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COCA COLA IN ABRUZZO: PAURA DELLO SCANDALO



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dal nostro inviato - CORFINIO (L'Aquila) - "No problem but no comment". Fa un certo effetto l'americanizzazione e l'omologazione dei dipendenti di uno dei più importanti stabilimenti della Coca Cola in Italia. Fa un certo effetto perchè Corfinio, cittadina medioevale a due passi da Sulmona, rivendica il primato di aver dato origine alla denominazione del Bel Paese quando, designata capitale degli Italici ribelli a Roma per la sua posizione strategica, battè autonomamente moneta col nome, fino ad allora mai usato, di "Italia" prima di arrendersi, nel 49 a.C., ai Romani.

"No problem, ma non possiamo parlare". Dicono i dipendenti uscendo, a fine turno, dai cancelli di una delle tre fabbriche italiane che sforna lattine (non solo di Coca, ma anche delle altre bevande del gruppo). Si vede che i dipendenti hanno avuto consegne strettissime, considerate anche le proporzioni dell'allarme per le intossicazioni avvenute in Belgio, un allarme che s'è ormai esteso a mezza Europa. D'altra parte, Giuseppe Di Sciullo, il direttore a capo di entrambi gli stabilimenti presenti in Abruzzo (l'altro, a Oricola nei pressi di Carsoli, sforna bottiglie in "Pet" e proprio in questi giorni sta raddoppiando l'insediamento per una maggiore produzione) è gentilissimo ma irremovibile: "Dovete parlare con la direzione italiana a Milano".

Per la Coca Cola è un momentaccio anche qui in Abruzzo. Qualche settimana fa, prima degli scandali targati Belgio, lo stabilimento di Oricola è finito sui giornali per le bottiglie sabotate con i lombrichi dentro. D'altra parte sia quello di Oricola che quello di Corfinio riforniscono l'Italia centrale ed in particolare l'enorme mercato di Roma e, dunque, non è stato difficile risalire alla provenienza delle bottiglie sabotate che erano state vendute in un supermercato di Ascoli Piceno. L'inchiesta avrebbe già accertato che lo stabilimento abruzzese non c'entra nulla con i lombrichi. Ma ora ecco un'altra tegola: le lattine "avvelenate" in Belgio. Paese col quale la produzione italiana non ha nulla a che fare visto che gli "ingredienti" sono tutti rigorosamente italiani nel rispetto del primo comandamento della multinazionale di Atlanta: "Stessa ricetta, ingredienti diversi".

Anche a Corfinio, sono di produzione italiana (ma le provenienze sono diventate "top secret") lo zucchero, l'anidride carbonica (che è naturale e non artificiale comunque consentita) mescolate con l'ottima ed abbondante acqua della zona, principale ragione per la quale nel 1989 la Coca Cola scelse l'antica capitale degli Italici oltretutto "baciata" da una strategica posizione lungo la direttrice dell'autostrada Roma-L'Aquila-Pescara (stesse caratteristiche di Oricola). Alla miscela si aggiunge, ovviamente, il concentrato che contiene la formula segreta (il mitico ingrediente "X7") i cui fustoni arrivano già belli e pronti da Atlanta, anche se di recente sono presenti centri di produzione pure in Europa.

Tutto sotto il controllo di un sofisticato laboratorio analisi, anello fondamentale della catena produttiva. Bocche cucite a Corfinio, ma non manca chi ricorda al cronista che solo qualche anno fa i due stabilimenti, prima Corfinio e poi Oricola, si erano aperti agli organi di informazione. Una visita interessante con tanto di singolare souvenir: le fiale colorate (bianche per la Coca Cola, marrone per la Fanta e verde per la Sprite) che, poi, gonfiate e modellate da una speciale macchina, diventano le caratteristiche bottiglie. In quell'occasione venne spiegato che lo stabilimento di Corfinio è capace di produrre oltre 2.000 lattine al minuto, ovvero circa 2 milioni (dipende anche dai turni) di pezzi al giorno. Una "mitragliatrice" che ha altre due sorelle in Italia: a Nogara (in provincia di Verona che serve il Nord Italia) ed a Marcianise (Caserta per il Sud).