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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 27

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



27. SULL'ORLO DELL'ERGASTOLO
8. 3. 1991



L'Accusa ostenta un sorriso di soddisfazione, la difesa s'affanna a far capire ai giornalisti la propria condotta, l'imputato senza battere ciglio esce dalla “gabbia” dopo aver fatto dire al suo avvocato che non se la sentiva di testimoniare. Questa “fotografia” scattata alla fine dell'udienza, poco dopo mezzogiorno di ieri racchiude la terza giornata del “Processo Perruzza”.
Terza giornata che, secondo la sensazione di molti è stata decisamente sfavorevole, più delle precedenti, a Michele Perruzza che, in carcere da 188 giorni, rischia l'ergastolo per l'accusa di ratto a fine di libidine, omicidio e occultamento di cadavere della nipotina.
Perruzza non vuol parlare. «Il mio assistito non se la sente di sottoporsi all'esame testimoniale che comunque, a nostro giudizio, va eseguito dopo i testimoni della difesa. Come è diritto dell'imputato». Così il legale di Perruzza, Leonardo Casciere (ieri il codifensore Buccini non era presente) ha tentato di “dribblare” la richiesta del Pubblico ministero.
Il sostituto Mario Pinelli aveva infatti chiesto che una volta esauriti i testimoni da lui citati, l'imputato venisse sottoposto al “cross examination” (l'esame incrociato).
Nell'evidente esigenza di prendere tempo, di non compromettere una giornata fin troppo storta e di sfruttare gli eventuali vantaggi delle deposizioni dei testimoni richiesti dalla difesa, l'avvocato Casciere ha tentato di rinviare l'esame dell'imputato.
Se tale mossa sia riuscita dal punto di vista procedurale non è ben chiaro poiché Perruzza dopo il rifiuto di ieri, rischia di non poter usufruire del garantista esame incrociato ma di poter soltanto dare “dichiarazioni spontanee”: queste ultime, ha subito precisato l'avvocato di parte civile Antonio Milo, «non avranno lo stesso valore probatorio dell'esame».
E' probabile comunque che la Corte chiederà nuovamente all'imputato, alla ripresa del processo, lunedì, se vuol sottoporsi all'esame come richiesto dal Pm prima dei testimoni della difesa: questa risposta sarà decisiva. La mossa, corretta o meno proceduralmente, è stata in ogni caso giudicata a senso unico. «Chi è innocente - ha commentato sorridente il Pm Pinelli - non vede l'ora di sottoporsi al fuoco delle domande per “gridare” la propria innocenza».
La mano destra. La povera Cristina è morta perché strozzata alla gola da una mano destra, dalla stretta robusta e le numerose ferite sul capo sicuramente non sono state provocate da una caduta accidentale: la piccola è stata battuta su una pietra o e stata colpita più volte con una pietra. Secondo la deposizione di ieri del professor Giulio Sacchetti, il medico legale che ha eseguito l'autopsia sul corpicino della piccola, emerge chiara volontà omicida di chi ha provocato la morte di Cristina.
Nessuna fatalità (la caduta e la conseguente perdita dei sensi, per esempio). Non ci sono dubbi. Anzi, il consulente della parte civile, il luminare professor Piero Fucci, ha confermato che quello di Cristina è uno dei pochi casi di strozzamento in cui combaciano tutti i particolari.
«L'assassino l'ha presa alla gola - ha detto Fucci - con l'intenzione di finirla con colpi al cranio». L'assassino ha certamente agito con la mano destra. «Questa conferma - ha detto Pinelli - è importantissima. Avete sentito che l'insegnante di educazione fisica del figlio tredicenne ha testimoniato che il ragazzino usa per le attività pratiche la mano sinistra. Ogni dubbio mi sembra superfluo».
99, 94 per cento. Questa è l'altissima percentuale di probabilità che si riferisce ai capelli trovati sulla canottiera rinvenuta, due giorni dopo l'arresto di Perruzza, all'interno della sua abitazione. Quei capelli, in una percentuale vicinissima alla certezza assoluta, sono della piccola Cristina.
Lo ha detto il perito d'ufficio, il professor Bruno Dallapiccola, ieri mattina nel corso di una deposizione che ha “ipnotizzato” tutti. Più una lezione universitaria che una testimonianza, venata (forse troppo considerata la sede e la vicenda) di toni polemici nei confronti dell'avversario di questo processo e dal punto di vista professionale. Il medico legale professor Angelo Fiori (consulente della difesa).
La polemica era ed è sul metodo per accertare il Dna. Secondo Dallapiccola il metodo usato, denominato “Pcr” e che consiste nel moltiplicare la scarsa quantità di Dna presente nel reperto in modo da poter fare un elevato numero di prove e controprove, è affidabilissimo. Non è vero, come sostiene (e probabilmente sosterrà la prossima settimana in aula) il professor Fiori che il “Pcr” è stato bandito a livello internazionale perché non dà certezze.
Anzi, hanno detto ieri mattina sia Dallapiccola che il dottor Aldo Spinella (della Criminalpol, consulente per le analisi del Pm) che la professoressa Colomba Calcagni (il medico legale consulente della parte civile) proprio il professor Fiori ha raccomandato in convegni scientifici e perfino in alcuni processi (a Velletri, ad esempio) di usare tale metodo. «Il professor Fiori - ha sottolineato Spinella - sta usando tale metodo per il caso di via Poma a Roma».
Particolare importante emerso sui capelli è che risultano strappati, «con notevole forza di trazione» e non per naturale caduta, perché presentavano ancora il bulbo. Quindi appare difficilmente sostenibile, come Perruzza cerca di accreditare, che la piccola potrebbe averli perduti appoggiandosi durante uno dei consueti abbracci dello zio.
Affettuosità che i genitori di Cristina, l'altro ieri, hanno comunque smentito («Non abbracciava mai i suoi figli, figuriamoci la nipote») e che invece il figlio tredicenne, nel suo interrogatorio (la cui parte conclusiva era stata rimandata a ieri) ha tentato di correggere dicendo che «papà sempre ci abbracciava: il mio fratellino gli correva incontro ogni volta che lo vedeva tornare dal lavoro da Roma».
96, 93 per cento. Questa invece è la percentuale di probabilità che si riferisce alle tracce (“gocce”) di sangue trovate sulle mutande rinvenute nel sottotetto fuori la finestra del bagno. Identiche le considerazioni sul metodo. E identica la reazione dell'avvocato Casciere dopo le deposizioni del dottor Spinella e del professor Dallapiccola: «Non ho nessuna domanda».
Lunedì si riprende. Il sangue sul paio di mutande di marca-taglia e tipo di quelle usate da Perruzza, nonché i capelli sulla canottiera sono di Cristina: uccisa da una mano robusta e destrorsa. Con questo fardello, appesantito da varie testimonianze, Perruzza lunedì tornerà in aula per cominciare la seconda settimana di udienza. Ci sono da ascoltare i testimoni e il consulente (il professor Fiori) della difesa: c'è da ascoltare l'imputato (con o senza “esame” e tutto da stabilire). E poi la requisitoria e le varie arringhe. «Ma per quello là il processo è finito oggi» ha sentenziato una donna sulla cinquantina tra il pubblico a fine udienza. E forse non ha torto.


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