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IL DIPLOMA DI CORRADO IV PER LA DIFESA DEL REGNO

Mappa della città
Dal Diploma di fondazione


Al fine di salvaguardare la pace e la sicurezza del Regno, «abbiamo provveduto che, ai confini del nostro Regno di Sicilia e soprattutto dalla parte dell'Abruzzo, da cui, come fossero aperti a tutti, fu spesso lecito ai nemici entrare ed aggredire i beni del nostro territorio sì che talora la mano dei predoni ne violò persino le zone interne, fosse in quelle parti costituito un nuovo insediamento di nostri fedeli, in modo che ai traditori e ai ribelli che periodicamente offendono con atti dannosi, venga precluso l'accesso e venga salvaguardata la tranquillità e la pace stabile a coloro la cui vita e sicureza dipendono dalla nostra maestà.

Volendo dunque ivi intervenire con rimedi salutari, (...) abbiamo di recente stabilito con provvida deliberazione che nella località chiamata Aquila, tra Forcona e Amiterno, dai castelli e dalle terre circostanti (...) sia costruita una città unitaria che, dal nome dello stesso luogo e sotto gli auspici delle nostre insegne vincitrici, decretiamo abbia il nome di Aquila (...).

Stabiliamo che la città stessa sia compresa entro i seguenti confini, e cioè da Orno Putrido ecc. fino a tutto Amiterno, assegnando al territorio e al distretto della stessa città e all'ambito dell'Università tutti i colli adiacenti che vanno sotto il nome di Aquila e tutte le terre che si trovano intorno, eccetto quelle che al presente sono riconosciute in possesso dei nostri diletti fedeli (...).

Per l'abbellimento e lo sviluppo della città stessa concediamo che essa, secondo la propria conformazione, possa munirsi per la sua difesa di una cerchia di mura e che sin d'ora, all'interno, sia abbellita dalla costruzione di case che tuttavia non superino l'altezza di cinque canne. In essa si svolgano mercati generali due volte all'anno per venti giorni dove e per quanto tempo piaccia e si possa tenere liberamente tre volte a settimana un mercato particolare, dove i cittadini, insieme e singolarmente, da qualsivoglia parte, con le proprie mercanzie e cose, vengano, si intrattengano e ritornino alle loro case sotto la protezione del nostro nome e della nostra autorità (...).

Se qualcuno invero, con atto temerario, ardirà andar contro questo nostro ordine, oltre alla indignazione della nostra maestà nella quale incorrerà, pagherà cento libbre di oro puro al nostro fisco, la metà alla nostra curia e l'altra metà da versare a chi ha subito l'offesa.




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