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La Missione di Celestino - Capitolo 1

Un romanzo di Angelo De Nicola

La missione di Celestino



«Sindaco, sindaco!... Tredici, abbiamo fatto tredici! Quattordici, quindici, sedici!...». Il sovrintendente aveva fatto le scale a quattro a quattro. E, piegato su se stesso per riprender fiato, sembrava aver assunto un atteggiamento come di riverenza verso le segretarie dell’Ufficio di Gabinetto del sindaco. Le quali, abituate alle sue esplosioni di gioia o di ira, non lo degnavano nemmeno di uno sguardo.
«Il sindaco dov’è? È l’apocalisse! Un sogno. Io, io! Sono stato io! La finiranno di massacrarmi sui giornali, quei pezzenti. Strisciando, solo strisciando dovranno venire da me. E non li riceverò: “Domani, domani, ora ho da fare!”. Anzi, glielo farò dire dalla segretaria. Ehi tu, biondina, mi faresti da segretaria? Ti nomino capo della segreteria del sovrintendente. No, dell’Ufficio di Gabinetto del sovrintendente alla Perdonanza celestiniana. Una carica lunga un rigo intero: suona bene».
Le segretarie lo guardavano con un misto di disprezzo e pietà. Tale scena si ripeteva ogniqualvolta il sovrintendente metteva a segno quelli che lui chiamava “miracoli”: Lucio Dalla in duo con Gianni Morandi, Zucchero, Jovanotti, Al Bano, Carreras, Morricone ecc.
«Sovrintendente, un altro miracolo? Romina Power e Al Bano di nuovo insieme sul palco davanti alla basilica di Collemaggio? O addirittura arriva lui, Pavarotti? Con tutti questi miracoli la faranno santo. Il santo sovrint...». La segretaria, la biondina, non fece in tempo a finire, che il sovrintendente s’accasciò sulla poltrona, occhi sbarrati, pallido, grondante di sudore. Ci volle un bicchierino della miracolosa “centerbe” che il Direttore generale usava tenere nel suo armadietto, per farlo riprendere.
«Ma quali Al Bano e Romina! Quest’anno viene Lui, Lui, proprio Lui. Questa edizione della Perdonanza passerà alla Storia. Grazie a me. Grazie-a-me. Grazie-a-me – ripeteva, invasato, dopo essersi rianimato –. Chiamate il sindaco: quest’anno arriva Lui, il Papa».
Nell’ufficio calò il silenzio. Anche l’usciere, ch’era entrato per portare la “centerbe”, si fermò nel mezzo della stanza come ipnotizzato dalla parola magica. Troppe, troppe volte tra quelle scrivanie dell’Ufficio di Gabinetto del sindaco, a fine maggio d’ogni anno, era risuonata la frase che tutti ormai identificavano nella formula magica mancata: «Solo il Papa potrebbe lanciare la Perdonanza». Seguita da un lungo sospiro.
«Se viene Lui, mi faccio frate» esclamò l’usciere anticipando tutti.
«Va a farti prendere le misure per il saio – lo apostrofò il sovrintendente prima di prenderlo per il bavero della giacca –. Se ti fai uscire una parola, una sola parola, giuro, ti mando a cogliere le patate al Fucino. Va a chiamare quelli dell’Ufficio stampa. Chiama il Direttore generale, il Segretario generale, gli assessori che trovi. Pure i consiglieri comunali, se ci stanno... Uehlà, buongiorno signor sindaco! Finalmente! Il momento è solenne: Lui ha detto sì».
Il sindaco stentava a credere alle sue orecchie.
«Vedrà, vedrà. Ora arriva il fax» gli ripeteva il sovrintendente.
A guardia della macchina del fax era stata lasciata una segretaria: quando sul display avesse visto apparire un numero con prefisso non locale, avrebbe dato l’allarme. Ci furono due falsi allarmi per due documenti in arrivo, uno da Roma e uno da Bruxelles.
«Sto controllando io – disse un’altra segretaria –. Non mi muovo da qui».
Ma nessuno si tranquillizzò. Tutti, elettrizzati, erano attorno a quella macchina in attesa di assistere al miracolo. Il sovrintendente a cavalcioni su una sedia, il sindaco a camminare avanti e indietro contando le solite sei mattonelle. Passarono minuti interminabili.
«Eccolo, eccolo!» urlò la vedetta.
Il sovrintendente, con un balzo, guadagnò la prima fila. Il prefisso era quello giusto: 06... Sul foglio che usciva, in alto a sinistra, cominciarono a delinearsi i denti di due chiavi incrociate. Di quelle chiavi. Inconfondibili.
«Non mi credevate, non mi credevate! Ditelo che non mi credevate» biascicava il sovrintendente.
La segretaria, che aveva letto tutta la premessa in diretta mentre il foglio ancora usciva dal rullo, era arrivata alla parte decisiva: “... In un momento di conflitti, di scontro di civiltà e di religioni, il messaggio di Perdono e di Pace di Papa Celestino V è quanto mai attuale e, speriamo, di efficace cura. Per questo Sua Santità, da sempre devoto del Santo Eremita del Morrone, ha accolto l’invito dell’amministrazione in indirizzo ad aprire personalmente, nel giorno della Perdonanza celestiniana, il 28 agosto p.v., la Porta Santa nella basilica di Santa Maria di Collemaggio... Firmato il Segretario di Stato”.
«È la fine» esclamò il sindaco.
«No, è l’inizio della fine» rilanciò il Direttore generale.
«sindaco, la tv. Accenda la tv! Il TgUno l’ha detto nei titoli! Mi hanno appena telefonato» urlò il capo dell’Ufficio stampa, entrando trafelato nel Gabinetto del primo cittadino.
«Maledetto usciere!».
«Ma quale usciere! L’agenzia Ansa ha battuto due righe da Città del Vaticano ancor prima che arrivasse a noi il fax. La notizia l’hanno fatta uscire loro. È segno evidente che ci tengono in modo particolare. Preparatevi all’assalto».
«Spegnete i cellulari – ordinò il sindaco – e non passatemi nessuna telefonata. Invece di andare a pranzo, facciamo una riunione generale. Alle 16 dirameremo il comunicato ufficiale. I giornalisti? Che chiamino in Vaticano!».
«E gli altri? Il presidente della Regione, la Provincia, la Curia?» s’affrettò a chiedere il sovrintendente.
«Ah, sì. Chiamate l’arcivescovo. Sarà stato di certo già informato dalla Santa Sede, spero. Quanto agli altri, tutti gli altri, è meglio dopo. Stavolta il pallino ce l’abbiamo in mano noi. Li faremo impazzire. Così imparano a rispettarci».


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