La chiesa capoquarto di San Pietro a Coppito all’Aquila, pre sisma 2009
«Amico mio, è tutto chiaro, chiarissimo. L’ultimo messaggio è chiarissimo: uccideranno il Papa» disse il sovrintendente, platealmente sottovoce, visto che i pochi tavoli all’aperto della trattoria erano pieni di avventori. «Niente biglietto? Perché, stavolta, non c’è il biglietto?». «Perché, glielo ripeto, sono mascalzoni con la laurea, più di una laurea. Hanno escogitato un messaggio colto, raffinato, che sicuramente io poi sarei stato in grado di interpretare». …
Il rumore del chiudersi con un fragoroso scatto improvviso della porta della chiesa li fece sobbalzare. «Ha visto entrare qualcuno?» chiese il signor Giacomo. «No». «Con la coda dell’occhio m’è sembrato di vedere una persona». «Forse era il parroco». «Lo aveva avvertito che saremmo venuti?». «No. Lei mi dice sempre di non far cenno a nessuno dei nostri movimenti. In ogni caso non ne avrei avuto il tempo». …
L’affresco sovrappsto nella chiesa di San Pietro a Coppito: sotto Celestino V e, sopra, nella stessa postura, San Ludovido Re
«“Cardine su volo”…Ancora la parola “volo”. Abbiamo capito che ce l’hanno in testa ben fissa, quest’idea. L’avevamo già capito anche dopo l’Undici Settembre. sovrintendente, stavolta che significa la frase del quarto messaggio? E che significa questo numero, “0712”? Perché questo computer ci mette così tanto…». «È la linea. Connessione impossibile… Aggiorna… Niente da fare… No, ecco, ecco. Ecco la “home page”. Trenta secondi e sono pronto». ..
La Bolla di Papa Celestino V quando era conservata nella “cappelina” del Municipio (Palazzo Margherita) dell’Aquila
«Chi ha la disponibilità delle chiavi del forziere?» chiese il signor Giacomo al sovrintendente davanti all’uscio della “cappella” scavata nel retro della Torre civica, con ingresso blindato al primo piano del Municipio. Un locale dove, nel Medioevo, i condannati a morte trascorrevano la loro ultima notte prima di essere “esposti” in una gabbia appesa alla torre. Anche per questo motivo, la “cappella”, trasformata da luogo di morte in luogo di pace, emanava un’atmosfera suggestiva. ..
La Bolla di Papa Celestino V quando era conservata nella “cappelina” del Municipio (Palazzo Margherita) dell’Aquila
La facciata del Municipio, a quattro giorni dall’evento ed a poche ore dall’avvio dei festeggiamenti, ancora più solenni per questa edizione papale, era stata addobbata con gli stendardi degli antichi Quarti cittadini. Quattro code di stelle comete multicolori sventolanti dal tetto fino a terra. Un gruppo di persone confabulavano animatamente ai piedi della Torre civica, nei pressi dell’ingresso del Palazzo di città. Col naso all’insù, sembrava stessero prendendo delle misure. E si sbracciavano nel cercare di imporre, ognuno, le proprie ragioni. …
Il Codice celestiniano non si trovava più negli scaffali della Biblioteca del Museo nazionale. Visto l’interesse che aveva suscitato negli studiosi, era stato esposto nella nuova sezione denominata “Oreficeria e tessuti”. Una sistemazione, comunque, provvisoria (visto che la Curia aveva presentato una richiesta affinché le venisse restituito l’oggetto che, d’altra parte, le apparteneva) ricavata all’interno della galleria dedicata all’arte sacra. Da questa, situata al secondo piano del Museo, attraverso una scala si raggiungeva il locale dove, in bella evidenza, s’era deciso di collocare il manoscritto non solo per la preziosità artistica e storica del tessuto, appunto, col quale era stata rivestita la copertina in legno, ma anche per la possibilità di sfruttare un’esposizione più moderna. …
«…“È costituito da 173 carte pergamenacee numerate con lettere romane che giungono sino a CLXXI e, in parte, con cifre arabiche imposte in epoca recente sulla parte centrale alta di ciascun foglio. È legato con assicelle di legno, di cui sono andate perdute quelle che componevano la parte anteriore ed è ricoperto con un antico tessuto a trama verde, oro e rosa, il medesimo di cui è costituita la tomaia delle pantofole indossate dalle sacre spoglie di Celestino V”». ..
Attilio
Cecchini, notissimo avvocato, ha 95 anni (20 marzo 1925). Da sempre
dice quel che pensa anche a rischio della vita, come gli accadde in
Venezuela negli anni Cinquanta quando con i suoi scritti su “La
Voce d’Italia” e su Paese Sera (sotto pseudonimo) di cui era
corrispondente, combatteva e denunciava i soprusi del regime
venezuelano pur consapevole che questo potrà farlo diventare
bersaglio di critiche e suscitare polemiche. Il Nobel Gabriel Garcia
Marquez citò l’attività del giornalista Cecchini (in particolare
sull’inchiesta giornalistica sulla scomparsa, a Caracas di sette
siciliani) in un capitolo del suo libro “Quando ero un giornalista
felice e sconosciuto”.
Nel dopo
sisma del 6 aprile del 2009, difende vittime ma anche presunti
carnefici e-o “furbetti” rappresentando anche la parte civile nel
famoso processo dalla Commissione Grandi Rischi della Protezione
Civile.
Cecchini in barca sul lago Titicaca in Perù nel 1955.Caracas, anni Cinquanta: i tre fondatori del periodico ” La Voce d’Italia”, Cecchini, don Ernesto Scanagatta e Gaetano Bafi le (ultimo a destra) con Roberto Benzi, il più giovane direttore d’orchestra al mondo, debuttando a soli 11 anni.Il decennale de La Voce d’Italia e Cecchini nella sua tipografia.Cecchini passeggia sotto braccio al giornalista Demetrio Moretti nel corridoio dell’aula di Corte d’Assise del palazzo di giustizia dell’Aquila durante il XIV Congresso nazionale giuridico forense (9-13 settembre del 1977).
“Don
Attilio” è un personaggio-chiave dell’ultimo trentennio
all’Aquila e in Abruzzo. E’ l’avvocato che ha smontato il
“teorema Tragnone” nello Scandalo Pop che portò nel 1992
all’arresto dell’intera Giunta Regionale; è l’“uomo nuovo”
che nel 1994 si candida a sindaco dell’Aquila (e perde) nel dopo
rivoluzione di “Mani pulite” contro il comunista Antonio Centi
(1994-1998); è il “padre” professionale del sindaco aquilano
(1998- 2007) di centrodestra, l’avvocato Biagio Tempesta; è
l’avvocato che entra in guerra col “Palazzo” per difendere
(gratis) un principio: l’innocenza di un “povero cristiano”
di nome Michele Perruzza protagonista del caso del “Delitto di
Balsorano”, morto d’infarto gridando la propria innocenza.
E’ autore di numerosi saggi, tra cui quelli notissimi sull’Aquilanitas e, fra l’altro, di un’indimenticata guida (con Luigi Lopez) della città dell’Aquila.
Il Codice di Celestino V quando era esposto al Museo d’Abruzzo dell’Aquila nella sezione “Oreficeria e tessuti”
Stavolta fu il signor Giacomo a gettare giù dal letto il sovrintendente e a farlo precipitare in Municipio. «E chi ha potuto dormire, amico mio! Ho pensato e ripensato a quella targa. Deduco, per essere stato svegliato all’alba, che ci sono novità». «Lei ha avuto l’intuizione dell’anagramma, ma il rebus l’ho risolto io. O almeno una parte. O almeno un giallo è chiarito mentre se ne apre un altro. Oh, basta! Non ci sto capendo più nulla»…