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Il Patto Comune



stella1. LE RAGIONI DEL MOVIMENTO
Il "patto fiduciario" tra politica e cittadini non è un bene intoccabile e definitivo. In questi anni è stato usurato e indebolito da una classe dirigente sorda alle istanze della società aquilana, chiusa nei personalismi e non all'altezza del proprio compito.

Il Movimento "L'Aquila città unita" nasce alla vigilia delle elezioni amministrative della primavera 2007 dopo la doppia legislatura guidata da una coalizione di centrodestra. Nasce sull'onda di una demotivazione e di uno scetticismo palpabili - che per molti significa essere "contro" - trasformandoli in positivo in una riflessione sulle cause che li hanno determinati. Il Movimento nasce sotto il segno dell'unità, sull'impulso di un moto spontaneo, istintivo, anche su una buona dose di indignazione. Indignazione verso la vocazione suicida che le istituzioni hanno maturato negli ultimi anni e verso coloro che dovrebbero farle vivere, perché è a loro che i cittadini dell'Aquila hanno delegato la funzione di amministrare. Indignazione verso quei politici che si sono fatti prendere a tal punto da personali problemi di potere e di immagine da lasciare che l'istituzione, la città e il suo territorio regredissero nel ruolo e nel prestigio.

L'elezione diretta del sindaco aveva fatto sperare in un nuovo protagonismo della società civile. Invece, il potere viene utilizzato in maniera personalistica, ignorando le istanze provenienti dalla società. Questo anche grazie alla latitanza dei partiti sempre più avviluppati in una logica di ceto. Noi riteniamo che nel Comune dell'Aquila il patto fiduciario fra amministrazione e cittadini attraversi un momento di inedita difficoltà. La distanza che si è aperta fra la politica e la società rischia di superare, e in taluni casi lo ha già fatto, il livello di guardia portando i cittadini non già all'irritazione e all'invettiva, ma all'indifferenza. La fiducia non è un patrimonio intoccabile e definitivo. Può essere revocata e richiede di essere continuamente rinnovata.


stella2. IL PATTO DI CITTADINANZA
A prescindere dagli schieramenti che lo pongono in essere è l'agire politico in quanto tale ad aver perduto credibilità. Ma la fiducia può essere ricostruita se si parte da atteggiamenti trasparenti e responsabili.

All'Aquila, quelli recenti sono stati anni di navigazione a vista, di occasioni mancate e sprecate, di una conseguente forte compressione del livello di partecipazione alla cosa pubblica. Avvertiamo con apprensione un progressivo svuotamento delle sedi classiche di partecipazione istituzionale ai vari livelli.

L'obiettivo che ci poniamo è cercare di restituire alla politica un livello di qualità accettabile e, non potendo più contare sulle ideologie, per fare questo dobbiamo essere credibili. Come in ogni rapporto personale la credibilità si ottiene se si crede in ciò che si fa o in ciò che ci si propone di fare. Tale convinzione può venire solo da uno studio attento della realtà e dunque dalla qualità delle informazioni che poniamo alla base delle nostre scelte. La politica è credibile se quantifica gli obiettivi che intende perseguire in maniera trasparente e si dà delle scadenze per il loro raggiungimento.
Una politica è credibile:
  • se accetta l'inevitabile componente di rischio insita in ogni scelta;
  • se si assume le responsabilità di fronte alla cittadinanza in opportuni momenti di verifica;
  • se rispetta e fa rispettare le regole che alla politica possono essere applicate e in particolare quella regola non scritta, applicata soprattutto nei paesi con lunghe tradizioni di sistema maggioritario, secondo la quale chi fallisce lascia il campo agli altri.


  • stella3. LE NUOVE OCCASIONI DI SVILUPPO
    Persiste una rappresentazione asfittica e stereotipata della città che dobbiamo combattere rovesciando la "non volontà di cambiare" e la cultura dell'assistenza.

    Il significato politico di questo momento ci richiama alla necessità di aggiornare, insieme, l'interpretazione della nostra città e del suo territorio, dei suoi cambiamenti, delle sue potenzialità, dei suoi problemi. E insieme combattere il persistere di una sua rappresentazione asfittica e stereotipata. Una rappresentazione dove l'Abruzzo interno sembra sopravvivere cocciutamente a se stesso, inamovibile, laddove, al contrario, i cambiamenti sono stati tanti, taluni straordinariamente visibili, altri solo abbozzati. Solo che essi rischiano di sfuggirci se cerchiamo di inquadrarli dentro il fuoco di congiunture mutevoli e contingenti.

    La "vertenza L'Aquila", vera e propria bandiera della precedente amministrazione, non appare il miglior punto di attacco. Anzi, assomiglia più a un alibi che ad una reale volontà di rimettere in moto meccanismi arrugginiti. Un arroccamento inutile su una visione vecchia, superata, che acuisce anziché diminuire la nostra storica "soggezione" verso l'esterno. Dovremmo invece affrancarci una volta per tutte dalla cultura della protezione e della conservazione. Lo sviluppo parte, come qualcuno ha detto, solo se si riesce a rovesciare la "non volontà di cambiare", a rimuovere il blocco di cui siamo prigionieri.


    stella 4. INTERPRETARE I CAMBIAMENTI PER ESSERE COMPETITIVI
    Più o meno visibili, i cambiamenti sono stati tanti, ma non possiamo coglierli senza un adeguato sforzo di conoscenza e con nuove "antenne" in grado di captare quanto di buono ci passa accanto.

    Occorre uno sforzo di conoscenza inedito che oltrepassi da un lato gli allarmismi da fine del mondo che ormai da tempo scandiscono la vita pubblica dell'Aquila e, dall'altro, anche i facili ottimismi di maniera completamente avulsi dalla realtà. Prodotto interno lordo (PIL), occupazione, disoccupazione, tutti i tradizionali indicatori economici sono utili a tale lettura, ma non sufficienti. Non solo perché indicano un comportamento "medio" che cela frequentemente realtà molto differenziate, ma soprattutto perché i livelli di benessere e di soddisfazione di una comunità - dei suoi cittadini, delle sue imprese - hanno un profilo qualitativo più complesso di quello che le tradizionali analisi sono in grado di offrirci. Le celeberrime graduatorie sulla qualità della vita formulate da Legambiente e dal Sole 24 Ore collocano L'Aquila da anni intorno alle stesse posizioni, che sono intermedie, né buone né cattive. Da anni ormai il Censis, nella ricerca che conduce sulle "Città italiane in movimento", colloca L'Aquila tra i "poli della rincorsa", che vanno cioè riallineandosi ai poli più avanzati, in una traiettoria di sviluppo che, pur con aspetti di transitorietà e incertezza, ha davanti a sé una certa prospettiva di crescita. Dunque, è da un po' che siamo fermi a metà del guado: possiamo rimanervi oppure avanzare ulteriormente. Inoltre, osservando altre realtà, ci accorgiamo che una nuova forma di pensiero si è fatta strada tra gli amministratori locali: comunicazione e relazione, capacità di cogliere le occasioni, anche estemporanee, per favorire uno scambio di conoscenze e competenze. Sono i fattori capaci di connotare una città come flessibile e competitiva. Saranno queste le sfide su cui potrà attivarsi il dinamismo di chi non vuole restare "seduto".


    stella5. SUPERARE I FALLIMENTI DELLA PIANIFICAZIONE

    La pianificazione in questa città può ritenersi fallita. Soprattutto per una questione di metodo: i cittadini sono totalmente esclusi dai processi decisionali

    Negli ultimi anni è aumentato a dismisura il numero dei cosiddetti "planning disasters", cioè dei casi di insuccesso, più o meno totale, della pianificazione. Piano regolatore, piano della mobilità e del traffico, progetti di opere varie, programmi di collaborazione, patti territoriali; sono numerosissimi i progetti su cui non si è mai raggiunto un accordo o che non sono stati realizzati per i motivi più diversi; non si è giunti ad elaborare in tempo lo schema progettuale per candidarsi ad un finanziamento, sono venuti a mancare i finanziamenti stessi, le risorse disponibili sono state utilizzate per progetti e studi mai utilizzati, vi sono stati ricorsi ed esposti, estenuanti procedure di sospensione e riavvio dei lavori.

    Alcuni hanno giustificato i fallimenti della pianificazione col fatto che le trasformazioni urbane e territoriali sono operazioni molto complesse e implicano importanti questioni di diritto e di convivenza civile. Noi riteniamo che ristagno economico e pessimismo delle aspettative sono il segno di un mancato ascolto, dell'assenza di consultazione e di coinvolgimento. Noi riteniamo che c'erano del sapere e delle risorse che potevano essere messe in gioco per aumentare la probabilità di realizzazione, l'efficacia, l'equità stessa dei progetti, ma nessuno se ne è curato tenendo debitamente fuori dalle decisioni la società civile. L'aspetto più grave è che la non partecipazione non è gratuita, ma produce costi molto elevati. Alcuni misurabili, come rallentamenti, riprogettazioni, abbandoni, spese legali e non sostenute per ricorsi, esposti, le proteste. Altri più difficili da definire perché relativi alla percezione degli interventi da parte della comunità locale in termini di insoddisfazione e perdita di identità.


    stella6. RIMETTERE AL CENTRO LA CITTÁ, I SUOI ABITANTI, IL SUO TERRITORIO
    Il Piano Strategico è il primo atto con cui intendiamo sancire un nuovo patto con la città

    Il principale costo della non-partecipazione è dover rinunciare a qualsiasi ragionamento sulla città e il suo territorio come parte di un sistema più ampio, che coinvolge una scala territoriale e sociale ben più vasta dell'angusto ambito municipale. Il Piano Strategico, con il quale si individuano e si aggiornano gli indirizzi generali di governo del comune permette di fare propria questa consapevolezza. Esso consente all'amministrazione comunale di agire come "agenzia di sviluppo" in una nuova fase in cui essa è chiamata ad interpretare, promuovere e accompagnare lo sviluppo equilibrato della città. È uno strumento che integra due dimensioni: è innanzitutto il frutto di un processo negoziale, in cui si raggiunge il punto di convergenza più avanzato possibile sui problemi della città e del suo territorio, sulle sue prospettive di crescita, sui modi per tradurre gli obiettivi in azioni. In secondo luogo, è un atto unilaterale che una Amministrazione dà a se stessa. Un Comune che avvia un piano strategico lo fa anche perché si rende conto che non può limitarsi ad esercitare le proprie competenze amministrative nel confine del proprio territorio e nel limite temporale del bilancio e della propria legislatura. In altri termini esso segna il passaggio dal Comune come amministrazione locale al Comune come governo locale.

    Noi proponiamo di fare del Piano strategico uno strumento di programmazione obbligatorio, inserendolo nello Statuto comunale. E poiché ne vogliamo fare uno strumento di programmazione partecipativa,adotteremo come metodo per la sua redazione quello del confronto, della condivisione con gli attori della città e del suo territorio in momenti di consultazione pubblici e mediante la costituzione di tavoli di approfondimento tematici. Torino, Verona, Venezia, Firenze, Trento, Bilbao, Lille, Barcellona e numerose altre città europee ed italiane hanno già sperimentato con successo queste modalità. In tutti questi casi la riflessione a carattere strategico ha portato alla ideazione di nuovi grandi progetti di rigenerazione urbana sotto forma di grandi eventi come il Museo Guggheneim di Bilbao, le Olimpiadi Invernali 2006 di Torino, il Forum Universale delle Culture 2004 di Barcellona, la Città Europea della Cultura 2004 di Lille.


    stella7. LA PARTECIPAZIONE COME METODO DI GOVERNO
    La partecipazione alle scelte economico-finanziarie ed altre forme di intervento popolare non sono populismo, ma un fatto di democrazia che implica un onere per chi governa, ma anche per chi è governato.

    Se il Piano Strategico è una scelta politica di grande respiro, più interessata al lungo periodo che al breve, il bilancio comunale investe la sfera del "che fare concretamente oggi". La partecipazione dei cittadini può essere estesa ad atti amministrativi di questo tipo. Molte città italiane ed europee, partendo da intenti di semplice trasparenza ed efficienza della macchina amministrativa, hanno trasformato tale esperienza in vere e proprie forme di partecipazione popolare alle scelte economico-finanziarie contenute nei bilanci comunali. Il bilancio partecipativo, che noi ci poniamo come obiettivo primario di legislatura, si realizza attraverso assemblee e incontri aperti - che rimettano al centro il ruolo stesso dei Consigli di Circoscrizione - in cui la popolazione decide dove e come investire i soldi del Comune. Non si tratta di un atto populistico. Anche in questo caso la relazione tra comunità e municipio viene ripensata su un rigido principio di negoziazione ed applicata alle priorità che emergono nella comunità stessa. Anche nell'ambito della gestione dei servizi municipali proponiamo di attivare un metodo analogo. La "Carta dei servizi", è un accordo tra Amministrazione e cittadini che vengono preventivamente informati sugli standard dei servizi offerti, sulle modalità di svolgimento delle prestazioni e sul comportamento adottato nel caso non vengano rispettati gli impegni assunti. In particolare l'ente erogatore:
  • adotta gli standard di quantità e di qualità del servizio di cui assicura il rispetto;
  • pubblicizza gli standard adottati e ne informa il cittadino, verifica il rispetto degli standard ed il grado di soddisfazione degli utenti;
  • garantisce il rispetto dello standard adottato, assicurando al cittadino la specifica tutela rappresentata da forme di rimborso nei casi in cui sia possibile dimostrare che il servizio reso è inferiore, per qualità e tempestività allo standard pubblicato.

    La Carta dei Servizi può diventare un importante strumento di trasparenza ed informazione, sintetica ma completa, per orientare i cittadini nelle numerose attività e nei servizi offerti e attribuisce ad essi un potere di controllo diretto sulla qualità dei servizi erogati.


  • stella 8. AMMINISTRARE RISPETTANDO LE REGOLE E RENDENDO CONTO AGLI AQUILANI
    Fissare obiettivi realistici e quantificabili non basta per conquistare credibilità: occorre dare conto di ciò che si fa e misurare lo scarto tra quanto previsto e quanto effettivamente realizzato.

    Bilancio di previsione e rendiconto generale sono sufficienti come unici strumenti contenenti dati "certi" sul modo in cui un ente pubblico utilizza le risorse dei cittadini? Siamo oggi in grado di dire quanto è migliorata rispetto all'anno precedente la capacità di risposta ai bisogni dei cittadini da parte di un Cmune? Quanto ha contribuito l'amministrazione comunale allo sviluppo economico, alla salvaguardia dell'ambiente, al miglioramento generale delle condizioni di vita delle comunità locali? Oggi si registra ancora un consistente deficit di trasparenza e di informazione da parte delle nostre amministrazioni nel "rendere conto" delle azioni e dei risultati raggiunti.

    Una città "partecipata" dovrebbe avere come complemento naturale quello di "costringere" i suoi amministratori a "rendere conto" del proprio operato, aprendo pubblicamente dei momenti di verifica in cui sia chiara la responsabilità delle proprie scelte. Questo scopo si può perseguire sperimentando nuovi strumenti di rendicontazione che contengono informazioni aggiuntive rispetto a quelle strettamente economico-finanziarie contenute nel tradizionale bilancio comunale. A titolo di esempio, facciamo riferimento al bilancio sociale che, attraverso l'esame dei risultati prodotti e degli effetti determinati, serve a comunicare agli elettori se e in che misura gli impegni presi sono stati rispettati. Alcune amministrazioni "pioniere" già da alcuni anni redigono rapporti settoriali che rileggono e rendono conto dei risultati prodotti su uno specifico settore di attività o per una singola tipologia di destinatari, aiutando in questo modo anche l'attività di dirigenti e funzionari nel rendere più espliciti i punti di forza e di debolezza del loro lavoro quotidiano.

    Gli amministratori devono essere, quindi, portatori di chiarezza di idee, di competenza amministrativa, di capacità di proposta su cui costruire la partecipazione e il consenso, ma con l'apporto decisivo di una struttura comunale finalmente "liberata" dal peso dei partiti. Una struttura che, pur dotata di notevoli risorse umane e competenze, è attualmente condannata all'ordinaria amministrazione, schiacciata e mortificata nella propria autonomia propositiva e professionale dalla "politica" e da un uso spropositato degli "staff".

    A questi temi intendiamo ispirarci nella nostra azione di governo. Sappiamo che si tratta di un percorso difficile, impegnativo, che obbliga a rimettere in discussione culture e comportamenti consolidati, ma che può contribuire a creare un' amministrazione più consapevole del valore che crea e cittadini più informati, in grado di giudicare e contribuire ad accrescere tale valore.


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