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UNA 18 COLPI CHE PIACE AL PENTAGONO



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L'AQUILA - Quando arrivò la liberazione dai Borboni che le avevano incarcerato il marito presidente della Corte d'Appello di Napoli e carbonaro, dai bastioni del Forte spagnolo all'Aquila la sua bisnonna sparò, di persona, un colpo di cannone. Evidentemente l'aveva nel sangue la passione per le armi Luigi Ludovici, l'86enne avvocato aquilano che ha inventato la pistola elettronica a scarica elettrica. Un'invenzione che, perfezionata insieme con il cinquantenne biologo aquilano Alfonso Bravi, potrebbe determinare una rivoluzione. Non tanto per la maggiore precisione che un congegno elettronico garantirà ma soprattutto perchè basterà un microchip per rendere l'arma "obbediente" solo al suo "padrone". In sostanza, senza un segnale (come la porta della camera di un albergo che, oggi, si apre solo con una determinata tessera) l'arma si trasformerebbe in un'innocua pistola-giocattolo.

Domanda: Avvocato, quando le si è accesa la lampadina?
"Tutto risale a 35 anni fa- risponde Ludovici nel suo studio legale che è una galleria d'esposizione di armi-. Nella disciplina della "pistola automatica" avevo partecipato a numerose gare e dovevo far parte della squadra italiana alle Olimpiadi di Melbourne nel 1956, cosa che non feci per ragioni professionali: non potevo abbandonare lo studio legale Ludovici, alla settima generazione con mio figlio Rodolfo. Ebbene, mi ero reso conto che a livello internazionale ogni tanto si facevano "sveltine"".

D.: "Sveltine"?
"Sì, prima i tedeschi inventarono le cartucce corte che facevano diminuire il "rinculo" e, dunque, aumentare la precisione. Vinsero Olimpiadi e campionato del mondo. Poi i russi inventarono la cosiddetta pistola "a sega" che, grazie ad alcuni accorgimenti, potenziava la precisione: vinsero Olimpiadi e campionato del mondo. Allora mi chiesi: ma che noi italiani siamo fessi?".

D.: Così le venne in mente la pistola "elettronica"?
"L'ispirazione mi venne dal flash della macchina fotografica: quell'impulso, quel flash appunto, poteva sostituire la pressione del dito sul grilletto. Una scarica elettrica che sostituisce l'azione del percussore: banale, ma fino ad allora nessuno ci aveva pensato".

D.: E non pensò di mettere a frutto l'idea?
"Certo. Chiesi udienza ai vertici del Coni. Illustrai la mia idea e chiesi che mi venisse messa a disposizione un'arma di quelle in dotazione alla squadra italiana per apportare le necessarie modifiche. Mi risposero che una pistola costava 129.000 lire. Me ne andai infuriato e lanciando improperi irripetibili: avremmo vinto le Olimpiadi ed il campionato del mondo".

D.: Tanto arrabbiato che l'idea restò nel cassetto...
"Per la rabbia pensai di offrire l'idea agli svizzeri, ma poi prevalse lo spirito di patria. Dopo 35 anni, quando il mio amico biologo ed ex campione di tiro anche lui, Alfonso Bravi, mi stava dando una mano per riordinare la mia collezione di armi, rispuntò quel mio vecchio progetto. Nessuno, fino ad oggi, ci aveva ancora pensato. Troppe occasioni mi ero lasciate sfuggire e perciò Bravi mi ha convinto ad affinare insieme e registrare il brevetto della pistola elettronica a scarica elettrica, cosa che abbiamo fatto insieme il primo dicembre scorso. L'idea del microchip è venuta dopo".

D.: Dunque, l'arma sicura non è un brevetto?
"Si tratta soltanto di un'applicazione. L'idea base è quella della scarica elettrica. Nel circuito elettrico poi si possono inserire tutte le varianti ed applicazioni. Quando abbiamo sentito, giorni fa, che il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, ha stanziato 20 miliardi per la ricerca di un'arma sicura dopo i numerosi casi di incauto utilizzo delle armi anche da parte di bambini, allora s'è accesa un'altra lampadina: perchè non inserire il microchip?"
Un'idea che ora è al vaglio della "Beretta" che ha già convocato i due inventori i quali, nel frattempo, hanno affidato alla fabbrica aquilana Ada (ex Alenia) la realizzazione di un prototipo.

"Diventerò ricco col brevetto? A me sarebbe piaciuto di più vincere quelle maledette Olimpiadi".