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L’ALPINO SEVIZIATO: NON FU UN INCIDENTE



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L’AQUILA - Non un «incredibile incidente», bensì uno scherzo finito male, forse un episodio venato di crudele nonnismo. Sembra essere questa la più probabile ricostruzione di quanto capitato, la notte del 3 maggio scorso nella caserma ”Rossi” dell’Aquila, al diciannovenne alpino di Lanciano (Chieti) ricoverato in ospedale con gravi lesioni interne provocate da un manico di scopa. Questa ipotesi, sulla quale sera orientata fin da principio la Procura dell’Aquila avviando un’inchiesta parallela a quella della Procura militare di Roma, è stata ieri confermata dalla sfortunata vittima.

Dimesso da qualche giorno dall’ospedale dell’Aquila in attesa di subire un secondo intervento chirurgico, il ragazzo (del quale omettiamo le generalità che non aggiungono nulla al dramma) è stato interrogato ieri pomeriggio in Procura dal Procuratore Gianlorenzo Piccioli. Alla fine, secondo quanto è trapelato, il diciannovenne sarebbe crollato ritrattando quanto detto in precedenza: non fu un incidente ma un ”gioco” iniziato da un commilitone e finito male per una fatalità. In sostanza, ha raccontato il giovane, mentre si trovava sul secondo piano del suo letto a castello, un commilitone avrebbe cominciato a ”scherzare” con la scopa sulla quale, forse per un’imprevista scivolata, sarebbe caduto di peso infilzandosi non nell’ano ma tra questo ed il sacco scrotale.

Una clamorosa marcia indietro che sbugiarda la ”versione ufficiale” delle Autorità militari e dà ragione alle forti perplessità subito fiutate dalla Procura. Le dichiarazioni ”a caldo” ed i successivi comunicati della caserma avevano infatti spiegato l’episodio come «un incredibile incidente»: l’alpino, mentre scendeva dal letto, s’era infilzato nella scopa appoggiata alla branda da un commilitone. Tale versione era stata confermata dalla vittima, sottoscritta in una dichiarazione dai suoi genitori e ufficialità te dai carabinieri nel primo rapporto alla Procura militare. Esploso il caso sui giornali, il Pm Piccioli avviò d’ufficio un’inchiesta scrivendo una ”letteraccia” ai carabinieri con la quale si chiedeva spiegazione del perché non fosse stata informata la magistratura civile. Interrogato di nuovo dai carabinieri, il ragazzo aveva riconfermato l’incidente. Ora, la sua nuova versione sarà messa a confronto coi risultati di una consulenza che il magistrato ha già affidato al medico-legale Pietro Fucci.