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La Missione di Celestino - Parte II, Cap. 14

Un romanzo di Angelo De Nicola

La missione di Celestino


«Buono. Ottimo, questo caffè al torrone. Ma, per favore, mi spieghi! Tra due giorni torno a casa: non ho alcuna voglia di sprecare tutte le mie ferie appresso alle sue elucubrazioni!».
«La terzina dantesca in cui è inserita la parola monastero è:
“E tale ha già l’un piè dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fia d’avere avuta possa;”».
«E allora?».
«La parola chiave mi è sembrata “fossa”».
«E allora?».
«Lei non può sapere che a Fossa, piccolo comune a dieci chilometri dalla città, c’è un monastero, Sant’Angelo d’Ocre, col quale avevo subito fatto un collegamento».
«Quale collegamento? Maledizione: mi sta centellinando le informazioni! Vuol farmi impazzire?».
«No, voglio soltanto farle fare il percorso logico che ho fatto io, per trovare eventuali indizi, ma anche riportarla nel clima giusto. Quando lei si arrabbia, tira fuori il meglio del poliziotto che è in lei».
«Ci sta riuscendo: sono arrabbiato nero».
«Allora, le dicevo di Sant’Angelo d’Ocre, oggi convento francescano, ma nel Duecento nato come monastero di suore benedettine, abbarbicato su uno sperone di roccia e geloso custode, tra l’altro, di una magnifica crocifissione opera di Saturnino Gatti...».
«Mi ero dimenticato del nostro pittore sfigato. Sfigato come noi...».
«Il monastero, oggi, è retto da un frate che è un profondo conoscitore di cose celestiniane. Un combattente. Uno scomodo».
«Ecco, dunque, il collegamento...Scomodo come...Celestino V».
«No. Credo sia stata una coincidenza, risultata però poi decisiva. A principio, ho fatto un altro collegamento: l’evangelizzazione».
«Non la seguo».
«Si ricorda di don Paolo Sfarra?».
«Vagamente. Di quale chiesa è parroco?».
«Ma no! Il missionario in Cile...».
«Ah sì... la lapide al Santuario di Roio. Ora ricordo».
«Ebbene, a Fossa nacque San Cesidio Giacomantonio, il notissimo Beato Cesidio, martire dell’Eucarestia, fatto Santo indovini un po’ da quale Papa?».
«Celestino V?».
«Ma no... Che c’entra! Siamo nel Novecento. Lo ha fatto santo Papa Wojtyla».
«Va bene: mi arrendo. Legga la scheda».
«Eccola qui: “Il primo ottobre del 2000 Papa Giovanni Paolo II ha canonizzato un numeroso gruppo di 120 martiri in Cina, vittime delle ricorrenti persecuzioni che si scatenarono contro la cristianità, in quel grande Paese, fino al secolo XX. Di questi c’è un gruppo di 29 martiri, vittime nei primi giorni di luglio dell’anno 1900, dei famigerati boxers, che avevano scatenato una furiosa e sanguinosa persecuzione contro i cristiani e gli europei in generale, provocando in soli cinque mesi e nelle sole province dello Shan-si e Hu-nan, una carneficina di circa ventimila vittime fra vescovi, sacerdoti, religiosi, suore, catechisti e cristiani cinesi”».
«Stringa, per favore. Mica vorrà raccontarmi tutta la via di questo San... come si chiama!».
«Non le farebbe male ascoltarla. Comunque, stringo: “Il 3 luglio 1900, fra’ Cesidio si mosse da Tong-siang per recarsi come al solito alla sede del Vicariato a Hoang-scia-wuan, per incontrare il suo direttore spirituale, padre Quirino, vicario del vescovo Fantosati, assente per motivi pastorali in luoghi più lontani, insieme a padre Gambaro. I fedeli del villaggio e un prete cinese incontrato poi, lo esortavano a non andare, visto le voci allarmanti della persecuzione in atto, ma padre Cesidio pensava che esagerassero, proseguì e raggiunse padre Quirino; ma verso mezzogiorno del 4 luglio cominciarono gli assalti alla Missione, dopo avere bruciato quella Protestante; la residenza principale fu in un attimo invasa dalla folla di facinorosi, seguita da atti vandalici e grida di morte. I due missionari cinesi riuscirono a scappare senza farsi riconoscere, ma padre Cesidio e padre Quirino ebbero solo il tempo di salire al piano superiore e chiudersi in una stanza, mentre fuori si gridava ‘Morte agli Europei!’. Sfondata la porta, la plebaglia si arrestò incredibilmente davanti ai due missionari, i quali approfittarono di questo sbandamento per passare in mezzo a loro e scendere le scale, ma giunti nel cortile la folla urlante li bloccò e mentre padre Quirino dopo essere stramazzato sotto le botte degli scalmanati, veniva tratto in salvo da alcuni cristiani intervenuti e portato lontano a quindici chilometri da lì. Non fu così per padre Cesidio, il quale vedendo che non poteva scappare, rientrò in casa e tentò di salvarsi per una porta secondaria, ma che purtroppo trovò chiusa; una testimonianza di una cinese cristiana, dice che il missionario temendo che l’Eucaristia venisse profanata, andò in Cappella a consumare le ostie consacrate e poi la plebaglia forsennata lo aggredì mortalmente a colpi di lancia e di bastoni e mentre agonizzante, respirava ancora, fu avvolto in un panno imbevuto di petrolio e dato alle fiamme”».
«Un altro missionario... Poteva essere una buona pista».
«Ovviamente mi sono precipitato a Sant’Angelo d’Ocre. Lì, parlando con il frate, ho capito. Lui mi ha accolto benevolmente, nonostante tra noi due non corresse buon sangue per via di alcune polemiche nate in un’edizione della Perdonanza...».
«Certo che lei è sempre in mezzo alle polemiche...».
«Destino... Fatto sta che il frate mi ha persino invitato a pranzo nel convento. Ha cucinato degli spaghetti da leccarsi i baffi e delle ottime salsicce. In quella pace, poi. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata passeggiando nel chiostro. ”Se vuoi avere notizie della maschera scomparsa, non chiederle a me” mi ha detto subito».
«Qualche sospetto su di lui?».
«Nient’affatto. Chi fa, si attira addosso sempre critiche e, spesso, anche calunnie».
«Dunque, come ha capito?».
«Per caso».
«Cioè?».
«Ad un certo punto il frate mi ha detto che gli dispiaceva ma dovevamo lasciarci. Doveva infatti recarsi in città a dire messa nel monastero di...».
«Non ci posso credere...».
«Mi faccia finire. “Vado a dire messa alle suore di San Basilio, ultimo, dimenticato avamposto celestiniano”: così mi ha detto il frate. Devo essere diventato rosso, mentre inventavo una scusa per andarmene il più in fretta possibile. Mi aveva offerto su un piatto d’argento la soluzione al nostro enigma».
«Si spieghi: quale soluzione?».
«Il monastero. Il monastero che andavamo cercando è quello di clausura di San Basilio».
«Perché?».
«Perché gliel’ho detto: è l’ultimo avamposto celestiniano in quanto ospita le ultime suore appartenenti all’Ordine delle Celestine. Per la verità sono Benedettine-Celestine ma, comunque, le ultime eredi del nostro Eremita. Il loro monastero, il più antico della città, è la più illustre reliquia dell’Ordine voluto dall’Eremita».
«Un po’ poco...».
«Ma non capisce! In questo monastero, nel 1988, vennero ricomposte le Sacre Spoglie del nostro Papa quando venne sequestrato. La nostra ”amica” ci ha voluto portare in questo monastero. Probabilmente per le ragioni che dice lei, ci ha fornito solo la traccia ma non è andata fino in fondo, come a volersi lavare la coscienza. Avrei dovuto arrivarci subito: a pensarci bene, non era affatto difficile».
«Dunque, lei pensa che la maschera di Celestino e la Bolla, potrebbero essere in quel monastero».
«No, non ho detto questo. Ho detto soltanto che se la nostra ”amica” non ci sta prendendo in giro, se voleva davvero aiutarci a seguire una pista, se per arrivare alla soluzione si doveva individuare un monastero, quello è San Basilio. Non ho dubbi, su questo».
«Non mi convince. Se era così facile, perché ci ha messo tanto ad arrivarci?».
«Mi sono posto anch’io il problema. Mi sono risposto che, ad un certo punto, ho cominciato a ragionare non come l’“amica” mia voleva che io ragionassi. Ho pensato ad altro. Non ho seguito i miei sogni, come lei spesso li ha definiti. Alla fine ci sono arrivato. Andiamo: devo assolutamente entrare in quel monastero».
«Aspetti. Non abbia fretta. Se il passaggio è decisivo, dobbiamo prepararlo al meglio. Se c’è qualcosa da scoprire in un determinato posto, non c’è nulla di peggio che andarvi con la furia di dover trovare subito il tesoro. Lei avrà sicuramente una scheda...».
«Ha ragione, molto saggio. Meno male che l’ho chiamata e meno male che ha accettato. Sì, ovviamente ho una scheda ma non la porto con me. Dobbiamo passare a casa mia. Nel frattempo ci mangiamo anche un boccone così oggi pomeriggio andremo al monastero».
«Propongo cicoria e patate: non ne mangio da quasi due anni».
«Ottima idea: la trattoria è a due passi da casa mia».


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