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La Missione di Celestino - Capitolo 18

Un romanzo di Angelo De Nicola

La missione di Celestino


«Entrando le ho fatto prendere una piccola guida della basilica- riprese il discorso il sovrintendente-. La sfogli. E trovi l’affresco raffigurante una crocifissione».
«Chissà perché lei è uno dei pochi che riesce a darmi ordini. Obbedisco. Eccolo: “Crocifissione con Madonna, San Giovanni e un piccolo San Giuliano”...».
«No, non quella. Ce n’è un’altra. La trovi».
«Subito, mio signore. Solo un attimo... Eccola: “San Pietro Celestino depone le insegne del potere temporale papale, dinanzi ad una croce di spine e a San Michele Arcangelo che schiaccia il drago”».
«È questo l’affresco che ci interessa. L’opuscolo dice, di sicuro, anche dove è situato».
«Infatti. Dice “dietro il Coro”...».
«Allora, andiamo dietro il Coro».
«Andiamo».
«Aspetti, abbiamo prima da superare l’altare. Ecco il Coro».
«Non vedo affreschi ma solo dipinti, lì in alto».
«Appunto».
«Non capisco. Qui non ci sono affreschi. Allora è sbagliata la guida? C’è in questo errore un mistero che dovrei intuire?».
«Anch’io non capivo. Un giorno mi raccontarono di un affresco che avrei dovuto assolutamente visionare all’interno della basilica di Collemaggio perché riguardante la storia-leggenda del chiodo di Celestino V che mi ha sempre affascinato. Arrivai qui, in questo stesso punto, proprio dove ora siamo noi due. Dopo aver consultato lo stesso, identico, opuscolo che lei ha appena letto, chiesi anche informazioni ad un addetto. Che mi indicò subito l’affresco raffigurante l’altra crocifissione, quella che anche lei ha trovato subito nell’opuscolo e che è situata poco prima del mausoleo di Celestino, dunque nella navata di destra. Ma a me avevano detto “dietro il Coro...” come confermava, d’altra parte, la didascalia della guida. Ma dove? Stetti a rifletterci un bel po’. Pensai che si trattasse della solita leggenda metropolitana. Stavo lì lì per rinunciare. Poi capii...».
«Capì cosa?».
«Guardi qui! Il Coro ha due specie di porte, una nella parte sinistra ed una in quella destra. Mi accorsi che quest’ultima aveva una serratura. Provai a spingere. Niente. Chiusa. Provai, allora, dal lato opposto. Ecco, vede: basta spingere. Tra la struttura in legno ed il muro c’è un’intercapedine. Una persona ci passa appena. Venga dietro di me: attento a non sporcarsi strisciando lungo il muro. Eccolo l’affresco: in una lunetta, proprio in corrispondenza del centro dell’abside».
«Una cosa così bella e così nascosta...».
«Misteri di Celestino... In pochi lo sanno».
«Bello! Ha un qualcosa di magico...».
«Magico, come quasi tutto quello che riguarda questo Papa. Ma veniamo a noi. Cosa nota di strano?».
«Ricomincia a giocare con me? Mi pare che abbiamo fin troppi guai».
«La prego, si concentri sull’affresco».
«Non noto nulla se non che emana un fascino particolare: questo Celestino V che abbandona le preziose vesti papali, oltretutto mettendole sotto i piedi, per indossare il saio... Un momento. Ha in mano un libro... Sembra un codice... Il Codice celestiniano... Allora c’è un messaggio? Dov’è il messaggio? Dov’è?».
«Il Codice non c’entra, almeno con quello che voglio evidenziarle. Si concentri, invece, sulla croce».
«È vuota».
«Eppoi?».
«Cristo! Manca un chiodo. A destra c’è un chiodo. Ai piedi c’è un chiodo. A sinistra, invece, il chiodo non c’è. E quest’altra figura, che santo è?, sembra quasi indicare, con il dito alzato, l’assenza. Incredibile!».
«E’ San Michele Arcangelo che schiaccia il drago, cioè il Male, con la lancia, tenendolo sotto i piedi come Celestino V tiene sotto i piedi, schiacciandole, le vesti papali delle quali si spoglia per tornare al suo umile saio».
«E’ vero! Un’evidente simbologia, un evidente parallelismo tra il Male e le vesti papali...».
«Non solo. L’autore dell’affresco ha scelto proprio San Michele Arcangelo».
«Perché, che c’entra ora il santo protettore di noi poliziotti?».
«Facendo degli studi...».
«Su internet?».
«E dove, sennò. Dicevo, facendo degli studi, ho scoperto che esiste un altro cranio di un altro santo con un buco».
«Ma và! E chi è?».
«Sant’Uberto».
«E c’è un collegamento con Celestino?».
«Sicuramente c’è un collegamento con San Michele Arcangelo. Con Celestino non lo so: bisognerebbe approfondire».
«Su, non si faccia pregare: racconti!».
«Secondo la leggenda l’Arcangelo Michele apparve in sogno nel 709 al vescovo di Avranches, Sant’Uberto, chiedendo che gli fosse costruita una chiesa sulla roccia. Il vescovo ignorò tuttavia per due volte la richiesta finché San Michele non gli bruciò il cranio provocandogli un foro, rotondo, con il tocco del suo dito, lasciandolo tuttavia in vita. Il cranio di Sant’Uberto con il foro è conservato nella cattedrale di Avranches».
«Il foro è nella tempia sinistra, come nel caso di Celestino?»
«No. Da quello che ho potuto vedere nell’immagine su internet, il foro, che tondo e non rettangolare come nel caso del nostro Papa, si trova quasi al centro della calotta carica. Non sono riuscito, finora, ad andare a vederlo a Avranches».
«Avranches... Questo nome non mi è nuovo».
«E’ una cittadina che si trova in Francia, nella regione della Bassa Normandia, di fronte all’isolotto roccioso che si chiama ”Mont Saint-Michel” dove venne costruito un santuario in onore di San Michele Arcangelo. Anticamente il monte era circondato da una foresta, abitata da popolazioni celtiche, ma a partire dal III secolo il livello del suolo si abbassò progressivamente e il mare inghiottì lentamente la foresta. Ai piedi di ”Mont Saint-Michel” l’alzarsi e l’abbassarsi della marea crea un effetto davvero suggestivo».
«Il sogno con la richiesta di costruire un santuario in suo onore... Anche Celestino sognò la Vergine che gli ”ordinava” di costruire un tempio in suo onore che poi si concretizzò in questa meravigliosa basilica».
«Bravo! Ma non solo. Celestino V era devotissimo a San Michele Arcangelo e, durante la sua fuga fallita, sostò nel grande santuario, costruito sul Gargano nei pressi della venerata grotta, che è sempre stato il rituale punto di arrivo della transumanza, ovvero della migrazione stagionale delle greggi tra i pascoli in altura dell’Abruzzo a quelli in pianura del Tavoliere delle Puglie. E sa come lo chiamano quel santuario sul Gargano?».
«No che non lo so!».
«Lo chiamano “Celeste basilica”: vi andò anche San Francesco».
«Celeste...che caso!».
«E sa, signor Giacomo, in che giorno si festeggia il suo santo protettore».
«No che non lo so!».
«Proprio il 29 settembre».
«Perché proprio?».
«Il 29 settembre è, come le ho già accennato, il giorno di emanazione della Bolla del Perdono».
«Certo Celestino non scelse una data a caso...».
«Certo che no».
«Incredibile! Quindi il chiodo che manca sulla croce è, con tutta evidenza, un messaggio...».
«Se si avvicina, salendo su questo muretto, scoprirà che il chiodo sembra come cancellato».
«Lei pensa che l’affresco è stato raschiato?».
«No, ho controllato bene: sembra più opera di un restauro».
«Incredibile!».
«Sa a chi è stato attribuito questo affresco?».
«Non ci potrei mai arrivare».
«Se ci pensa, ci arriva».
«Ma va? A Saturnino... come si chiama lui...».
«Questo Cristo che non c’è nella Croce, questo patibolo vuoto, questa Croce guarda caso senza un chiodo, forse proprio quel chiodo che molti cercano da secoli, è di Saturnino Gatti. Un grande artista che avrebbe meritato ben altra fortuna. Pensi che, di recente, quando poteva uscire dal “quasi” anonimato, qualcuno ha persino sbagliato il suo nome nella didascalia della copertina degli elenchi telefonici che ospitava una delle sue opere più famose, la “Madonna in trono con il Bambino”, conservato nel Museo nazionale presso il Forte spagnolo. “Santurino” lo hanno ribattezzato. Che sfortuna!».
«Forse, signor Giacomo, l’essersi occupato di Celestino...».
«Non ci avevo mai pensato: la maledizione, evidentemente, deve aver attanagliato anche me».
«Credo di essermi aggiunto anch’io. Speriamo, almeno, che si fermi a noi due».


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