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IL CASO SERENA DIVIDE GLI STORICI



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L'AQUILA - Il mondo politico aquilano ha fatto finta di sorvolare, chiudenosi nel silenzio; quello degli storici invece s'è diviso. La proposta di intitolare la vecchia- nuova piscina comunale al gerarca fascista Adelchi Serena, fatta alla Giunta comunale di centrodestra dal Popolare Goffredo Palmerini, fa discutere. E parecchio. Sicuramente molto di più di quanto appaia pubblicamente: in molti, anche per opportunismo, hanno preferito non esporsi su un tema delicato alla luce anche della piega presa dalla polemica a distanza tra lo stesso Palmerini e la Fiamma Tricolore. Non hanno peli sulla lingua, invece, gli storici aquilani Raffaele Colapietra e Umberto Dante. Il primo contrario, il secondo favorevole al riconoscimento ufficiale a Serena.

"La questione- commenta Colapietra- mi pare esclusivamente politica. Nel senso che la proposta di Palmerini si inquadra in quelle "larghe intese" che porterà, alla fine, ad un accordo tra D'Alema e Berlusconi sancendo lo spegnersi definitivo di quella fiammella di rinnovamento che sembrava essersi accesa dopo Tangentopoli. Palmerini, in sostanza, da buon Popolare, è uno che regge il moccolo in questo abbraccio che sarà un "inguacchio"". Venendo al caso Serena, Colapietra arriva al no attraverso un lungo ragionamento. "Se fossi un consigliere comunale e dovessi votare su questa proposta- dice lo storico- risponderei di no. Ma è una risposta che ha bisogno di spiegazioni. È innegabile che Serena sia stata la più importante figura che questa città abbia avuto in questo secolo e forse oltre. Il suo progetto che voleva trasformare L'Aquila in una città turistica ai piedi del Gran Sasso è stato organico e razionale. Un vero capolavoro se non fosse stato interrotto dagli eventi. Quanto però all'opportunità di dare un riconoscimento ufficiale a Serena, io dico questo: il Fascismo ha perso. A Napoli, non è stata intitolata al re Borbone di Spagna la piazza antistante il Palazzo Reale che pure lui aveva eretto ma aveva perduto: quella piazza è detta del Plebiscito e si riferisce all'Unità d'Italia; nè in Francia ci sono riconoscimenti del genere ai re che sono stati sconfitti. Giancarlo Pajetta disse: "Noi con i fascisti abbiamo finito di parlare il 25 aprile del 1945". Ecco il mio no. Non ne faccio una questione morale. Per certi versi, Serena fu anche un gentiluomo. Uno che mandava a fare la serenata, in via Paganica, sotto le finestre di mia zia, la sorella di mia madre, alla quale fece a lungo la corte nonostante mio nonno, vecchio socialista, non vedesse la faccenda di buon'occhio".

Favorevole, invece, Bruno Dante, docente di Storia contemporanea dell'Università dell'Aquila: "Mi sembra una proposta ragionevole che rende merito ad un politico che ha dato tutto se stesso per questa sua città. Ricordo, tra i molti atti riguardanti Serena che mi sono capitati, che di suo pugno, come ministro, scrisse "Alalà" nel decreto che istituiva il Liceo scientifico all'Aquila. Una città, la nostra che porta tutt'oggi l'impronta del suo progetto, dalla Fontana luminosa fino alla Villa Comunale, che soltanto a causa della Seconda guerra non fu portato a totale compimento. Qui non si tratta di intitolare una strada a Mussolini, ma di dare riconoscimento ad un uomo politico che aveva posto la città dell'Aquila in cima ai suoi interessi fondamentali. Un senso civico non comune". Anche per le eventuali responsabilità morali di Serena, che fu anche segretario del Partito fascista, Dante ha una spiegazione: "Serena fu esponente di un fascismo "in doppio petto", "intellettuale" si potrebbe dire così come lo fu il pescarese Acerbo. D'altra parte, da noi, salvo un episodio a Paganica, non vi furono quelle violenze che si registrarono in Emilia Romagna o in Toscana. Eppoi, se vogliamo, sono stati intitolate strade e anche interi quartieri a figure come Vittorio Emanuele III, Umberto I, Togliatti o altri leader comunisti che pure hanno avuto notevoli responsabilità morali in alcuni crimini del periodo stalinista".