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FAIDA DI CASALI D’ASCHI: 57 ANNI DI CARCERE



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L’AQUILA - «Assassini, assassini». La vedova di Attilio Mari, Maria D.I., in silenzio per tutto il processo, dopo che il presidente della Corte d’Assise ha letto la sentenza di condanna dei D.S., è esplosa urlando contro i quattro imputati. Ad urla di disperazione si è lasciata andare anche l’imputata Maria G.: mentre veniva riaccompagnata in carcere, le sue grida lancinanti sono rimbombate per i corridoi del palazzo di giustizia dell’Aquila. La donna strillava di non essere un'assassina, di non aver fatto nulla, di aver detto la verità. Verità che non hanno detto, ha urlato, nè la D.I. (tra l’altro sua cugina) nè la figlia e perciò la sua famiglia è stata condannata.

La Corte d’Assise dell’Aquila, dopo tre intensi giorni di udienza e quasi quattro ore di camera di consiglio, ha emesso il suo verdetto condannando tutta la famiglia D.S. per omicidio volontario. La Corte (Villani presidente, Cappa a latere e sei giudici popolari) ha inflitto 20 anni di reclusione ad Armando D.S., il pastore di 63 anni; 13 anni a suo figlio Tonino, il geometra di 24 anni, e 12 anni ciascuno all’altro figlio Pietro, l’ingegnere ed insegnante di 34, e alla moglie Maria G., la casalinga di 54. Una condanna che nella sostanza non ha rispettato nè le richieste della pubblica accusa nè della difesa, ma ha tenuto comunque conto dei suggerimenti venuti da entrambe le parti. Da un lato, del pubblico ministero, il sostituto procuratore di Avezzano Mario Pinelli, non è stata infatti accettata la richiesta, durissima, di infliggere 23 anni a testa ma probabilmente è stata accolta l’interpretazione del ”fattaccio” avvenuto il 29 settembre scorso a Casali d’Aschi, una borgata della Marsica nel Comune di Gioia dei Marsi.

Fu una faida. Secondo la ricostruzione fatta dal Pm, ad accoltellare mortalmente al petto Attilio Mari, 65 anni, per vendetta fu soltanto Armando D.S.. I due figli e la moglie però parteciparono, in concorso, alla ”spedizione punitiva” contro i Mari, che nel pomeriggio avevano aggredito Armando D.S. perchè quest’ultimo aveva fatto pascolare il suo gregge su un terreno di loro proprietà coltivato ad erba medica. Dall’altro lato, della difesa (gli avvocati Enzo Gaito di Roma, Ferdinando Margutti di Avezzano, Bernardino ed Enrico Marinucci) non è stata presa in considerazione la richiesta di condannare soltanto Armando che fin dall’inizio si è autoaccusato di tutto. Gli avvocati contestavano infatti le conclusioni della perizia medico-legale affermando che per uccidere Attilio Mari e ferire suo figlio Ersilio, era stato usato un solo coltello, quello piccolo e a serramanico di Armando D.S. e non anche il coltellaccio da cucina.

Un solo coltello, una sola mano. Ma della difesa è stata accolta (anche se in parte) la tesi secondo cui Tonino Di Salvatore non tentò di uccidere, accoltellandolo, Ersilio Mari, figlio della vittima. I giudici per il più giovane dei D.S. hanno infatti derubricato l’accusa di tentato omicidio in quella di lesioni.

Quest’ultima interpretazione della Corte è stata decisiva per far diminuire la pena per i due figli e la donna. Hanno contribuito, comunque, anche la concessione dell’attenuante per Tonino e Pietro e la loro madre di aver commesso un reato diverso da quello (più grave) voluto da Armando D.S.: il loro è stato un concorso ”anomalo”. Ai quattro sono state concesse le attenuanti generiche ed escluse le aggravanti contestate. Inoltre sono stati interdetti legalmente per la durata della pena e in perpetuo dai pubblici uffici e condannati a risarcire, in sede civile, i danni alle parti lese ma a pagare subito una provvisionale di risarcimento di 20 milioni alla vedova di Attilio Mari.

La sentenza è parsa figlia del tentativo della Corte di infliggere, come chiesto da accusa e parti civile, una ”condanna esemplare”, per scoraggiare chi pensa che ci si possa fare giustizia da soli, e quello di concedere margini di recupero ad una famiglia ”segnata”, forse irreparabilmente, da una storia d’altri tempi. Difesa e pubblica accusa presentando sicuramente appello. Il Pm commentando la sentenza, ha detto di non essere d’accordo sulla derubricazioni del tentato omicidio i lesioni per Tonino D.S.. Se ne riparlerà in Appello.

NOTA: Per una sorta di "diritto all'oblio", sono omesse le complete generalità di alcuni protagonisti che, d'altra parte, non aggiungerebbero nulla al dramma e che, peraltro, sono pubblicate nella versione originale cartacea facilmente consultabile nelle pubbliche emeroteche.