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Perchè "Cocciarotta"

Il nostro terremoto Dopo il sisma sono stato "ribattezzato" Cocciaro', "diminutivo" di Cocciarotta, per colpa/merito di due belle pezze di avvocati, Cesare Ianni (da me "ribattezzato" "Indiana Jones dell'Aquilanità) e Gianluca Museo ("Gassman").

Nei giorni dopo il 6 aprile, Cesare ha lanciato "Jemo 'nnanzi" chiudendo con questo motto gli sms che inviava a me e a tutti gli amici, tutte le sere, contribuendo a tenere unità la comunità degli sfollati dispersi qua e là. Quegli sms sono finiti tutti, prima nel "Diario" quotidiano che tenevo sul mio giornale, Il Messaggero, e poi nel mio libro "Il Nostro Terremoto" (One Group Edizioni) pubblicato il 6 ottobre 2009.

"Jemo 'nnanzi" è così subito diventato una sorta di grido di battaglia di tutti quegli Aquilani che credono in un futuro di ricostruzione materiale e morale della nostra città.

In uno di questi sms, tra pag. 64 e pag. 65 del libro, si parla di Cocciarotta: (...) Anche l'sms serale di Cesare ha preso spunto dal componimento: "La simpatica poesia in vernacolo pubblicata ieri, utile anch'essa ad esorcizzare il terremoto ed a guardare con speranza, fiducia e forza al futuro, confesso che mi ha fatto uscire le lacrime dallo rie! Ciò mi ha fatto tornare in mente l'incontro con Gianluca sul ponte di Santa Apollonia su via XX Settembre la mattina dopo il sisma. Egli, carico di borse come un asino, mi buttò le braccia al collo esclamando: "Oddio me, che gl'è successu all'Aquila nostra, s'è distrutto tutto! Angiulino s'è rotta la coccia e non capisce chiù 'gnente!". Per dirla con la saggezza del popolo, "Lo magnà era poco, ma lo rie..." Jemo 'nnanzi".




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