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La Missione di Celestino - Capitolo 20

Un romanzo di Angelo De Nicola

La missione di Celestino


Alla luce delle indicazioni date dal signor Giacomo e dall’intero Comitato di sicurezza, che s’era più e più volte riunito, era stato stravolto il corteo storico, uno dei momenti più attesi della Perdonanza. Innanzitutto, era stato sfoltito. E di parecchio. La richiesta di stringere i tempi era stata fatta, e sostanzialmente imposta, per esigenze televisive. Le Produzioni delle varie emittenti, concordemente, avevano fatto notare che il momento clou della manifestazione, vista la presenza eccezionale del Papa, era l’apertura della Porta Santa. Che, perciò, andava anticipata dalle 18 alle 17, anche per le esigenze di fuso orario. Inutile, quindi, rischiare di allungare i tempi.
I vari registi e produttori di emittenti di ogni parte del mondo avrebbero volentieri cancellato le riprese del corteo che molti chiesero di eliminare del tutto. Ma il sovrintendente, in uno scatto d’orgoglio, aveva fatto notare che, per tradizione, la Bolla era sempre stata portata in corteo dalla sua secolare sede, il Municipio, fino a Collemaggio e che, non a caso, lo stesso pontefice aveva chiesto di poterla “scortare”, sia pure nell’ultimo tratto. Non ci sarebbe stata, dunque, giustificazione se fosse stato eliminato questo passaggio Municipio-Collemaggio dall’enorme valenza simbolica vista l’unicità della circostanza che una municipalità custodisse un atto papale. Dunque, nessuna ragione, foss’anche per “superiori” esigenze televisive planetarie, avrebbe giustificato la soppressione del corteo.
A malincuore per gli inevitabili tagli, soprattutto delle delegazioni comunali dell’intero circondario, tutte cortesemente invitate a rinunciare alla sfilata con gonfalone e picchetto d’onore come avevano fatto negli anni passati, il sovrintendente rimodulò il corteo rendendolo più veloce e più sobrio. E anche più elegante. I gruppi storici, veri protagonisti della parata, furono ridotti all’essenziale. E qui si pose un’altra rilevante difficoltà. Su proposta del prefetto, accolta da tutto il Comitato di sicurezza con alcune riserve soltanto di sindaco e sovrintendente, fu stabilito di “mascherare” da figuranti, circa settecento, uomini e donne tutti appartenenti alle forze dell’ordine. In particolare la scelta cadde sugli allievi sottufficiali della locale caserma-scuola della Guardia di Finanza. Questo per meglio sorvegliare tutto lo scenario dell’evento, soprattutto quando il corteo sarebbe giunto all’inizio del prato di Collemaggio, punto nel quale (aveva, dunque, vinto la tesi del signor Giacomo) il Papa si sarebbe aggregato dietro la Dama della Bolla scortata dal Giovin signore, per l’ultimo e ancor più suggestivo tratto finale.
La stessa Dama, frustrando le aspettative delle bellezze autoctone tra le quali veniva effettuata per tradizione la selezione, fu scelta attraverso un concorso “volante” tra le allieve marescialle. Al più aitante degli aspiranti sottufficiali venne assegnato il compito di sfilare vestito da Giovin signore. I figuranti-agenti vennero in fretta istruiti sul da farsi, su come interpretare la parte ma soprattutto su chi e cosa tenere sotto strettissimo controllo. Qualcuno fra loro ironizzò sul fatto che non avrebbe mai immaginato di dovere studiar tanto e applicarsi altrettanto, per finire a maneggiare una spada di plastica sotto una finta armatura d’ispirazione medioevale. Alla Dama, che entrava a fatica nel costume antichizzato pesante ben tredici chili, senza il benché minimo tatto venne consigliato di cercare di togliere in fretta i “cuscinetti” di troppo, considerato pure che, in mondovisione, avrebbe avuto l’onore di essere “scortata” da Sua Santità.
Il corteo venne provato e riprovato. Pur nella previsione che l’uscita della sfilata dal Municipio sarebbe stata snobbata da tutti, compresi i fedelissimi di tale tradizionale momento della Perdonanza i quali avrebbero di sicuro preferito recarsi nella zona del prato di Collemaggio, invece di attendere il passaggio della Bolla lungo il consueto percorso nel centro storico. Il clou della sfilata, infatti, sarebbe stato il momento dell’“imbarco” del Papa.
«Sicurezza sì, ma anche il necessario decoro nel rispetto della tradizione» andava ripetendo il sovrintendente.
Tutte le attenzioni del signor Giacomo e del Comitato di sicurezza si concentrarono sugli ultimi centonovantaquattro metri per arrivare al sagrato della basilica. Duecentotrentasette passi, il signor Giacomo li aveva contati e ricontati, sullo splendido manto erboso di Collemaggio prima di arrivare al megapalco allestito ai piedi della facciata.
Sul prato venne effettuato un controllo antimine e, successivamente, furono praticati dei “carotaggi” per valutare la presenza di oggetti indesiderati. L’intera superficie di circa diecimila metri quadrati venne sorvegliata, giorno e notte, da cinquanta agenti: uno per ciascun fazzoletto di terreno venti metri per dieci. Le tribune lungo i due lati ed il palco davanti alla basilica vennero montate da una squadra specializzata dei carabinieri. Ogni tubo da usare venne passato al vaglio di una speciale macchina ai raggi infrarossi. Ogni bullone ispezionato. Ogni pianale vivisezionato. Per un lavoro che si sarebbe potuto completare in una giornata, furono impiegati quasi otto giorni. Non venne tralasciato alcun particolare.
La zona circostante la Porta Santa venne battuta palmo a palmo, e anch’essa sorvegliata notte e giorno da altri trenta agenti. Ogni anfratto, ogni pertugio venne ispezionato, chiuso e sigillato. Ogni persona, sorpresa anche semplicemente a transitare in zona, venne identificata e controllata. Anche alcuni pazienti dell’ex Psichiatrico, per consuetudine rimasti a girovagare in quello che era stato per anni il loro unico, piccolo mondo, vennero controllati non senza qualche momento di involontaria comicità. Ma nessuno s’azzardò a ridere. C’era in ballo la sicurezza del Papa e l’onore delle Forze dell’Ordine nonché della municipalità.
Per le postazioni delle emittenti televisive venne stilata una sorta di classifica di importanza. Le ultime della graduatoria, per via della carenza di spazi, furono depennate tra vivaci proteste. L’emittente locale che per anni, tra mille sacrifici e salti mortali, aveva trasmesso in diretta per l’intera regione il corteo e l’apertura della Porta Santa, fu la prima ad essere cassata. Toccò ad un imbarazzatissimo sovrintendente dar ragione di quel provvedimento e prendersi una selva di improperi. Le postazioni migliori vennero concesse alle telecamere della Cnn: in tutto dodici punti di osservazione con altrettante impalcature, blindate e sorvegliate. Un evidente favoritismo imposto anche dal fatto che in regia, a controllare contemporaneamente i dodici monitor degli altrettanti occhi elettronici, ci sarebbero stati anche gli specialisti della Sicurezza. Quindi vennero autorizzate le sei telecamere di Al Jazeera cui fu, però, concesso di poterle montare solo un’ora prima del passaggio del Corteo. Sul punto la Sicurezza accampò delle scusanti che, però, non convinsero la Produzione dell’emittente araba del fatto che i suoi dipendenti non fossero stati sospettati di essere possibili spie.
La città fu cinta d’assedio. Molte pattuglie furono assegnate al controllo dei pellegrini e dei turisti in arrivo negli alberghi, pensioni e “bed and breakfast”, autorizzati o improvvisati per l’occasione, presenti su tutto il territorio del circondario. Venne predisposto un servizio di deviazione del traffico, in modo che tutti i principali ingressi cittadini fossero controllabili. Si ordinò alla Società Autostrade di chiudere, dal giorno precedente l’evento, uno dei due caselli ricadenti nel perimetro urbano, al fine di poter convogliare il flusso su un unico ceck-point. I due caselli autostradali, a est e a ovest, sarebbero rimasti aperti, nella giornata del 28 agosto, soltanto per chi fosse già in possesso del “pass” di accredito alla manifestazione, ottenuto attraverso le associazioni interessate all’evento, o l’avesse ricevuto a seguito della prenotazione di un posto-letto già passata al vaglio dei controlli.
Tremila, in totale, gli uomini e le donne delle forze dell’ordine impegnati, gran parte dei quali sistemati in una tendopoli allestita dalla Protezione civile e gestita con l’ausilio degli alpini in congedo nel campo sportivo della caserma-scuola della Guardia di Finanza.


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