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REMO BODEI VIRTOUSO MALDICENTE

Mappa della città
27 ottobre 2007


Il Consiglio Direttivo del “Pianeta Maldicenza” ha deciso di assegnare, per l’anno 2007, la Targa “Socrates Parresiastes” al professor Remo Bodei, per aver diffuso in Italia il significato di parresia e «per averla sempre onorata, nella vita di studioso e maestro».

Remo Bodei è nato a Cagliari, nel 1938. Filosofo, è docente all’University of California, Los Angeles, dopo aver insegnato filosofia ed estetica alla Normale e poi all’Università di Pisa. Laureatosi all’Università di Pisa, ha studiato a lungo l’idealismo tedesco e la filosofia di Hegel. Ha perfezionato gli studi a Tubinga, Friburgo, Heidelberg e Bochum. Ha poi frequentato poi gli atenei di Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Città del Messico e Los Angeles. Ha tenuto conferenze nelle università europee, americane ed australiane e scritto numerosi libri su temi filosofici, tradotti in molte lingue. Frequenti le sue collaborazioni con la stampa e la televisione, per la diffusione della filosofia. È uno degli intellettuali italiani che il mondo ci invidia.

Bodei ha ritirato la targa il 27 ottobre 2007, in una manifestazione tenutasi presso il Teatro comunale dell’Aquila nel corso della quale si è tenuta una tavola rotonda, coordinata dal professor Tommaso Ceddia (presidente dell’Associazione culturale Confraternita dei ”devoti” di Sant’Agnese) sul tema della parresia e della verità a cui hanno partecipato anche Armando Massarenti (Responsabile pagine culturali de Il Sole 24-Ore), il professor Giannino Di Tommaso (preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università dell’Aquila) e monsignor Giuseppe Molinari (Arcivescovo metropolita dell’Aquila). L’evento è stato allietato dalla lettura di alcuni brani degli attori del Tsa, Bartolomeo Giusti, Alessia Giangiuliani e Daniele Milani e dall’esecuzione di alcuni gospel del “Teatro musica Mamò” diretto dal maestro Alberto Martinelli.

A partire dal 2007, l’Associazione culturale Confraternita dei ”devoti” di Sant’Agnese, ha deciso di assegnare la Targa “Socrates Parresiastes” ad una insigne personalità, italiana o straniera, che si sia particolarmente distinta, con il dire o con l’agire, nell’eroica virtù della parresia. Nel 1983, un anno prima di morire, il filosofo francese Michel Foucault tenne all’ Università di Berkeley, in California, un corso intorno alla problematizzazione della parresia, una virtù comparsa nel quinto secolo avanti Cristo, di cui mille anni dopo si persero le tracce. Foucault non studiava la storia delle idee, bensì la loro influenza ed evoluzione nelle società, con i relativi riflessi sui costumi pubblici e privati. Prima della parresia, Foucault aveva trattato della problematizzazione della follia, della giustizia, del sapere e del sesso.

Le sue ultime lezioni sulla parresia, che grande risonanza ebbero in America ed in Europa, furono raccolte nel volume Discorso e verità nella Grecia antica, curato nella traduzione italiana da Remo Bodei, con una prefazione assai pregevole. Come ben espone in una sua relazione Tommaso Ceddia, presidente dell’associazione Devoti di Sant’Agnese, parresia è un termine derivante dal greco che letteralmente significa “dire la verità”. Comparsa per la prima volta con Euripide, con Socrate parresia perse il significato di pratica personale finalizzata all’utile privato, tipica dei sofisti, per esprimere invece l’attitudine critica e dialettica volta a conquistare e diffondere la verità, con schiettezza e coraggio, nelle comunità. Risolvendo due questioni di fondo: da un lato la capacità di riconoscerla, compito questo riservato alla logica, alla scienza ed alla religione; dall’altro il problema del diritto-dovere di dire la verità. Ma chi di tale diritto-dovere è depositario? Quali conseguenze può avere su morale, politica e potere? Quale rilevanza possono assumere nelle società i parresiasti, cioè coloro che hanno il coraggio di dire la verità e di viverla, con franchezza ed autorevolezza?

Foucault non ebbe dubbi nel riconoscere in Socrate il primo parresiasta, definendo il principio di ciò che oggi chiamiamo “critica”. Successivamente Platone riferì la parresia al consigliere del monarca, mentre Aristotele n’ebbe timore, giacché pensava che nelle democrazie la libertà di parola dei parresiasti avrebbe potuto essere motivo di disordini. Diogene la praticò in maniera radicale sfidando il potere, Seneca ne insegnò i criteri morali.

Infine il Cristianesimo, con la verità affermata fino al martirio, la coltivò nell’amore verso il prossimo e nell’edificazione dello spirito. Il cardinal Martini, anni fa a Milano, ne segnalò la necessità contro l’accidia pubblica, mentre il cardinale Ratzinger ne raccomandò la pratica, in occasione della presentazione dell’enciclica Scienza e Fede di Giovanni Paolo II. Sempre, ma particolarmente nel difficile tempo che viviamo, v’è bisogno di persone che sappiano dire la verità, con coraggio e sincerità, sapendola testimoniare con l’esempio della propria vita.

La Maldicenza aquilana della tradizione agnesina, se non ha l’ambizione d’incarnare la parresia nella compiutezza degli aspetti filosofici, ha tuttavia sempre cercato d’assumere una funzione civile e comunitaria. Parlar chiaro davanti a tutti per attestate un bene comune, o difenderlo con forza, senza calcoli di convenienza o interesse personale, è dunque qualcosa che confina molto con la parresia. Dire la verità con libertà, non mentire, non adattare le proprie convinzioni all’occorrenza, ma esprimerle con coraggio e dignità.




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