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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 89

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



89. PERRUZZA VINCE ANCORA E SPERA NELLA LIBERTA’
23. 1. 1998



Niente superperizia: è fin troppo chiara quella che è stata fatta. Come era accaduto nel processo principale, quando la contestatissima perizia d’ufficio sul Dna (quella che attribuiva il sangue trovato sul paio di slip dell’assassino alla vittima) divenne “prova regina” contro il presunto mostro Michele Perruzza, così la perizia d’ufficio sul Dna (quella sugli slip che scagiona il muratore) di questo processo-satellite diventa “prova regina” a favore del presunto innocente Michele Perruzza.
La decisione, attesissima, è arrivata ieri dopo un’intera udienza di faccia a faccia tra il consulente di parte della Pubblica accusa (Giuseppe Novelli, docente di genetica) da una parte, e i due periti d’ufficio (Carla Vecchiotti e Renato Mariani Costantini) e quello della difesa (Ernesto D’Aloia, medico-legale) dall’altra.
Un confronto- scontro di altissimo livello scientifico tra superspecialisti. Novelli ha sollecitato ulteriori approfondimenti: «Non dico che il risultato è sbagliato- ha detto- ma possiamo verificarlo e confermarlo ulteriormente anche perché lo slip potrebbe essere stato contaminato magari dagli stessi operatori che lo hanno analizzato».
I periti d’ufficio e quello della difesa hanno insistito sul fatto che erano state prese tutte le cautele e che le conferme sono date dal fatto che ben otto delle nove tracce (una è risultata inutilizzabile) hanno dato lo stesso risultato e sarebbe impossibile che tutte le otto tracce siano state alterate o contaminate dal Dna di un’altra persona.
La difesa di Perruzza s’è opposta nettamente alla superperizia. Cosa che, per giunta, avrebbero comportato altri mesi di attesa in un processo che si trascina da otto mesi e che rischia di perdere uno dei principali protagonisti, il presidente del Tribunale Oreste Bonavitacola, vicinissimo ormai ad un trasferimento.
Il Tribunale, dopo due ore e mezzo di camera di consiglio, con una dettagliata ordinanza ha bocciato i dubbi del professor Novelli: l’integrazione della perizia è superflua visto anche che il consulente del Pm non ne ha contestato il risultato.
Una decisione che toglie l’ultimo masso sulla strada per arrivare alla revisione del processo concluso con la condanna all’ergastolo per Perruzza.
Soprattutto perché il Tribunale ha in sostanza “sposato” la perizia d’ufficio. E poiché tale esame sul Dna ha stabilito che non appartengono a Perruzza le tracce di liquido organico trovate sullo slip sicuramente indossato dall’assassino, averne sposato le conclusioni significa aver anticipatamente scritto l’assoluzione di Michele.
Assoluzione, ma non solo. Questo processo-satellite ha spazzato via i due pilastri sui quali si basa la condanna all’ergastolo di Perruzza.
Primo: l’attendibilità del supertestimone Mauro, il figlio di Perruzza all’epoca del fatto tredicenne che si autoaccusò del delitto per poi ritrattare ed accusare il padre attirandosi, fin da principio, pesanti sospetti. Mauro non è attendibile perché una perizia d’ufficio ha dimostrato che dal punto in cui il ragazzo disse di aver visto il padre uccidere Cristina, non poteva vedere nulla perché a quell’ora era buio.
Secondo: non è di Michele il paio di slip usati certamente dall’assassino. Dunque, a Sulmona si scriverà una sentenza, basata su prove nuove (le perizie sul sopralluogo e sul Dna), totalmente in contrasto con quella che ha determinato l’ergastolo.
È quanto occorreva per chiedere la revisione del processo principale, strada percorribile soltanto in presenza di “giudicati contrastanti”.
Una strada che la difesa di Perruzza imboccherà non appena avrà in mano il “giudicato” del Tribunale peligno, probabilmente il giorno dopo il 27 febbraio prossimo, quando riprenderà il processo per la discussione finale. Ma fino ad allora, fino a quando la difesa non potrà presentare materialmente l’istanza di revisione, il presunto innocente Michele Perruzza, dovrà restare in carcere.
Perciò, ieri, uno dei suoi legali, l’avvocato Attilio Cecchini (leader di un qualificato collegio di difesa che sta lavorando da anni gratis «perché questo è un caso di coscienza») ha ribadito l’appello al Procuratore generale presso la Corte d’Appello dell’Aquila, Bruno Tarquini, ossia la massima carica inquirente in Abruzzo.
Un appello affinchè il magistrato, per scrupolo morale, avvii d’ufficio il procedimento della revisione, senza attendere la sentenza ormai annunciata del Tribunale di Sulmona, concedendo così a Perruzza la “sospensione dell’esecuzione della pena” in attesa della definizione del processo di revisione.
«Il Procuratore generale dia una risposta al nostro accorato appello- ha insistito ieri pomeriggio Cecchini, esausto dopo l’ultima, decisiva, battaglia vinta-. Non lasci un solo giorno in più in carcere un innocente». Il Pg Tarquini presiedè la Corte d’Assise d’Appello che sei anni fa, il 29 gennaio del 1992, confermò la condanna all’ergastolo per Perruzza.


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