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«VIDI IL DUCE TAGLIARSI LE VENE»



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«Il Duce disse che piuttosto che finire in mano agli inglesi si sarebbe ammazzato. Sì, Mussolini tentò il suicidio in quel settembre del ‘43. Si tagliò le vene dei polsi nel bagno della camera dell’albergo a Campo Imperatore. Fu salvato appena in tempo dal tenente Faiola. Non mi guardi così: sono vecchia, forse Gesù mi si sta prendendo, ma ragiono ancora». Elisa Moscardi, nonostante gli 88 anni, i capelli candidi come il cotone ed un femore rotto, mostra ancora l’antica bellezza diventata leggenda tra i vecchi montanari del Gran Sasso. Gli occhi celesti hanno ancora lo stesso fascino di quando, in quel settembre ‘43, la bella montanara conquistò addirittura Benito Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso, nell’albergo “Amedeo di Savoia”, a duemila metri di quota.

«Noo, noo, non sono stata la cameriera del Duce, ma la sua dama di compagnia» dice “Bambina” (così la chiamava Mussolini) con una smorfia di dolore nel tentativo di alzarsi dal lettino del reparto di “Ortopedia” dell’ospedale San Salvatore dove il suo femore destro fratturato è in “tiraggio” in attesa dell’operazione programmata per dopodomani. È caduta in casa nella serata dell’altro ieri, a Camarda, quattro case arroccate ai piedi del Gran Sasso. È rimasta una notte per terra «senza dormire, senza mangiare e con una gamba rotta. Mi sono trascinata fino alla porta- racconta Lisetta- ho gridato aiuto, nessuno m’ha sentito».

Al mattino seguente, le grida disperate della poveretta hanno finalmente richiamato qualcuno: è stata trasportata in ospedale. «I vigili del fuoco mi hanno riconosciuto. Mi chiedevano del Duce. Mi facevano tante domande. Ma a me faceva male la gamba».

Lisetta, da quel settembre ‘43, non s’è mai arricchita ma è diventata famosa. In molti l’hanno inseguita per avere un racconto, minuto per minuto, di quei sette giorni passati col Duce e per sapere del presunto tentativo di suicidio. Molti storici, tanti giornalisti, tantissimi nostalgici: «Mi mandano doni e immagini del Duce- dice Lisetta, ritrovando il sorriso-. L’altro giorno due signori di Antrodoco mi hanno chiesto di andare con loro a Predappio. Ma dove vado, ora?».

Parliamo d’altro, parliamo del Duce: perché venne scelta proprio lei per fare la cameriera? «Le ripeto: dama di compagnia- dice Lisetta mentre gli occhi tornano ad illuminarsi ed il celeste riprende il posto delle lacrime- le cameriere rifanno i letti. Io, invece, facevo compagnia a Sua Eccellenza». Sì, ma perché proprio lei? «Ero la guardarobiera dell’albergo a Campo Imperatore. Piangevo: non ci volevo andare. “Vai, vai, tu passerai alla storia” mi disse l’avvocato Gustavo Marinucci. È stata la più bella settimana della mia vita». Dicono anche che il Duce si invaghì di lei? «Dicono tante balle questi giornalisti. Anche Maurizio Costanzo mi faceva tante domande: che bello quando andai al Teatro Parioli!». Ed il Duce che le diceva? «Parlava, parlava. Un giorno sentì alla radio che l’Italia aveva finito il carbone: s’accasciò sul divano, mordendosi le dita. Che grande uomo! Se non ci fosse stato lui e le sue leggi, chissà quando avremmo avuto le nostre pensioni. In quei giorni era sempre triste, fino a tentare il suicidio».

Su questa storia del tentato suicido, Lisetta fino a ieri aveva sempre negato: «È questa la verità- dice al Messaggero- mi guardi, mi guardi negli occhi, sono vecchia, stanca e tanto malata: crede che sia capace di mentire? Chiedete al tenete Faiola che lo soccorse e lo fece medicare ai polsi. E poi perché dovrei mentire su un uomo che, per essergli stato accanto una sola settimana, ha segnato tutta la mia vita? “Tu sei una bella ragazza” mi diceva lui chiamandomi “Bambina” perché nonostante avessi 36 anni, apparivo molto più giovane. E lui era uno di quegli uomini che avrebbero fatto impazzire qualsiasi donna. Quel brav’uomo- piange, ora, Lisetta- lo impiccarono con la testa penzoloni. Sa che le dico: a Predappio ci andrò. Se Dio vuole».