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DA CANDIDATO SINDACO SCONFITTO A VINCITORE: «SI PUÒ FARE»



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TERAMO - «La riproposizione di un candidato sindaco che ha perduto nella tornata precedente non necessariamente è un fatto che l’elettorato vede negativamente. La ricandidatura, infatti, è sinonimo di un buon lavoro fatto dall’opposizione e, comunque, viene vista come la certificazione di una leadership forte». Il sindaco di Teramo, Gianni Chiodi, è uno che vede positivo, per natura. Altrimenti non si sarebbe ricandidato nel 2004, sfidando la dura legge del perdente, dopo essere stato battuto nel 1999 dal candidato del centrosinistra: il giovane commercialista, pescato dalla società civile e scelto dalla Casa delle Libertà (con qualche mal di pancia dell’allora Ccd) tre mesi prima della competizione, nulla potè contro il “panzer” dell’Ulivo, Angelo Sperandio. Otto i punti di percentuale di distacco: 53 a 41. Nel 2004, la vittoria 52,8 a 47,2 contro Lino Befacchia. «Ma- avverte Chiodi- il mio caso è assai diverso, almeno fino alla situazione di oggi, da quello di Carlo Masci».

Perchè, sindaco?
«Perchè io sono stato la sintesi di una coalizione unita sia quando ho perso che quando ho vinto. Anche se va detto che il fattore decisivo è un altro».

Quale?
«La programmazione di una coalizione coesa attorno ad un progetto. La mia prima candidatura fu una scommessa: a tre mesi dalle elezioni esce il mio nome sul quale convergono i partiti del Polo. Dopo la sconfitta, all’opposizione si è lavorato, uniti, per un progetto alternativo e, un anno prima delle elezioni, i partiti hanno deciso di convergere sul mio nome. Nulla è stato lasciato all’improvvisazione, agli scontri, ai precari equilibri dell’ultimo momento. Ci si è concentrati, tutti, su un obiettivo e ce l’abbiamo fatta».

Un consiglio a Carlo Masci...
«Che, al di là delle legittime e comprensibili esigenze tattiche che possono essere alla base di una candidatura, cerchi di lavorare per costruire una leadership nella coalizione di centrodestra. È l’unica strada per vincere».

Angelo De Nicola