LogoLogo

CIAMPI, IL RITORNO SUL SENTIERO DELLA LIBERTA'



Segui Angelo De Nicola su Facebook


L'AQUILA - "Preferisco tenere in tasca il discorso ufficiale e parlare con il cuore". Il presidente della Repubblica sorprese tutti quando, nella sua visita ufficiale in Abruzzo del 23 settembre '99, dopo aver allungato uno sguardo alla magnifica tela "Bestie da soma" del Patini che campeggia nella sala della Prefettura dell'Aquila, parlò a braccio. Quelle aspre montagne disegnate dal Maestro ed i volti trasfigurati alla fatica delle "bestie" avevano, in un attimo, fatto salire le "pulsazioni ed i palpiti" al presidente Ciampi. Il cuore, appunto. Quello che spesso, come lui stesso ha confessato, gli è arrivato fino in gola nella sua continue visite in Abruzzo: quella di stamane è già la seconda ufficiale da Capo dello Stato proprio in coincidenza col secondo anniversario del suo giuramento al Quirinale. Come se, venire da queste parti, fosse per Ciampi una liberazione, una seconda Liberazione.

A Taranta Peligna, dove stamane atterrerà comodamente in elicottero, Ciampi arrivò stremato, il 27 marzo di 57 anni fa, dopo una marcia forzata di tre giorni sui monti della Maiella sotto una tormenta di neve che "fece sparire, come inghiottiti dal vento, alcuni di noi". Il giovane sottotenente Ciampi, guidato con altri partigiani (tra i quali Carlo Autiero e suo fratello, leader locali della Resistenza) da due umili pastori, era arrivato nella "terra di nessuno", quella cioè che divideva le forze Alleate da quelle tedesche, seguendo il "Freedom trail", il sentiero della Libertà. Proveniva da Scanno dove aveva trascorso un durissimo inverno. Una stagione nella quale, però, "maturò la mia formazione politica grazie alle lunghe discussioni notturne con il professore Guido Calogero", già allora una delle guide del Partito d'Azione. Lo spaesato sottotenente, infatti, scappato all'indomani dell'8 settembre da una Roma in mano ai nazisti, raggiunge rocambolescamente Scanno (il treno tedesco per Pescara rallentò ad Anversa) insieme con l'ufficiale Pasquale Quaglione che qui aveva una casa. E qui Ciampi, con sua grande sorpresa, trova Calogero che era stato suo docente alla Normale di Pisa, filosofo scomodo che il regime fascista aveva confinato in Abruzzo. Ma anche a Scanno arrivano le "Ss". Ciampi ed altri, nella notte del 23 marzo 1944, decidono di ricongiungersi con gli Alleati "sognando -come il sottetenente annotò in un diario- un Paese finalmente libero, nè antifascista nè comunista".

Così lascia Scanno. Quando vi sarebbe tornato, prima in visita privata e poi, nell'agosto del '96 da ministro, per inaugurare la nuova seggiovia della stazione sciistica gestita da una società alla cui presidenza c'era allora il suo amico Quaglione (magistrato di Cassazione) il cuore arrivò in gola. Non tanto per la cittadinanza onoraria (un'altra in Abruzzo gli verrà concessa da Rocca di Mezzo dove ha da tempo una casa per le vacanze), quanto per l'incontro con chi lo aveva accolto in casa come un figlio. "Come dobbiamo chiamarla, ora?" gli chiese Maria Concetta Puglielli, la donna ormai anziana che l'ospitò. "Maria, devi chiamarmi Carlo, ci mancherebbe!" rispose lui col groppo alla gola. Nella "terra di nessuno", il drappello si imbatte in una pattuglia di "Gurka", mercenari indiani al servizio degli Alleati. Ciampi ha alcuni visti tedeschi sul passaporto (nel '40 era stato a Lipsia a studiare) ed una cassetta di pronto soccorso marchiata Wehrmacht procurata chissà dove.

"Suspected": lo sospettano di essere una spia dei tedeschi. Lo interrogano ininterrottamente sperando che cada in contraddizione. Una persona fidata, che a Sulmona nasconde degli inglesi, testimonia a favore di Ciampi: è Roberto Cicerone alla cui famiglia Ciampi stamane farà personalmente visita per consegnare una medaglia d'argento. Ma soprattutto, il sottotenente ha un asso nella manica, anzi nel calzino sotto il parastinchi della divisa. È un manoscritto sul liberal-socialismo che il professore Calogero gli aveva affidato: "Quando sarai a Bari, consegnalo all'editore Laterza". L'ufficiale degli Alleati lo lesse. "Mi offrì un sigaro e solo allora capii che finalmente ero stato creduto. Ci abbracciamo di cuore". Bari. Il Dopoguerra. L'approdo ai vertici della Banca d'Italia. Quindi superministro dell'economia che ha portato l'Italia nell'Euro. Oggi Capo dello Stato. Sugli aspri monti abruzzesi, in quegli difficili anni, "come creta che a poco a poco si va plasmando", l'ufficialetto è diventato il presidente degli italiani. E qui, in Abruzzo, il suo cuore batte forte forte.

Angelo De Nicola