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L’acqua e il mito delle novantanove cannelle

Articolo di Vincenzo Battista su
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Dalle cronache di Buccio da Ranallo al web: la ”Rivera”, nucleo storico della città dell’Aquila
L’AQUILA - ”Lodato tu sia, mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile, umile, preziosa e casta” così, tra gli elementi, elogia l'acqua, la esalta S.Francesco nel Cantico delle Creature, simbolo di purezza, assoluta, riconoscibile, nei riti di purificazione e iniziazione che consentono all'uomo di liberarsi dai peccati e iniziare una nuova esperienza, ”passare”, evolversi in una nuova vita: è il battesimo (dal greco baptein/baptzein immergere, lavare), l’azione che libera dal peccato originale e permette la partecipazione alla vita cristiana.

L’acqua è dunque il rito e il mito stesso, non è più il tramite di qualcosa, ma il principio essenziale della creazione: aria, terra, fuoco e acqua, considerati ”divini”, sono i principi ispiratori della natura e delle sue cose, i ”4 elementi” magici e sacri delle società più antiche, le quattro sponde dell'azione umana. L'acqua, dunque, assume un significato di eccellenza, si carica di un simbolismo unico tra gli elementi: é il confine tra la vita e la morte (il mondo non conosciuto, che incombeva all'orizzonte), tra la creazione e il nulla (la terra e gli abissi inesplorati).

Nella religione romana e italica si rintracciano riti e cerimonie lustrali allo scopo di purificare persone e luoghi fisici con l’aspersione di acqua, narrati, nel tempo, dalle leggende greche e latine che raccontano di persone trasformate in fonti purificatrici, ma per gli stessi greci l’acqua significava anche il mistero della vita, nascita e morte, il futuro: dove vi sono sorgenti, lo spirito dell’acqua deve essere facilitato, allevato da un oracolo.

Invece per gli alchimisti del medioevo era ricchissima di magia, poteva lavare l'anima dal peccato. Il suo potere magico era misterioso e in grado di allontanare persone, luoghi e circostanze, poiché dalla terra sgorga come valore sacrale, concepita come madre divina e feconda. «Nessuno può rifiutare l'acqua in eccedenza senza peccare contro Allah e contro l'uomo» è scritto in un passo del Corano, testimonianza e prescrizione per i musulmani che possono pregare in uno stato di purezza, e poi muoversi nei deserti, ed avere libero accesso all'acqua, un diritto di tutta la loro vasta comunità.

Di una comunità piccola, invece, si narra in un altro posto dello spazio e del tempo, chiamato ”Acculum” o ”Acculae”, che ha legato indissolubilmente il suo nome all'acqua: un luogo questo particolare, di numerose sorgenti, così si narra nella Cronaca aquilana Ritmata del cantore epico medioevale Buccio da Ranallo : «... come à nome questa villa ecco posto?/Acquille questa chiamasse, che sede in questa costa» di un nucleo, piccolo, un borgo iniziale, chiamato ”la Rivera”, che vedrà nascere intorno ad esso la futura Aquila, città fondata come il suo blasone per dominare, appunto, dalle acque della ”Rivera”, quella del mito delle ”novantanove cannelle”, il più antico monumento civico della città, dalle alte quinte murarie, austera ”pubblica fontana”; nella sua penombra nottetempo Alessandro Giangiulio e Duilio Chilante (web design) hanno microfonato il suono dell'acqua tra i chiarori notturni e i riflessi d'acqua; s'infrange, precipita con fragore dai mascheroni in pietra alle vasche, ininterrotto, continuo, insistente, dal 1272 (data della costruzione intorno alla cinta muraria, e non se ne conosce la sorgente, così vuole il mito), per trasportarlo, magicamente, nel ”nuovo mondo web dell'integrazione”, nel portale www.angelodenicola.it, e far vivere così la memoria dell’acqua, il dinamismo delle sue molecole e quel suono antico trasportarlo nello spazio e nel tempo telematico.