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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 18

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



18. CONFESSO' PERCHE' CONFUSO
3. 11. 1990



Era un adempimento forse troppo importante ed urgente per essere rinviato. Come invece si era temuto, non è saltato ieri mattina l'interrogatorio di M. P., il tredicenne figlio di Michele Perruzza. Il ragazzino era stato “invitato a presentarsi” quale “indagato” dal Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minori dell'Aquila: «Un fatto tecnico necessario per chiudere il fascicolo che avevamo aperto il 26 agosto scorso per la confessione, poi ritrattata, del ragazzino». Lo stesso magistrato, già l'altro ieri, aveva spiegato l'inaspettata iniziativa, ad oltre due mesi dal fatto, per chiarire che non era emerso nessun fatto nuovo, nessuna accusa, a carico del minore.
Comunque, per «un episodio di semplice routine» come lo ha definito il Pm Cappa, ieri mattina sono stati sanati e superati parecchi ostacoli che avevano fatto ipotizzare il rinvio. Innanzitutto un vizio di notifica della convocazione alla madre del tredicenne, la signora Maria Giuseppa Capoccitti, attualmente esercente la patria potestà: l'avviso pare infatti che sia stato recapitato prima del termine di tre giorni che il codice consente all'’indagato” per trovarsi un avvocato di fiducia per farsi assistere.
Non poche erano state le difficoltà della signora per reperire un legale dal momento che il collegio di difesa di suo marito (gli avvocati Carlo e Maria Maccallini e Roberto Marino) le avevano detto di no, per motivi di incompatibilità ma anche di opportunità. Senza difensore di fiducia, non si sarebbe potuto ricorrere al legale d'ufficio per lo sciopero degli avvocati della Marsica in agitazione per la ventilata soppressione del Tribunale di Avezzano. Invece, la difesa di fiducia del ragazzino è stata assunta dall'avvocato Leonardo Casciere (tra i contestatori della deroga concessa ai Maccallini per presenziare ad un incidente probatorio) dopo la speciale autorizzazione a rompere il «fronte» della protesta del presidente dell'Ordine degli avvocati, Domenico Buccini.
Proprio Buccini, ieri mattina poco dopo le 10, insieme con un maresciallo ha accompagnato il ragazzino col quale non c'era la madre, alla caserma dei carabinieri di Balsorano, dove era fissato l'interrogatorio. Da qui, dopo una telefonata, è stato opportunamente deciso, sicuramente al fine di proteggere quanto più possibile il minore dall'“assalto” di fotografi, cineoperatori e curiosi, di depistare tutti.
Così i tre sono ripartiti alla volta di Avezzano dove, in tutta tranquillità, il ragazzo è stato ascoltato dal Pm Cappa presso l'ufficio del Servizio sociale del Comune, alla presenza dell'avvocato Casciere e di un assistente sociale.
Al ragazzino, a quanto è trapelato, il magistrato avrebbe poste poche domande, ma non sul perché delle sue accuse al padre. Alla domanda del perché, invece, in un primo momento si era autoaccusato, il tredicenne avrebbe risposto di essersi trovato in un forte stato confusionale. Dopo averlo ascoltato, il Pm Cappa valuterà se il minore è in uno stato di disagio tale da rendere necessari provvedimenti di natura civile.
Un interrogatorio importante, appunto. La sensazione è che sia stato forse combinato un mezzo “pasticcio” procedurale a cui andava posto rimedio al più presto. Il tredicenne, nonostante fosse formalmente “indagato” sull'omicidio, è stato infatti più volte ascoltato “come testimone” nell'inchiesta principale a carico del padre.
Una doppia veste che sarebbe vietata dalla procedura (art. 62) e che sarà certamente sollevata dalla difesa del muratore forse già nell'imminente discussione, davanti alla Cassazione, del ricorso sull'istanza di scarcerazione rigettata dal Tribunale della Libertà dell'Aquila. I giudici aquilani, tra l'altro, nelle motivazioni delle decisioni avrebbero definito il figlio quale “teste” contro il padre.
Ma ora, dopo l'interrogatorio di ieri, nel quale non sono emersi elementi nuovi, verrà certamente chiesta l'archiviazione dal Pm dei Minori (come è in effetti avvenuto qualche giorno dopo con l'accoglimento del Gip, n. d. a.) del fascicolo nel quale il tredicenne risulta ancora “indagato”.
Così, eventualmente il ragazzino potrà assumere la veste di testimone, anche se gli inquirenti fanno capire che la testimonianza del figlio contro il padre, da fondamentale sarebbe diventata di secondaria importanza. Specie dopo che la perizia d'ufficio ha stabilito, all'esame del Dna, che il sangue su un paio di mutande sequestrate in casa del muratore un giorno dopo il suo arresto, è della piccola Cristina e dopo che sarebbe stato accertato, attraverso una precisa comparazione, che quell'indumento intimo è, senza dubbio, del muratore.
Anzi, ci sarebbero altri indizi, altre testimonianze. Così univoche che il sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano, Mario Pinelli, potrebbe depositare già oggi la richiesta di rinvio a giudizio con l'accusa per il muratore di omicidio volontario, atti di libidine e occultamento di cadavere. Richiesta annunciata ma tenuta «in caldo» forse soltanto in attesa della “formalità” procedurale di ieri.


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