LogoLogo

Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 94

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



94.«MAURO, ANCORA TANTE BUGIE»
26. 2. 1998



Un boomerang. Invece, di essere un contributo (tardivo) a trovare la verità in questa maledetta vicenda, il memoriale del figlio di Mauro rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol proprio alla vigilia della decisiva udienza di domani davanti al Tribunale di Sulmona. Tanto che gli avvocati di Michele Perruzza (Attilio Cecchini, Carlo Maccallini e Antonio De Vita) hanno annunciato già ieri che chiederanno loro stessi l'acquisizione agli atti del memoriale, ritenendolo «interessantissimo per le tesi difensive». Un boomerang soprattutto per tre ragioni.

1. L’ennesima versione di Mauro. Nel memoriale, ricostruendo la scena del delitto a cui sostiene di aver assistito da sopra il tetto del noto capanno, Mauro scrive: «Mio padre le teneva una mano sulla bocca e l'altra sul collo e siccome Cristina continuava a strillare ha preso una pietra e l'ha colpita più volte sulla testa».
Due particolari: le urla e la pietra. Ebbene, nella testimonianza in Corte d’Assise d'Appello (quella decisiva per far condannare il padre all’ergastolo) Mauro escluse categoricamente (ad una precisa domanda del presidente della dalla Corte, Bruno Tarquini) di aver sentito la povera Cristina urlare ma di aver sentito soltanto il rumore di un tonfo a terra di una pietra.
Quanto, appunto, alla pietra (peraltro pesante 13 chili e che avrebbe sicuramente sfondato la testolina della bambina, risultata soltanto ferita), il ragazzo riesuma la primissima versione accusatoria nei confronti del padre (quella della notte dei misteri del 26 agosto 1990).
In Assise d’Appello, invece, sostenne di aver visto il padre uccidere Cristina strozzandola con entrambe le mani. Perciò la difesa di Michele vuole acquisire agli atti il memoriale: «Si tratta dell’ennesima versione dei fatti (la n. 17) e dell’ennesima dimostrazione che il ragazzo dice bugie. Sempre e spudoratamente».

2. La controperizia sul Dna. La difesa del muratore avrebbe voluto tirar fuori la carta di chiedere una comparazione del Dna trovato sul famoso paio di slip soltanto in un secondo momento. Quando cioè, sulla base della sentenza di Sulmona, avrebbe avviato il procedimento di revisione della condanna all'ergastolo per Michele. In sostanza, se il Dna dei residui organici trovati sugli slip non è di Michele Perruzza, allora potrebbe essere del figlio.
Alla luce della mossa dei legali di Mauro di far fare una controperizia, la difesa di Michele potrebbe chiedere subito che si faccia davvero questa perizia. Ma una perizia d’ufficio, non fatta da una parte, né fatta sull’esito finito chissà come nelle mani degli avvocati di Mauro che non sono parte nel processo di Sulmona visto che il ragazzo non s’è voluto costituire (come poteva e, forse, doveva) parte civile.
Chiedere una perizia d’ufficio ora, però, potrebbe allungare i tempi (e la detenzione di Perruzza) del processo di Sulmona: il prossimo 31 marzo, il presidente del collegio, Oreste Bonavitacola, sarà trasferito presso la Corte d’Appello di Roma.

3. Il prelievo del Dna. Sempre nel memoriale, il ragazzo dice: «Sono convinto che i periti di allora (cioè del processo principale a carico di Michele, n. d. r.) siano a conoscenza del mio Dna in quanto nel 1990 o '91 sono stato sottoposto a un prelievo di sangue». L’affermazione, secondo la difesa di Michele, è inquietante.
«Non ci risulta- dice l’avvocato Cecchini- e sicuramente non risulta agli atti che Mauro sia stato sottoposto ad un prelievo di sangue. Sempre che questa ennesima affermazione del ragazzo fosse vera, perché è stato fatto questo prelievo? E perché non ce ne è alcuna traccia agli atti».


[Versione in pdf]
Capitolo precedente⇦ Indice CapitoliCapitolo successivo

Segui Angelo De Nicola su Facebook