ipotesi di un'abitazione ricca ed autonoma, la villa, contiene anche un ambiente, completamente esule dalla simmetria degli schemi finora analizzati, adibito alle strutture per l'approvvigionamento idrico. Nelle vicinanze anche i rinvenimenti di due "dalia in situ" e di una vasca, più volte ricostruita e perfezionata, riferibile alla lavorazione dell'uva.




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