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NEL KOSOVO IL GRAN CUORE DEGLI ALPINI



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L'AQUILA - Parla decisamente abruzzese la missione ”Porto Alleato” organizzata dalla Nato per tentare di arginare la drammatica emergenza in cui è precipitata la popolazione del Kosovo. Ieri pomeriggio, infatti, i militari italiani sono stati i primi di tutta la Nato a raggiungere Kukes, la località di confine al Nord dell'Albania, dove da oltre tre settimane si stanno ammassando i profughi kosovari che scappano dalla pulizia etnica imposta da Milosevic.

E la maggior parte dei militari fanno parte del contingente del 9° Reggimento alpini partiti una settimana fa dalla caserma aquilana ”Rossi” dalla quale sono partiti in totale 600 uomini, tutti volontari. «Pur nel dramma della guerra e di questo esodo apocalittico siamo orgogliosi di essere arrivati per primi nell'inferno di Kukes ed io sono doppiamente contento perchè i primi ad arrivare sono i ragazzi partiti dall'Aquila».

Non sta nella pelle il capitano Gabriele Lucci, il militare aquilano purosangue che conosce la situazione dei Balcani come le sue tasche visto che ha partecipato a diverse missioni, non ultima quella degli osservatori dell'Osce poi interrotta dalla dichiarazione di guerra. Attualmente, proprio per l'esperienza maturata, a Lucci è stato assegnato il compito di capo ufficio stampa del contingente italiano in Albania.

Ieri, dal suo telefonino satellitare, Lucci parlava dall'ospedale militare montato dagli italiani a Durazzo dal quale alcuni ufficiali medici sono partiti alla volta del nord dell'Albania. «A Kukes, come tutti potrete vedere dalle immagini televisive che sicuramente giungeranno anche in Italia- spiega Lucci- la situazione è drammatica. Perciò, nell'ambito della missione Nato ”Porto alleato” è stato subito deciso di arrivare lì nel più breve tempo possibile. Non è stato facile visto che la missione è ancora in allestimento tanto che dei 2.500 militari italiani previsti, ne sono arrivati in Albania circa 1.500. Il primo contingente italiano di 130 uomini e 40 automezzi destinato a Kukes è formato per la maggior parte da medici ed infermieri che porteranno soccorso ai profughi ormai stremati nei campi di accoglienza allestiti dagli albanesi. Gli alpini del 9° Reggimento partiti dall'Aquila, invece, innanzitutto assolveranno a compiti di sicurezza, visto che siamo in guerra anche se non sussistono pericoli in quella zona, ma in particolare saranno utilizzati per il trasporto dei profughi che saranno smistati dai campi di accoglienza più affollati verso altre destinazioni in modo da superare l'emergenza che, attualmente, è ai massimi livelli».

Una missione «nello spirito di alpinità e di solidarietà». Con queste parole il comandante generale delle truppe alpine, il generale Pasquale De Salvia, aveva salutato una settimana fa, nella caserma ”Rossi” dell'Aquila, gli alpini che il giorno dopo sarebbero partiti per l'Albania per partecipare alla missione.

In quell'occasione, il generale De Salvia aveva sottolineato «lo sforzo rilevante dell'Italia» nella missione di solidarietà, raccomandando «attenzione e prudenza», pur nella convinzione che l'esperienza avuta in Bosnia da molti degli alpini in partenza per l'Albania costituiva una garanzia.

Il generale De Salvia aveva anche spiegato che le truppe alpine, «le prime ad arrivare in Albania», avranno compiti di sorveglianza e controllo degli aiuti umanitari creando quella che ha definito «una cornice di sicurezza».