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La Missione di Celestino - Capitolo 11

Un romanzo di Angelo De Nicola

La missione di Celestino


La facciata del Municipio, a quattro giorni dall’evento ed a poche ore dall’avvio dei festeggiamenti, ancora più solenni per questa edizione papale, era stata addobbata con gli stendardi degli antichi Quarti cittadini. Quattro code di stelle comete multicolori sventolanti dal tetto fino a terra. Un gruppo di persone confabulavano animatamente ai piedi della Torre civica, nei pressi dell’ingresso del Palazzo di città. Col naso all’insù, sembrava stessero prendendo delle misure. E si sbracciavano nel cercare di imporre, ognuno, le proprie ragioni.
«Chi sono?» chiese il signor Giacomo al sovrintendente mentre insieme, varcato il portone del Municipio, salivano le scale per andare nell’ufficio-rifugio.
«Gli sparatori che, stasera, illumineranno la Torre con una “cascata” di fuochi d’artificio nella serata inaugurale della Perdonanza».
«Fuochi d’artificio?».
«Sì, è una delle attrattive più attese dell’evento visto anche che ne segna l’avvio. Il sindaco, usando la Fiaccola della Pace giunta in città dopo essere transitata per tutti i luoghi celestiniani, grazie ad un gioco pirotecnico, accende un Tripode. Il Fuoco del Perdono. Che arderà sulla Torre civica per la durata dell’intera manifestazione».
«Quest’anno eviterei i fuochi d’artificio».
«Che fa, anche lei vuol fare il loro gioco?».
«Ha ragione, sto esagerando. Ciononostante avvertirò gli artificieri. Ogni giorno scopro una novità. Eppure me l’avevano descritta come una grande festa di paese, una sagra in grande».
«E, secondo lei, il Papa viene a una sagra?».
«Ecco, riemerge il permaloso e diventa insopportabile. Per giunta anche malfidato: al suo ufficio manca solo l’allarme. Ben tre mandate alla serratura!».
«Ai miei segreti ci tengo».
«Veniamo a noi. Dunque: “Russe vedremo virus” e “129.42.99”».
«Forza con l’anagramma».
«“Attendere prego”...Perdinci! Il programma dà “zero record”. Che succede?».
«Sembrava troppo facile. Riprovi».
«Il computer è stupido nella sua intelligenza. Riprovare darebbe lo stesso risultato. Ecco, infatti: “zero record”. C’è qualcosa che non va».
«Potrebbe essere in un’altra lingua...».
«Sì, in arabo...».
«E se fosse latino?».
«Sovrintendente, lei è un genio!».
«No, purtroppo i geni sono loro. Forse avevano previsto anche questa mia banale intuizione visto che il Codice è scritto in latino».
«Che fa, mi ruba il mestiere facendo indagini psicologiche? Eccola, ho messo l’opzione con la lingua latina. Questo sito è un portento! Eccola, eccola: sta elaborando. Risultato... Forza... Eccola... Forza...La traduzione è: “Servo dei servi di Dio”...».
«Troppo facile, signor Giacomo: è l’incipit della Bolla celestiniana».
«E il numero, quindi, non può che essere la data di emanazione...».
«Esatto: 1294, il 29 del 9, cioè di settembre. Come abbiamo fatto a non pensarci prima».
«La Bolla...Dove si trova? A Collemaggio?».
«No, è qui in Municipio».
«Un atto papale in un Municipio?».
«Sì, per difenderla. Papa Bonifacio VIII fece carte false per averla e annullarne la portata rivoluzionaria: scrisse lettere, ordinò ai vescovi di impedire con ogni mezzo il pellegrinaggio dei fedeli alla Perdonanza e minacciò di scomunica chi vi avesse partecipato. Ma la municipalità la portò in salvo, conservandola gelosamente nei secoli. Il documento ha avuto varie vicissitudini: in epoca moderna per trent’anni è stato ospitato, non nel migliore dei modi visto che la pergamena subì dei danneggiamenti, nei sotterranei del Forte Spagnolo. Poi, la Bolla è tornata in Municipio, protetta in un forziere ricavato alla base della Torre civica. La pergamena originale è stata restaurata di recente. Prima del restauro, con il corteo storico che si snoda dal Municipio fino a Collemaggio, veniva portata, protetta in più involucri tubolari, dalla Dama scortata dal Giovin signore. Da qualche anno, invece, “sfila” un astuccio vuoto mentre l’originale è conservato sotto vetro».
«Presto, sovrintendente, facciamo presto!».
«Che fretta c’è, troveremo un altro biglietto. Un altro rompicapo che riusciremo a risolvere e che ci farà avanzare in un’altra casella. E noi lì a correre. Poi, da lì in un’altra casella ancora. Ne ho le tasche piene».


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