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Il giornalismo locale

Intervista ad Angelo De Nicola per "Dicono di noi"
di Luca Muzi




Angelo De Nicola è dal 1996 caposervizio della redazione aquilana del Messaggero, giornale con cui ha iniziato a collaborare nel 1980 all'età di 15 anni.

Domanda: Qual è il ruolo del giornalismo locale? Come si differenzia da quello di portata nazionale?
Risposta: «Spesso i giornalisti locali sono considerati di serie B, mentre io la ritengo una specializzazione. Il giornalismo locale può essere considerato come l'ultimo avamposto del giornalismo dove ancora c'è il contatto col fatto e con il lettore. Chi ci legge molte volte è anche testimone dell'evento raccontato e sa benissimo se ciò che diciamo è vero oppure no. Questa vicinanza dei fatti che raccontiamo col lettore ci da una grande responsabilità, non possiamo sbagliare, pena la perdita di fiducia da parte di chi compra il nostro giornale. Questa è la prima grande differenza con i quotidiani nazionali che non hanno questo tipo di contatto diretto col pubblico. In secondo luogo il giornalismo locale ti permette di andare ancora a caccia della notizia il che è una garanzia di varietà e di libertà. I media nazionali hanno le loro fonti nelle agenzie d’informazione, cosa che porta inevitabilmente ad un’omologazione, mentre noi abbiamo la possibilità di trovare le notizie sul terreno, l'agenzia è l'ultima fonte che andiamo a controllare. Infatti, se si raffrontano le diverse testate con cronaca locale, si noterà che c'è una grossa variazione tra l'una e l'altra. Diverso è il caso dell'informazione televisiva, dato l'elevato costo delle strutture si concentrano le energie esclusivamente sulla realizzazione del servizio, la ricerca della notizia in questi casi è lasciata alle agenzie. È chiaro che qui l'omologazione è maggiore. In ultimo c'è da dire che essere un giornalista locale ti permette di poterti occupare di molti argomenti, cosa che non accade nei quotidiani nazionali dove si rischia di occuparsi per tutta la durata della propria carriera di un solo settore, tipo lo sport, senza avere la possibilità di poter trattare altri argomenti.

D.: Non potrebbe essere un rischio questa mancata specializzazione? Si potrebbe obiettare che sapendo di tutto un po’ non si è poi in grado di affrontare nessun tema nello specifico.
R.: È vero, il rischio c'è. Dall'altro lato però si corre il rischio opposto se si sa molto di un argomento si rischia di non saperlo raccontare a tutti, che invece è il nostro obiettivo. Credo che meno si sa di un fatto più è facile raccontarlo in un modo che sia comprensibile al lettore comune e che, nel frattempo, non risulti banale a chi invece conosce l'argomento. Il nostro obiettivo deve essere sempre quello di rendere l'informazione accessibile a tutti.

D.: È vero che c'è vicinanza con la gente, ma ce n’è altrettanta con i poteri forti della città. In che modo si fa sentire questa prossimità?
R.: Questo è un tema molto particolare e quello che posso dire si basa sulla mia esperienza diretta. Mi si creda o no ma non ho mai ricevuto delle pressioni, neanche in campagna elettorale. Cito un solo caso di un politico che cercò velatamente di ottenere i nostri favori vantando una vicinanza col nostro editore. Posso assicurarti, però, che non gli fu dato assolutamente ascolto anzi ottenne l'effetto contrario di irrigidirmi nei suoi confronti. Non ci furono comunque neanche pressioni da parte dell'editore. Questo è stato l'unico caso che mi è capitato. In tutto questo rientra il discorso sull'obiettività, che rappresenta più che altro una chimera. l'obiettività non esiste e chi la sbandiera ai quattro venti, spesso, è il primo a non esserlo. Il giornalista è un uomo con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue simpatie ed antipatie, ed è chiamato a fare da filtro tra il fatto ed il lettore. Quello che è importante, a mio parere, non è tanto l'obiettività quanto la buona fede di chi scrive, questa è al centro della deontologia professionale.

D.: Cambiamo argomento. Quali sono, invece, i criteri con cui si fa la scelta delle notizie?
R.: «Quello che conta più di tutti è il servizio al cittadino. Certamente vanno date le notizie che si ritiene la gente voglia sapere, ma prima di tutte vanno date quelle notizie che sono utili per il cittadino. Come ad esempio l'aumento dell'Ici. Tra le notizie d’interesse, invece, quelle che trovano più spazio sono di cronaca nera. Queste, infatti, per una credenza che c'è da sempre nel giornalismo, sono ritenute trasversali, sono quelle cha hanno il più ampio spettro di pubblico. Poi vengono quei temi che sono particolarmente cari alla popolazione, ad esempio la rivalità nutrita dagli aquilani nei confronti dei pescaresi per quanto riguarda il capoluogo di regione.

D.: Un altro tema che continua ad essere all'ordine del giorno è quello della crisi economica che sta attraversando la città. Come vi siete rapportati a questo fenomeno?
R.: «È stato costituito un pool che si occupa della questione, in più abbiamo provveduto a completare l'informazione attraverso delle interviste ad esperti. Sono anche stati dati degli spazi per degli interventi sul tema che ritenevamo interessanti dal punto di vista dell'analisi e dell'informazione. Abbiamo cercato e stiamo cercando di seguire al meglio questo problema che interseca tutti e che è stato caratterizzato da un forte attrito sociale. Nell'analisi del fenomeno non abbiamo potuto trascurare la sua storia, è chiaro che ci sono delle responsabilità che hanno portato alla situazione attuale. Certamente ora il danno è fatto, ma abbiamo ritenuto che parlarne fosse utile, almeno nella speranza che la classe politica in futuro non ricommetta gli stessi errori. Sicuramente oggi il lavoro a l'Aquila è il problema principale. E noi dobbiamo informare sia sul lavoro che si perde sia su quello che si crea. Se diamo la notizia di nuovi posti di lavoro i lettori aumentano e questo proprio perché la questione lavoro è molto sentita.

D.: Ritornando alla cronaca nera, è da poco uscito un tuo libro intitolato "Presunto Innocente" e dedicato al delitto di Balsorano. Cosa l'ha spinta a pubblicarlo?
R.: «Il fatto è che dall'uccisione a Balsorano della piccola Cristina Capoccitti, era il 1990, fino alla morte, avvenuta quest’anno, di Michele Perruzza, condannato colpevole dell'omicidio, mi sono sempre occupato io del caso. Il libro è la raccolta di tutti gli articoli che ho scritto dal giorno dell'uccisione della bambina fino alla morte del presunto colpevole. Dico "presunto" perché è vero che è stato condannato ma è anche vero che Perruzza fino in punto di morte si è dichiarato innocente. Questi articoli io li considero delle foto che fermano nel tempo le varie fasi dell'evoluzione del caso. È una storia che mi ha colpito molto. Al momento della sua uccisione Cristina aveva sette anni, l'età che adesso ha mia figlia, è evidente che come padre mi sono sentito coinvolto. Inoltre le due famiglie dei Perruzza e dei Capoccitti sono state entrambe lacerate da questo tragico avvenimento, per cui al dramma della morte si unisce il dramma della rovina di due famiglie. Di fronte a tutto questo, ripercorrere tutta la vicenda è stata per me una sorta di catarsi, una purificazione che consideravo necessaria.

D.: Un ultima domanda: ritornando al giornalismo locale come vede il suo futuro?
R.: «Prima ho parlato d’ultimo avamposto del giornalismo. Almeno di quel giornalismo ancora attaccato ai fatti e strettamente legato al proprio pubblico. Ora bisogna capire se questo è dovuto ad una lentezza maggiore nell'evoluzione rispetto ai media nazionali, oppure a delle qualità intrinseche dell'informazione locale che per forza di cose è maggiormente legata al territorio. Certo le prospettive occupazionali, almeno nella carta stampata, non sono molte. l'ultimo ad essere stato assunto in una testata Abruzzese sono stato io nel 1989. In più c'è da dire che l'Aquila è l'unico capoluogo di regione in Italia a non avere un quotidiano locale. Penso sia necessario che avvenga un rinnovamento perché la classe dei giornalisti sta invecchiando. Questa ha un modo di concepire il giornalismo ancora vecchio stile, mentre il mestiere sta cambiando soprattutto per l'avvento di Internet. Ed è proprio la rete a rappresentare la sfida, sarà interessante vedere in che modo le nuove tecnologie si inseriranno nel contesto del giornalismo locale.




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