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TRAGEDIA IN CARCERE, INTERVISTA A UN SINDACO CHE FU ARRESTATO



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SULMONA (L'Aquila) - "No, quando entrai in quella cella del carcere di San Domenico all'Aquila non mi sfiorò un simile pensiero. Solo, piccolo piccolo contro la mastodontica macchina della giustizia tutta contro di me, impotente di fronte ad un sopruso, mi aggrappai alla mia innocenza. Era un arresto inutile, come lo sono tutte le manette contro pubblici amministratori, anche per il caso del sindaco di Roccaraso che non ho avuto il piacere e l'onore di conoscere personalmente. E non lo avrò più. A lui ed alla sua famiglia va anche il mio cordoglio".

Fa un enorme sforzo a riaprire la cicatrice Franco La Civita, eletto due mesi fa sindaco di Sulmona (guarda caso la città dove è esplosa l'inchiesta sul primo cittadino di Roccaraso) a furor di popolo per l'Ulivo. Dodici anni fa, nell'ottobre del 1992, venne ammanettato per lo "Scandalo Pop" insieme con tutti i suoi colleghi dell'allora Giunta regionale abruzzese del presidente Rocco Salini. Una retata clamorosa che fece finire l'Abruzzo sulla prima pagina anche del "New York Times" creando un vuoto istituzionale senza precedenti. "Arresti da Gestapo" commentò l'allora padre-padrone della Dc abruzzese, Remo Gaspari. Un caso che s'è poi concluso con un'assoluzione generale (il solo Salini venne condannato soltanto per il falso in quella delibera di assegnazione degli aiuti Cee).

Sindaco La Civita, lei parla di arresti inutili allora come oggi... "Voglio precisare che non ce l'ho con la magistratura sulmonese che s'è sempre dimostrata serena e coscienziosa. Il problema è nella legislazione". Nella legislazione? "Mi chiedo che senso ha colpire con l'onta del carcere, con misura preventiva, un amministratore. Ci sarebbero tante altri provvedimenti da adottare: se, ad esempio, c'è un sospetto di passaggio di denaro si possono attivare sequestri di immobili, di beni, di conti correnti, ecc. Non vedo, in questi casi, dove sono i pericoli di inquinamento di prove in ipotesi di reato documentali, o di reiterazione del reato e tantomeno di pericolo di fuga. Il carcere, un carcere questo sì ancora più duro, lo riserverei a quell'amministratore che è stato condannato dopo un regolare processo.

Ma preventivamente che senso ha? Su questo aspetto consiglio un'attenta lettura del libro del ministro Carlo Giovanardi". Dunque, non si tratta del singolo caso che ha portato addirittura al suicidio di un sindaco arrestato, ma in generale... "Non conosco l'inchiesta nel merito e ripeto, non conoscevo nemmeno il sindaco Valentini. Il mio ragionamento è sul meccanismo che porta all'ordine di custodia cautelare: va rivisto dal legislatore. Credo che i morti che abbiamo lasciato sul campo, l'ultimo proprio nel giorno di Ferragosto quando la solitudine di una cella diventa ancora più forte, debbano insegnare qualcosa".

A cosa pensava, lei potente assessore regionale democristiano della corrente gaspariana, in quei giorni in cella? "Pensavo alla gogna davanti all'opinione pubblica. Alla mia famiglia. Ma soprattutto alla mia innocenza rispetto ad accuse sulle quali era giusto, per carità, indagare ma certo senza quegli arresti. No, quel pensiero non mi sfiorò mai la mente".