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LO PSICHIATRA: IL RISCHIO E' L'EMULAZIONE



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L’AQUILA - «Il rischio, enorme, ora è l’emulazione. La voglia di fare quello che qualcuno è riuscito a fare da quello stesso, maledetto viadotto dell’autostrada Roma-L’Aquila». Il dottor Vittorio Sconci, psichiatra dell’ospedale Santa Maria di Collemaggio dell’Aquila è uno di quelli che i suicidi non vorrebbero mai vederli pubblicati sul giornale, o comunque non pubblicizzati. Per il rischio dell’emulazione.

Domanda: Quattro suicidi, un’intera famiglia che si getta da un viadotto dell’autostrada, non era mai accaduto. La notizia ha fatto il giro del mondo. Cosa avrebbero dovuto fare i mass media, ignorare la vicenda?
Risposta. «Mi rendo conto, per carità. Ma pensate, ora, anche voi giornalisti a quelle persone deboli psichicamente che sono state solo sfiorate finora dall’idea di farla finita. Ora, dopo tutti questi tg, tutte queste prime pagine, tutto questo clamore, potrebbero dire: se ci sono riusciti, tutt’insieme, quattro membri di una stessa famiglia, mano nell mano da un ponte di novanta metri, posso farlo pure io. Prendono coraggio, capite».

D.: In sostanza, i Baracchi, agli occhi di questi soggetti ”a rischio”, potrebbero passare per degli eroi...
R. «Esattamente. La pubblicizzaione del suicidio, ancora più evidente in casi clamorosi e per giunta ”storici” come questo, innesta un processo di identificazione».

D.: Ed il viadotto, quindi...
R. «E quindi viadotto maledetto diventa il ”teatro” di un azioen di coraggio da emulare. Per carità, sorvegliate quel viadotto. Soprattutto per i primi tempi».

D.: Dottor Sconci, che idea si è fatto di questa assurda vincenda?
R. ”La chiave, a mio modesto parere, è tutta nel rapporto familiare. Tre ragazzi ormai adulti che vivono in simbiosi con la propria madre, che emerge come la figura su cui ruota il nucleo, isolati da parenti e conoscenti. Nonostante il maggiore sia quasi alla soglia dei quarant’anni ed il minore sia ormai grande (28 anni), si perpetua, invece, il ”gioco” della famiglia dalla quale nessuno si e reso autonomo».

D.: Il ”gioco” della famiglia. Cioè?
R. «E come in quelle famiglie in cui uno dei figli va male a scuola e tutti i componenti ”vivono” questo problema come un dramma anche proprio. Qualsiasi sia stato il problema della famiglia Baracchi, i tre ragazzi e la madre lo hanno vissuto insieme. Anche se il problema era di uno solo, è diventato di tutti. E tutti si sono convinti che non avrebbero potuto superarlo. Un incastro. Un maledetto incastro familiare».