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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 69

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



69. «PIETA' PER PERRUZZA, E' MALATO»
18. 9. 1994



Pietà, non altre offese e ingiustizie contro Michele Perruzza. E' quanto sta accadendo in questi giorni a Balsorano, per il muratore oggi quarantaquattrenne.
Il Segretario dell'Avi, Giacomo Fassino, vuole anzi presentare per Perruzza un'istanza di «sospensione della pena per ragioni umanitarie».
Michele è semiparalizzato nel carcere di Parma dopo l'ictus che lo ha colpito nel luglio scorso. E' ormai ridotto ad una larva costretto sulla sedia a rotelle. Perciò, dice Fassino, «poiché nel nostro paese per fortuna non è prevista la pena di morte, lo stesso carcere, per duro che sia, non deve essere un lager dove far morire la gente».
All'Avi non è andato giù che per un nuovo fatto pruriginoso capitato in questi giorni a Balsorano si sia tornati «inopinatamente a cercare analogie con la vicenda che tutti conoscono come quella del “mostro di Balsorano”.
Invece, occorrerebbe la più scrupolosa prudenza, da parte di tutti, prima di sbattere il mostro in prima pagina e soprattutto ad evitare frettolose analogie di raffronto. Altrimenti si fa solo della «stampa spazzatura».
«Tutti sanno - spiega Fassino- che l'Avi s'è battuta con tutte le forze e tutti i mezzi per sostenere e provare l'innocenza di Perruzza. Non ci siamo certo arresi. Ma l'ictus che ha colpito il povero Michele ha completamente mutato la situazione. Non si può muovere. Restare ancora nella cella di un carcere potrebbe significare per lui morire entro poco tempo. Mi chiedo e vi chiedo: è giustizia questa? Perciò stiamo valutando ogni aspetto per presentare, viste le sue drammatiche condizioni di salute, la richiesta di sospensione della pena per grave incompatibilità col regime carcerario. Perruzza è stato condannato all'ergastolo con un'accusa turpe. Ma non è mica una bestia di cui augurarci la morte. Né è giusto che il suo nome e cognome debbano diventare un luogo comune per indicare il “mostro”. Michele Perruzza è un uomo».
A parte la domanda di sospensione della pena, l'Avi continuerà comunque a battere la strada della revisione del processo. «L'ufficio legale della nostra associazione - spiega ancora Fassino - è da tempo al lavoro ed in questo particolare caso con l'aiuto prezioso e gratuito dell'avvocato Giuseppe Lipera del foro di Catania, sta predisponendo tutti gli atti necessari per una richiesta di revisione processuale, in favore di Perruzza che dovremmo poter presentare alla Corte d'Appello dell'Aquila entro l'anno».
Non s'è arresa nemmeno la difesa di Perruzza, avvocati Attilio Cecchini e Antonio De Vita. Cecchini, qualche giorno fa, ha presentato istanza di arresti domiciliari in considerazione delle gravi condizioni di salute. Ma soprattutto, la difesa sta raccogliendo idee e atti per poter presentare l'istanza di revisione del processo. Una strada difficile ma non impossibile disse Cecchini, otto mesi fa, quando saltò, clamorosamente per un cavillo procedurale, uno dei tanti processi «satellite» nati dalla vicenda dell'assassinio della piccola Cristina.
Tre le “carte” che la difesa vuol giocarsi, più altre tenute al momento ancora riservate.
Primo: una ripresa televisiva realizzata nello stesso giorno del delitto (due anni dopo) che smentirebbe le dichiarazioni rese dal figlio minore di Perruzza secondo cui il ragazzo vide la scena del delitto da un capanno: la ripresa, invece, dimostrerebbe che all'ora indicata (tra le 20:30 e le 21) è buio e dal capanno si vede ben poco.
Secondo: l'audiocassetta fantasma in cui vi sarebbe registrata la “metamorfosi” del ragazzo che dall'autoaccusa passa ad accusare il padre: tale nastro, che pure esiste, non s'è mai trovato e la difesa si chiede il perché.
Terzo: gli esami sul Dna che oggi, con l'avanzamento della tecnica, potrebbero stabilire (attraverso il riscontro coi liquidi organici presenti) a chi appartenevano gli slip (se al padre o al figlio) sui quali venne trovato sangue della piccola Cristina.


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