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Viva Celestino

da ”Senzatitolo” n.12 Giugno 2008

di ANGELO DE NICOLA



Quando, nel maggio del 2005, Joseph Ratzinger salì al Soglio di Pietro sull'onda emotiva della morte dell'amatissimo Giovanni Paolo II, Francesco De Gregori fece una clamorosa dichiarazione. A "Repubblica", in particolare, il cantautore noto anche per non aver mai avuto peli sulla lingua, disse, non nascondendo la delusione, "di aver fortissimamente sperato che il cardinale tedesco avesse potuto prendere il nome di Celestino VI invece di Benedetto XVI". In pochi ci fecero caso e, tra quei pochi, in molti bollarono la dichiarazione soltanto come "consigli per gli acquisti" in quanto De Gregori aveva da poco lanciato il suo nuovo album ("Pezzi") il cui singolo di punta si intitolava "Vai in Africa Celestino". Una bellissima canzone dal testo intrigante ("Ognuno è vittima ed assassino/Gira i tacchi e vai in Africa, Celestino!" dice la strofa più ficcante) ma soprattutto dal pregnante significato "politico" che è, poi, ritornato a galla al momento delle primarie per la scelta del segretario del Partito democratico e, ancor più di recente, per le elezioni politiche. De Gregori, infatti, ce l'aveva con il suo amico-nemico Walter Veltroni all'indomani delle dichiarazioni che l'allora sindaco di Roma aveva ribadito in Tv a Fabio Fazio (già nell'ottobre del 2002, in un'intervista al Giornale, Veltroni confidò di avere "in testa e nel cuore" la voglia di "andare in Africa a svolgere un ruolo sociale") e cioè che, finito il mandato di primo cittadino della Capitale, si sarebbe ritirato in Africa a fare il missionario. Perciò il cantautore, paragonando Veltroni a Papa Celestino V ("il gran rifiuto" dalla politica), fa l'esplicito riferimento nel titolo e nel testo all'andare in Africa.

La questione ha attirato non poche critiche a Veltroni, accusato anche di aver fatto lui una dichiarazione da "consigli per gli acquisti" per promuovere cioè il suo libro "Forse Dio è malato". Una questione che, visto l'"accoltellamento" di De Gregori, ha avviato la polemica sulla collocazione (pro o contro "Valter-ego", odiato-amato gigione della politica culturale italiana) dei più importanti cantanti italiani cavalcata, in particolare, dal Corriere della Sera. E, nell'ultima campagna elettorale per le Politiche, è nato anche un apposto blog (http://www.firmiamo.it/ilfurbacchione) dagli emblematici titolo e sottotitolo: "Mandiamolo in Africa (Ps: ci scusiamo fin d'ora con la popolazione africana per quanto Veltroni non farà per lei!)".

Politica a parte, De Gregori non aveva dato alla sua speranza ("Celestino VI") un significato del tutto negativo. Tutt'altro. Imbattendosi, gioco forza per "il gran rifiuto", nella ciclopica figura dell'Eremita del Morrone, il cantautore ne era rimasto affascinato (come testimonia, in particolare, una sua intervista sul "Venerdì") tanto da auspicare che Ratzinger ne riprendesse il fatidico nome. De Gregori, con ogni probabilità, non aveva considerato la portata dirompente di una simile speranza, seppure suggerita da scopi commerciali cui evidentemente non sono insensibili nemmeno i cantautori dichiaratamente di sinistra. Che cioè un Papa, dopo 714 anni, tornasse a prendere quel nome: Celestino. Un punto questo che, come tutte le questioni che riguardano la più complessa "Queastio celestiniana", viene costantemente snobbato dalla Chiesa. Celestino V, si sa, con le sue dimissioni ha imbarazzato, imbarazza tutt'oggi e imbarazzerà la Chiesa. Per questo la Perdonanza (pur un "Giubileo ante-litteram") non decollerà mai, in senso religioso, e l'Osservatore Romano continuerà a confinarla (quando non ad ignorarla del tutto) tra le brevi dell'ultima pagina.

A dar corpo alla speranza degregoriana, ci ha pensato Adriana Zarri. Riprendendo, almeno nell'intuizione, un'opera ("Lettere agli uomini di papa Celestino VI"), di Giovanni Papini (per alcuni "il più grande scrittore italiano del Novecento, insabbiato dai comunisti") che per primo ha avanzato l'ipotesi di un Pontefice che riprendesse quel nome "maledetto" dopo quelle "benedette" dimissioni, la scrittrice- teologa che collabora anche con il "Manifesto", ha dato alle stampe il romanzo "Vita e morte senza miracoli di Celestino VI" (Diabasis editore). Celestino VI, appunto. Il romanzo è la storia di un conclave dei nostri giorni, come tutti i conclavi (e come lo fu quello che poi espresse Pietro dal Morrone) aspro e combattuto. E così, come accadde a Perugia in quel 1294, quando dopo due anni di empasse per lo scontro tra le famiglie degli Orsini e dei Colonna venne eletto un eremita in odore di santità, la Zarri immagina che uno dei cardinali elettori, d'improvviso, propone di eleggere un piccolo parroco di provincia ma dall'animo grande. E il miracolo dello Spirito Santo accade, come per l'Eremita del Morrone.

Per questo, per questa analogia, l'eletto assume il nome di Celestino VI, in memoria di quel Celestino che voleva restaurare la Chiesa "spirituale" su quella Chiesa "carnalis" che, in quella fine secolo del 1200, stava minando alle basi la cristianità.

Il racconto della Zarri esplora il terreno delle innovazioni, delle decisioni rischiose, delle difficoltà e delle lotte che l'elezione di un "Papa povero" ("L'avventura di un povero cristiano"...) e non convenzionale inevitabilmente aprirebbe. Ma si capisce che Celestino VI è il "suo" Papa, il Papa come lei lo vorrebbe, compreso il gatto che, guarda caso, nel racconto non si chiama "Chico" come l'amatissimo micio di Papa Ratzinger, ma "Lutero".

Anche questo parroco diventato Papa sarà tentato dal "gran rifiuto", il ritorno cioè alla pace della sua parrocchia, come il fraticello "sognava" i suoi eremi della Maiella; il romanzo, su questo punto nodale, apre e svolge due possibilità: la rinuncia, appunto, oppure l'accettazione dell'arduo cammino cui il protagonista è stato chiamato.

Le pagine più belle del libro sono quelle in cui la Zarri, con tenerezza e commozione, racconta l'animo travagliato del suo personaggio e, per suo tramite, invita alla riflessione sul bisogno disperato di conversione della Chiesa dei nostri giorni. Celestino, il Quinto, vive. Viva Celestino.
Angelo De Nicola